Il negoziato dei metalmeccanici rischia di avviarsi su di una china sempre più difficile da rimontare. Federmeccanica ad oggi non si è mossa (almeno pubblicamente) dalla sua proposta salariale iniziale. Le organizzazioni sindacali hanno reagito mettendo in campo iniziative a sostegno delle proprie convinzioni che, sempre ad oggi, non sembra abbiano sortito particolari effetti. Adesso la pausa estiva spero possa consentire ad entrambe le parti di riflettere su come riprendere il confronto in autunno. A mio parere la posizione di Federmeccanica sul salario è oggettivamente debole. Non tanto nella sua logica quanto nella sua gestibilità. Un cambiamento radicale è già difficile concordarlo per il futuro, figuriamoci sul passato. Soprattutto in presenza di altri contratti firmati che hanno affrontato con maggiore equilibrio e flessibilità questo punto. Il “rinnovamento contrattuale” proposto è un passaggio troppo importante per lasciarlo in pasto ai demolitori di professione. O agli ignavi (Dante nell’Inferno li definisce quelli “che mai non fur vivi”). Continuo a pensare che lavorando sulle derogabilità degli istituti anche economici, su una eventuale riproposizione attualizzata dell’IPCA, e sulle garanzie di esigibilità una diversa base di partenza per una discussione costruttiva possa essere individuata. Sull’altro versante non penso che la recente firma del CCNL con Confimi industria da parte di FIM e UILM o quella paventata dalla FIOM con Confapi a settembre possa condizionare Federmeccanica che credo conosca molto bene la consistenza reale di queste associazioni. È certamente un fatto politico su cui riflettere che però segnala anche un malessere che permane tra le stesse organizzazioni sindacali e che non promette nulla di buono in presenza di una eventuale proposta di mediazione su altri tavoli. Marco Bentivogli nel suo recente libro sottolinea come le persone di una certa generazione sopravvalutino il valore dell’unità sindacale in sé. Forse è vero. Però, salvo poche, anche se indubbiamente importanti vertenze, e quasi tutte nel comparto metalmeccanico la stagione della deriva identitaria ha, secondo me, congelato i processi veri di cambiamento del sindacato. Però, siccome appartengo a quella generazione, non insisto. Però resto della mia idea… Chimici, alimentaristi, terziario, solo per citare i contratti più significativi sono lì a dimostrare che la scelta della “corresponsabilità” paga. E paga unitariamente. Nessuno, a mio parere, può auspicare come positivo un isolamento dei metalmeccanici. Così come i metalmeccanici devono prendere atto che altrove certe scelte sono già state fatte da tempo. E sempre unitariamente. L’impegno che Cgil, Cisl e UIL confederali e le organizzazioni datoriali stanno mettendo in campo per realizzare accordi che consentano un nuovo contesto negoziale è troppo importante per lasciare il passo alla ormai consunta retorica del 900. Occorre fare un passo avanti. Tenendo conto che è molto importante farlo insieme altrimenti non decollerà alcun rinnovamento. E questo non costituirà una vittoria per nessuno.