Ogni anno nuovo è importante. Il 2016 lo è ancora di più perché si capirà se la ripresa c’è ma soprattutto quanti ne potranno concretamente beneficiare. Pur sapendo benissimo che nulla sarà come prima coltiviamo tutti la speranza che, almeno ciascuno di noi, sul piano individuale, possa “tirare il fiato” e togliersi di dosso, almeno in parte, quella preoccupazione per il futuro, per sé e per i propri figli. Forse ha ragione Checco Zalone. L’Italia nella quale siamo nati e cresciuti, un po’, ci manca. Da un lato c’è indubbiamente chi vorrebbe uscirne in fretta ma, dall’altro, si fa strada il rimpianto, giusto o sbagliato, che allora c’era posto per quasi tutti mentre, nel mondo che ci aspetta, non sarà certamente così. O meglio che sarà molto più difficile raggiungere i propri obiettivi e riuscire a mantenerli nel tempo. Sappiamo tutti che non si possono paragonare situazioni avvenute in ere geologiche differenti. In mezzo ci sono l’euro, il muro di Berlino e la globalizzazione. La crisi economica, le guerre e le migrazioni hanno fatto il resto rendendo inadeguati tutti i nostri strumenti di previsione e di riflessione. La Politica, dal canto suo, è deflagrata perdendo autorevolezza e favorendo il ritorno in superficie di malesseri sociali, egoismi individuali, contraddizioni tra territori, categorie, generazioni e ceti sociali che rendono sempre più difficile il compito di ricomposizione che spetterebbe proprio a chi governa la cosa pubblica. Le elites culturali o non dicono più nulla di interessante sul piano sociale, o la buttano quasi sempre in politica. Spesso parlano sottovoce lasciando il campo agli urlatori di professione. La stessa idea di disintermediazione porta inevitabilmente acqua al mulino del “fai da te” economico e sociale che, in un Paese, forte del suo tessuto di piccole e piccolissime imprese, è l’esatto contrario di quello che servirebbe. Il problema non è costruire una nuova immagine del nostro Paese nel mondo. Quella non cambierà tanto presto. Più che preoccuparci di come ci vedono altrove dobbiamo pensare a come ci dobbiamo vedere tra di noi. Ricostruire un senso civico, superare la continua litigiosità politica su problemi dove la concordia nazionale dovrebbe essere scontata, mettere da parte modesti interessi di categoria o di ceto e darsi da fare per rimettere in piedi una comunità nazionale che condivide valori, il cammino da compiere e i sacrifici per realizzarli. Abbiamo un grande Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ha dedicato la propria vita a questi valori e alla loro concreta realizzazione. Bene, ascoltiamolo questa sera, nel suo primo discorso di fine anno, cogliamo l’essenza del suo pensiero e cerchiamo di trasformare il 2016 in un anno veramente nuovo e innovativo. Innovativo per la qualità dei rapporti tra noi cittadini e lo Stato, innovativo per le relazioni tra le categorie economiche, le organizzazioni di rappresentanza, le generazioni e le singole persone. Solo così faremo, insieme, qualcosa di diverso e di utile per i nostri figli. E infine, Buon Anno a tutti i 6811 visitatori del mio blog che dal 15 giugno 2015 hanno deciso di dedicare parte del loro tempo alle riflessioni che propongo!
Mario Sassi