Nei percorsi negoziali e nella normale dialettica sindacale i cambiamenti di fase sono scanditi da parole chiave, da nuovi comportamenti o da modifiche strutturali che segnano contemporaneamente la chiusura di una fase o l’apertura di una nuova. Questo vale, soprattutto, nei modelli e nei contenuti della contrattazione sia essa nazionale o aziendale. Marca nuove opportunità, atteggiamenti, nuovi diritti o li rimette in discussione. C’è stata, ad esempio, la fase della “contrattazione articolata”, decisamente aggiuntiva rispetto al Contratto nazionale, quella della cosiddetta “prima parte dei contratti” dove i diritti di informazione hanno avuto ben più importanza del salario, quella della partecipazione “concessiva” (termine coniato dal prof. Baglioni) dove le imprese coinvolgevano i sindacati quasi esclusivamente nella gestione dei processi di riorganizzazione e di ristrutturazione. Poi quella nella quale le materie trattate nel CCNL non potevano essere più riprese nella contrattazione aziendale. Adesso siamo entrati nella fase del “riequilibrio” o, come preferisce chiamarla Federmeccanica di “rinnovamento contrattuale”. L’impresa vuole muoversi con maggiore rapidità e autonomia e quindi cerca di rimettere in discussione anche i ruoli e le prerogative delle organizzazioni sindacali interne o esterne. Questa fase è stata preceduta, in molte realtà di dimensione medie (Fiat a parte) da un suo sottoprodotto: l’azzeramento o la sospensione della contrattazione aziendale. Proposte e accettate dalle le organizzazioni sindacali in molte realtà del sud soprattutto in caso di acquisizioni o per evitare chiusure, unilaterali e con scontri e battaglie legali al nord. L’obiettivo era, ovviamente, quello di ridurre i costi ma anche quello di cercare di ridefinire, una volta per tutte, i rapporti di forza all’interno di molte imprese. In generale è possibile affermare che questa asimmetria di potere oggi è favorevole alle imprese. Ed è da qui che occorre partire. Perché è necessario un profondo rinnovamento del CCNL? E perché questo rinnovamento è fondamentale sia per le imprese che per i sindacati? Al di là delle discussioni sui livelli della contrattazione e della necessità di rivederli un dato è certo: occorre comunque rivisitare e attualizzare i contratti nazionali. In primo luogo perché non ha senso superarli, in secondo luogo perché le imprese devono trovare risposte e soluzioni rapidamente e non vincoli e norme spesso inapplicabili e quindi disapplicate. I diversi contratti nazionali hanno subito, negli anni, una continua manutenzione ordinaria e straordinaria. Sono stati adattati a nuovi mestieri, nuove realtà imprenditoriali. Si sono dovuti piegare a nuove norme e hanno dovuto accompagnare le imprese e i lavoratori sia nelle fasi di crescita che di profonda crisi spesso trascinando con sé norme e cavilli spesso contraddittori che non hanno più ragioni di esistere. Per questo occorre mettervi mano e ha più senso parlare di rinnovamento dello stesso anziché di semplice rinnovo. Nel contratto del terziario il tema è stato affrontato istituendo le cosiddette “deroghe”. Non è un caso, che proprio nel CCNL del terziario, i negoziatori hanno dovuto prendere atto che un contratto che gestisce oltre tre milioni di addetti non può non prevedere la possibilità di adattamenti e modifiche in contesti specifici. Forse non sarà sufficiente, però è una presa d’atto importante. Sarà così anche per il contratto dei dirigenti del terziario fermo proprio sulla necessità di una profonda rivisitazione di tutele che rischiano di non avere più senso. Sarà ancora più decisivo ciò che avverrà nell’industria dove si misurerà la possibilità o meno di creare nuove regole del gioco e quindi di riequilibrare diritti, doveri e costruire nuove relazioni sindacali. Ovviamente sarà interessante capire se le parti in causa giocheranno fino in fondo la partita o se si richiuderanno in un reciproco quanto infruttuoso scambio di accuse. Siamo un po’ su una nuova linea di confine. Termini come collaborazione, partecipazione, rispetto reciproco, diritti e doveri possono trovare una composizione positiva è una nuova declinazione nell’interesse delle imprese e dei lavoratori. Non si difendono il lavoro, le imprese e gli interessi del nostro Paese giocando solo contro uno all’altro come fossimo ancora nel 900. Dobbiamo tutti saper guardare oltre e costruire insieme. Quello che spero è che dietro le parole ci sia una vera presa d’atto che i cambiamenti nel nostro sistema di relazioni sindacali sono inevitabili sia nel metodo che nei contenuti e quindi vengano affrontati come tali.