Più o meno quindici anni fa, in autunno, fui convocato, insieme a numerosi miei colleghi direttori delle risorse umane della Grande Distribuzione, in un luogo riservato dove, ci dissero, avremmo incontrato una persona esperta di sicurezza dei centri commerciali. Davanti a noi una persona mite e avanti con gli anni. Mi colpì il suo sorriso triste. Ci raccontò i sistemi di sicurezza necessari nel suo Paese per rendere accessibili al pubblico i loro centri commerciali. Mi colpì una frase: “Nessuno dei vostri concittadini accetterebbe mai le modalità, i tempi e la pesantezza delle nostre misure di sicurezza. Al contrario nessuno dei nostri concittadini si recherebbe a fare la spesa senza le nostre misure di sicurezza. Oggi, ve lo leggo negli occhi, voi pensate che sto esagerando. Tra dieci/quindici anni vi ricorderete di questo incontro perché, inevitabilmente, sarete, anche voi nella stessa situazione”. Il Paese di cui il nostro interlocutore stava parlandoci era Israele. Lui, ci dissero poi, era un esponente del Mossad. Non ho più ripensato a quell’episodio per molti anni. Questa mattina me lo sono ricordato. Temo che quel signore avesse ragione. Che ci piaccia o meno, siamo definitivamente entrati in un nuovo mondo a cui non siamo assolutamente preparati. Non tanto per quello che oggi e nei prossimi giorni prevarrà sui media. L’esecrazione dei fatti di Parigi, il sentirsi più o meno in guerra, la commozione per ciò che è avvenuto. Oggi sappiamo che non stiamo limitandoci ad esprimere una doverosa solidarietà ai francesi coinvolti in questi atti di guerra. Oggi sappiamo che non sarà più nulla come prima. Non abbiamo voluto prenderne atto dopo le Torri gemelle, non l’abbiamo capito quando abbiamo assistito inermi o compiaciuti ai goffi tentativi di “esportare la democrazia”, o a forzare gli avvenimenti in Libia o altrove. Adesso è chiaro a tutti. Vivremo con la paura che tutto ciò possa accadere anche a noi, ai nostri figli, al nostro Paese. E piano piano, inevitabilmente, saremo disposti a privarci di una parte importante della nostra libertà e della nostra democrazia. Visto il livello dei commenti e della nostra sensibilità a questi temi oggi prevarranno le soluzioni semplicistiche ma, purtroppo, scontate. Muri per contenere gli immigrati, guerre a cui partecipare, presunti alleati da armare affinché combattano per noi e ci illudano che qui certi fatti non arriveranno mai. Quello che oggi rifiutiamo è proprio ciò che, quel giorno, ci disse l’esperto di sicurezza del Mossad:” quello che per noi israeliani è normale, lo sarà anche per voi tra pochi anni”. Certo abbiamo problemi di intelligence e sicurezza interna, decisioni da prendere insieme ai nostri alleati e tutto ciò che è necessario fare per difenderci. Ma una cosa deve esserci chiara. Tutto quello che sta succedendo altrove è il nuovo mondo. Che ci piaccia o meno. Un mondo dove tecnologia e ideologia si continueranno a scontrare all’infinito. Un mondo meno libero e più cattivo. Un mondo dove il vicino è il nemico e dove il rischio che prevalga il “si salvi chi può” potrebbe prendere il sopravvento. Un mondo dove all’invenzione della spada segue quella dello scudo e via fino ad armi sempre più sofisticate e terribili che ci condizioneranno in una spirale senza fine. Io, purtroppo, non ho risposte pronte o soluzioni salvifiche a tutto ciò. Di una cosa sono certo. Alla profondità e ferocia di questi avvenimenti e alla volontà o meno di renderli ineluttabili io non sarò estraneo. Io voglio poter dire la mia senza lasciare soli i governanti di turno. Il futuro mio e dei miei figli mi riguarda e voglio esserne protagonista. Soprattutto di fronte ai gravi errori in politica internazionale e nei conflitti in varie parti del mondo di cui siamo stati tutti testimoni passivi. Altrimenti di questo passo dovremo rassegnarci a ricordare il pensiero che Shakespeare fa dire al conte di Gloucester: “ E’ la piaga dei tempi quando gli idioti governano i ciechi“.