è in atto una modesta ripresa senza sostanziale occupazione aggiuntiva. Occorre farsene una ragione perché solo così si potranno individuare risposte concrete. L’articolo di Di Vico oggi sul Corriere conferma i dati usciti dall’istat e smentisce l’ottimismo di chi, dall’inizio dell’anno, un mese annuncia il successo del jobs act e il mese successivo non sa bene cosa dire. Dovrebbero tutti darsi una calmata altrimenti alla confusione seguirà una caduta di credibilità che colpirà tutti: ottimisti, pessimisti e commentatori. Un dato mi sembra chiaro: non c’è alcun incremento sostanziale dell’occupazione. Continuo a pensare che l’esigenza di disegnare un percorso credibile e la necessità di ottenere immediatamente dei risultati importanti non si sposano facilmente in nessuna situazione tanto meno in un contesto economico e sociale come il nostro e quindi l’invito alla cautela è sempre necessario. Il Jobs act rappresenta una risposta tattica ad una difficoltà concreta: impostare una strategia di lungo periodo. È certamente un metamessaggio rivolto al mondo sulla nostra volontà di fare determinate riforme, è un segnale inviato alle imprese soprattutto quelle che hanno bisogno di lavoro tradizionale, è un messaggio rivolto a quella parte della società che vuole crederci perché sente aria di ripartenza, è un messaggio alla politica e ai sindacati. È un messaggio che costa caro in termini economici ma, è evidente, che non può essere la soluzione del problema. La soluzione sta nella ripresa economica sulla quale però pesa il ragionamento presentato da Di Vico oggi è cioè che siamo di fronte ad una parziale ripresa di un ciclo economico probabilmente senza alcuna ripresa occupazionale. O con modeste risposte sul piano occupazionale. Questo impone necessariamente la riflessione e la definizione di approcci diversi. Susanna Camusso parla della necessità di un “piano per il lavoro”, Pierre Carniti, tempo fa, aveva proposto una leva civile europea per il lavoro dei giovani, altri autorevoli punti di vista hanno parlato di edilizia, lavori pubblici, salvaguardia del territorio, ecc. Domenico de Masi invita a partire da una lotta decisa dello Stato contro la criminalità organizzata e con un grande progetto formativo come pilastri indispensabili per rilanciare il sud. Opinioni certo scollegate tra di loro. Personalmente mi domando perché non si ha il coraggio di lanciare una grande iniziativa di confronto aperto a tutti nel Paese. Una conferenza nazionale sull’occupazione che coinvolga le nostre migliori teste e che affronti il tema da tutti i punti di vista e elabori proposte praticabili. Una sorta di chiamata in campo costruttiva, propositiva, utile. Un contributo alla solitudine del Governo costretto a mosse tattiche in mancanza di una strategia condivisa dal Paese. Per una volta la politica inconcludente, i benaltristi, gli oppositori di principio, i legulei e tutta la compagnia di giro del non per il no lasciamoli a casa. Condividiamo le nostre migliori proposte e spingiamo tutti nella stessa direzione. I dati, purtroppo, parlano chiaro. Non abbiamo molto tempo da perdere e le risorse da dedicare sono poche. Per una volta, fidiamoci della nostra capacità di collaborare e di costruire.