Spesso è difficile filtrare le informazioni che arrivano. Una mezza verità non è di per sé una notizia credibile. Le verifiche sono importanti. Personalmente non sopporto l’arroganza del potere. Soprattutto quando è ben mascherata. Nella GDO si manifesta quando non si paga il dovuto fingendo di farlo, quando si illude il soggetto più debole con promesse future che non verranno mai mantenute e quando si predica bene ma si razzola malissimo. Recentemente mi è stata recapitata una busta di grande formato. Quando l’ho aperta all’interno c’era la fotocopia di quello che sembrava essere un testo di un contratto nazionale. Trecentonovantuno pagine dedicate al comparto del commercio e della distribuzione moderna e un bigliettino di accompagnamento con scritto: “leggilo e se te la senti, commentalo sul blog”.
Ho cercato in rete il testo corrispondente. È possibile trovarlo a questo indirizzo. Definire, prendendo a prestito il termine dal sindacalese, quel testo “giallo”, credo sia corretto. Il cosiddetto sindacalismo giallo (in Francia si chiama syndicalisme jaune; in inglese Company unionism) definisce l’attività antisindacale compiuta tramite la creazione o il controllo imprenditoriale di sindacati dei lavoratori. Oppure, più banalmente quando il sindacato diventa un interlocutore accomodante del datore di lavoro e non tutela gli interessi dei lavoratori ma quelli personali o aziendali. Quel testo, è frutto di una evidente sudditanza che danneggia non solo i lavoratori ma, addirittura, crea una situazione di dumping tra imprese. Soprattutto se operanti nello stesso territorio.
Nessuno, credo, avrebbe sollevato il problema, che pure si sta diffondendo, se non si fosse verificato un incidente di percorso in Campania dove, nel passaggio tra Rossotono (ex Apulia Distribuzione) a Multicedi, Gennaro Rizzo, un rappresentante sindacale regionale della Uiltucs Campania e dipendente di Rossotono in un’intervista ha spiegato: «Il contratto propostoci è quello che viene chiamato “Cisal-Pirati” (in realtà CISAL-Anpit, una tipologia di testo lontano da quelli sottoscritti da Confcommercio e Federdistribuzione n.d.r.). Se entrasse in vigore realmente questo tipo di contratto, ai lavoratori non verrebbero pagati né gli straordinari, né le quattordicesime, né tantomeno i festivi che invece oggi ci sono garantiti (da Rossotono n.d.r.) oltre lo stipendio base. Mentre il mondo va avanti – aggiunge amareggiato Rizzo – noi rimaniamo all’età della pietra». I festivi oggi sono pagati il 30% in più, percentuale che sale al 60 nei giorni particolari come quelli del periodo natalizio. «Tutto questo, con il nuovo contratto, sparirebbe. Non solo: a un turno di 4 ore mattutine ne dovrebbe seguire un altro pomeridiano dopo alcune ore di pausa. Questo significa avere una vita stressata, senza possibilità di gestirti il resto del tempo da dedicare alle famiglie o ad altri interessi. In molti stanno pensando se sia meglio licenziarsi e trovare altre strade, come qualcun altro ha già fatto in passato» sottolinea ancora Gennaro Rizzo che lavora nel settore da decenni ed è preoccupato come gli altri per il suo futuro. Ovviamente Rizzo era sostenuto nella sua protesta da tutti e tre i sindacati confederali di categoria.
Da quello che ho letto, e a seguito delle proteste, per questi trasferimenti sembra si sia trovata una soluzione . Non ho visto comunicati dei tre sindacati confederali. Però il problema resta comunque aperto. Vista l’intenzione iniziale manifestata da chi ha acquisito i punti vendita e come hanno reagito i sindacati, qual’è la situazione in Campania o in altre realtà limitrofe? Allargando il discorso spesso questi accorpamenti, passaggi al franchising, subappalti, cessioni vengono viste come semplici transazioni di carattere commerciale. Pochi vanno a vedere cosa succede alle persone, alle loro retribuzioni alle loro prospettive. E se tutto questo introduce elementi distorsivi della concorrenza.
