Estate alle porte, vacanze in vista, è tempo di ricaricare le batterie dopo la frenetica vita lavorativa, scandita da impegni, riunioni, appuntamenti, trasferte e scadenze.
Sotto l’ombrellone torna spesso anche il buon umore, l’umorismo schizza su come le temperature, ridere è di nuovo (finalmente!) al centro delle nostre giornate. Consapevoli di quanto il benessere psico-fisico derivante da una buona risata potrebbe aiutarci anche nel nostro lavoro, in vacanza ci ripromettiamo di non abbandonare più la risata sul ciglio dell’autostrada e portarlo con noi a settembre in ufficio.
Purtroppo però questi buoni propositi fanno la stessa fine dell’abbronzatura: a settembre svaniscono nel giro di una settimana.
È importante allora approfittare del relax estivo per riscoprire l’Homo Ridens che è in noi ed ad avviare un piccolo ma fondamentale cambiamento, volto a valorizzare il ridere e la nostra competenza umoristica, per utilizzarli come elementi strategici anche nei contesti lavorativi.
Ecco allora che tra i tanti viaggi possibili in estate, particolarmente utile in questo senso è il viaggio che il libro Riso Docet ci propone nell’affascinante e divertente mondo dell’umorismo, alla (ri)scoperta dei suoi segreti, dei suoi significati, dei suoi meccanismi e delle sue applicazioni concrete nella vita di tutti i giorni ma anche nei contesti educativi, formativi e aziendali attraverso le esperienze della Comicoterapia.
Il contributo di questo testo può risultare utile a chiunque, già sotto l’ombrellone, sia interessato a una riflessione sul Comico e sia disposto ad abbandonare gradualmente il proprio rassicurante aplomb professionale, innescando un cambiamento significativo all’interno della propria azienda. Perché, parliamoci chiaro… Nelle Organizzazioni si ride ancora molto poco e male.
Troppo spesso il ridere a lavoro è ancora visto come un elemento disturbante e fuorviante per i processi aziendali e per i rapporti, soprattutto tra manager e collaboratori. L’immagine dell’umorismo è ancora legata ad un qualcosa di ludico, frivolo, ben lontano quindi dal concetto ormai radicato di lavoro come momento di impegno, di “fatica” (la stessa parola labor dal latino vuol dire pena, sforzo).
C’è ancora la concezione che ridere a lavoro non sia produttivo né conciliabile, dimenticando però che lavorare seriamente è ben diverso che lavorare seriosamente. Molto spesso il ridere è relegato e degradato nei cassetti delle scrivanie a semplice accessorio poco professionale, invece che a risorsa strategica.
Gli stessi Manager spesso non tengono conto delle potenzialità della competenza umoristica nella gestione dei rapporti con i propri collaboratori, temendo probabilmente che un avvicinamento relazionale si riveli poi un boomerang impazzito contro il loro prestigio e l’immagine autoritaria che vogliono mantenere. In realtà, il capo che non sta allo scherzo con i propri dipendenti, finirà inevitabilmente per diventare oggetto inconsapevole delle loro risa.
“Grande tra gli uomini e di gran terrore è la potenza del riso, contro il quale nessuno, nella sua coscienza, trova sé munito in ogni sua parte” diceva Leopardi, che seppure di risate nella vita se ne è fatte poche, aveva capito benissimo l’enorme potere di questa manifestazione tipicamente umana; “Nessuno è così grande che non si possa ridere di lui”, gli faceva eco Kluckhohn, sociologo e antropologo del secolo scorso; A queste profonde verità, aggiungiamo anche che più qualcuno è grande e più è potenzialmente a rischio di risa altrui.
Prendiamo ad esempio questa barzelletta:
Due impiegati stanno litigando:
“Non ho mai incontrato uno più cretino di te!”
“Dopo te logicamente!”
Il capoufficio interviene irritato: “Smettetela, e ricordatevi che qui ci sono anch’io!”
Ammettiamolo! Non c’è niente di più divertente per un lavoratore vedere il proprio capo, impettito, autoritario e sempre attento a non dare mai un segno di cedimento, fare una gaffe clamorosa come quella appena raccontata.
C’è infatti un forte legame tra l’umorismo e le gerarchie. Il ridere è un fenomeno psico-sociale altamente sovversivo, che scatta quando qualcosa o qualcuno si dimostra inadeguato a ricoprire il ruolo che siamo soliti attribuirgli.
Proprio quando esplode la risata, questa innesca dei messaggi ben precisi tra i partecipanti: se da una parte sono amichevoli e creano complicità e rapporti paritari tra coloro che ridono insieme, dall’altra sono fortemente sanzionatori e stabiliscono una forte gerarchia nei confronti dell’oggetto di riso… chiunque esso sia! Ridere pertanto, si presenta come un livellatore gerarchico: laddove c’è una gerarchia l’annulla e dove non c’è non la crea.
Regole, formalismi, censure o gerarchie non possono reggere contro il potere dirompente del ridere, semplicemente perché è proprio di queste cose che il riso si alimenta (scusate il gioco di parole).
Ecco perché in azienda diventa fondamentale sviluppare, valorizzare e diffondere la competenza umoristica.
Tutti i tentativi di reprimerla falliscono già in partenza, perché la comicità ristagna in ogni cosa, è la risorsa più disponibile nella nostra natura sociale, ed è pressoché inesauribile, per il fatto che in qualsiasi cosa si può trovare il suo lato buffo e comico … basta solo scovarlo!
Non sarebbe efficace neanche usarla nel modo sbagliato, come chi tenta di coinvolgere le persone con una battuta forzata per aprire una riunione, ottenendo invece che una risata un effetto più simile a quello di una balla di fieno che rotola nel deserto; o peggio ancora chi invece lo usa sarcasticamente contro i propri collaboratori, mettendo in gioco l’anima sanzionatoria del ridere, quella che Bergson definiva l’anima di correttivo sociale, che non fa altro che svalutare, demotivare e creare un clima di tensione.
Tanto vale quindi dare legittimità all’umorismo, per poterne saggiare e sfruttare al massimo le grandi potenzialità che esso offre sia a livello individuale, con evidenti benefici nelle situazioni stressanti e nello sviluppo di creatività e problem solving, sia a livello relazionale tra colleghi, come potentissimo collante relazionale, in grado di abbassare le nostre difese, disporci favorevolmente verso gli altri e risolvere situazioni conflittuali, favorendo in tal modo un clima positivo e sereno.
Un passo fondamentale per ufficializzare la presenza del ridere nei contesti lavorativi potrebbe avvenire attraverso una formazione mirata a partire proprio dai Manager, volta a sviluppare e correggere la loro competenza umoristica.
In Italia qualcosa si sta muovendo. Il primo colpo alla botte è stato dato nei contesti ospedalieri, con la Clown Terapia e le relative attività di formazione e aggiornamento a tutti gli operatori socio sanitari e negli ultimi anni, anche le più grandi organizzazioni si stanno adeguando con corsi e seminari sul tema.
Probabilmente la strada è ancora lunga, il viaggio intrapreso con la lettura di questo articolo o di un libro come Riso Docet sono solo l’inizio, ma rappresentano certamente un primo importante passo verso la consapevolezza che, anche nel lavoro… ridere è una cosa terribilmente seria!