L’ultimo accadimento, in ordine di tempo, coinvolgerebbe addirittura la Ferrero (https://search.app/zoWWVNiYZWFLqZmw5). Il clima sociale sta peggiorando. Riemergono appalti e lavorazioni date a terzi con troppa disinvoltura che nascondono ridimensionamenti salariali, cancellazione di diritti, dumping tra imprese, e, spesso, evasioni contributive. Questo astigmatismo sociale che tende a nascondere alla vista una realtà tutt’altro che accettabile dovrebbe preoccupare le insegne più serie e le associazioni di categoria. Quelle che rispettano leggi e contratti e che subiscono anch’esse un danno economico e di immagine da questi comportamenti scorretti. Le vere domande da porsi nella Grande Distribuzione non possono riguardare solo se i discount conquistano o meno quote di mercato, se cresce la MDD o se il servizio al cliente è sufficiente o meno ma anche se i lavoratori dell’intero settore vengono retribuiti correttamente, se hanno gli stessi diritti e doveri e se, l’ossessione dei costi non sta spingendo alcune realtà verso una china pericolosa.
Ho quindi letto il ridondante CCNL Cisal-Anpit. Un testo che, se non messo in discussione da eventuali ricorsi alla magistratura per provarne l’inadeguatezza o l’insufficienza complessiva della retribuzione, è oggi ritenuto legittimo da chi lo sta adottando. In linguaggio commerciale: un sottocosto del lavoro alternativo ai CCNL firmati da Confcommercio e Federdistribuzione. Un testo ricco di formali richiami alle norme di legge ed alla compiutezza di ogni aspetto del rapporto di lavoro. Tralascio le considerazioni relative alla classificazione contrattuale, alla inclusione dei Dirigenti in un testo che non dovrebbe neppure citarli, alla normativa relativa alla malattia, all’infortunio al comporto, all’apprendistato, al contratto a termine ecc. E, per chi è arrivato fino a qui, senza annoiarsi, aggiungo, come l’ordito del CCNL tende a coprire l’evidente difficoltà di valorizzare la retribuzione oraria (ivi computando incidenza di ferie, tredicesima ed altre voci) per rendere meno visibile la sua reale misura. Viene altresì eliminata la quattordicesima e sforbiciate le altre usuali tutele del comparto commercio. Una riduzione del costo complessivo, oltre alla flessibilità del lavoro che sfiora il 15- 20% per chi lo adotta.
Come si fa a non voler mettere un freno a questa deriva che rischia di danneggiare tutti? Non è sufficiente invocare una legge sulla rappresentanza se le associazioni tollerano, al proprio interno, chi adotta, queste pratiche. Capisco la coesistenza tra i due CCNL principali (Confcommercio e Federdistribuzione) sostanzialmente simili nei punti fondamentali ed economici. Così come la volontà (delle imprese più serie) di superarli entrambi per arrivare ad un testo condiviso. Non comprendo però come si possano tollerare situazioni di dumping che rischiano di diffondersi ulteriormente con gravi danni, per le persone e per le imprese, senza fare chiarezza.
L’argomento è analizzato con estrema superficialità. Ci vorrebbe un dibattito molto più approfondito.
Dove sarebbe la superficialità? Io non ho accusato nessuno. Ho citato interviste pubbliche e poi analizzato il CCNL CISAL/ANPIT. Se voi applicate il CCNL di Federdistribuzione o di Confcommercio basta smentire le dichiarazioni del sindacalista alla stampa o ribadire che nei punti vendita acquisiti verranno applicati quei contratti. E poi, ovviamente, che applicate uno dei due contratti nazionali anche in tutte le realtà che fanno capo a Multicedi. Non vedo alcun problema ad affrontare un dibattito approfondito.