La flessibilità del CCNL del terziario trova una nuova conferma.

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È più importante la firma, comunque ottenuta, di un contratto nazionale o gli affidamenti che si costruiscono all’interno di consolidate relazioni sindacali tra le parti stipulanti?

Un negoziato, per quanto facile o complicato si possa presentare, non fotografa solo la rappresentatività o i rapporti di forza che le parti sono in grado di mettere in campo ma anche e soprattutto l’affidabilità reciproca.

Ai tavoli negoziali si fanno intendere molte cose pur di ottenere un risultato. Da entrambe le parti, però, di quelle parole non resta molto. Questo contribuisce inevitabilmente a incrinare la credibilità concreta dei negoziatori e delle organizzazioni che rappresentano.

Chi oggi non riesce a chiudere i contratti paga anche questo scotto. Le parole, le dichiarazioni, gli impegni non sottoscritti nero su bianco senza quella credibilità che si conquista sul campo, non sono sufficienti a garantirne l’affidabilità.

E, quella credibilità non può che essere di tutto il gruppo dirigente, unitariamente inteso, se il negoziato è di una intera categoria, quindi di natura nazionale. Ma questo vale anche per le associazioni datoriali che sono chiamate a garantire il rispetto di ciò che si concorda nelle imprese che applicano il contratto stesso.

Se restiamo nel terziario, uno degli errori di Federdistribuzione è stato proprio pensare che per sottoscrivere un contratto nazionale bastasse indicare un proprio perimetro esclusivo di riferimento e, all’interno dello stesso, promettere alle imprese associate un risultato teoricamente allettante per i loro amministratori delegati in costante ricerca di riduzione dei costi.

Riproponendo, più o meno inconsapevolmente, uno schema novecentesco a parti rovesciate quando i sindacati di categoria promettevano nelle assemblee dei lavoratori piattaforme ricche di obiettivi di improbabile realizzazione.

E non considerando minimamente che l’atteggiamento apparentemente disponibile di questa o quella organizzazione sindacale manifestato a questa o a quella azienda, si sarebbe trovato a fare i conti con un equilibrio da individuare tra parole e affidamenti in testi da concordare ma anche e soprattutto con le dinamiche dell’intero comparto del terziario gestito dalle stesse organizzazioni sindacali con ben altri interlocutori.

E, per dirla con una brutta locuzione sostantivale maschile in grande uso di questi tempi, il “combinato disposto” di richieste irrealizzabili in un contesto ben più ampio del perimetro ipotizzato ha determinato lo stallo nel quale il negoziato si è arenato.

E adesso trovare una “exit strategy” per loro non sarà impossibile ma resta molto più complesso di prima e rischia di non essere affatto indolore in termini di costo per le imprese e di ripercussioni economiche per i lavoratori coinvolti.

L’affidabilità, la coerenza, il senso di responsabilità non si manifestano solo all’atto della firma di un contratto di nuovo conio ma accompagnano i contraenti per tutta la durata dello stesso.

Non ci può essere nulla di automatico né di scontato. Se così fosse si minerebbe alla base la logica stessa dell’esistenza di un contratto nazionale.

Nel caso del contratto nazionale del terziario questa coerenza ha determinato la sospensione della tranche sottoscritta e prevista per il mese di novembre. Il sindacato di categoria (Filcams, Fisascat e Uiltucs) e la Confcommercio hanno concordato di rinviarne l’erogazione.

Ovviamente un atto di questa portata dettato da lungimiranza e senso di responsabilità verrà analizzato da diversi punti di vista meno che da quello fondamentale. Il contratto nazionale ha un futuro solo se si conferma come un prodotto di una responsabilità condivisa.

Nell’interesse delle imprese ma anche dei lavoratori. In questo caso di ben oltre tre milioni di addetti. Non farà notizia come tutto ciò che riguarda il terziario ma, come dice spesso il Presidente Sangalli: “terziario, si ma secondi a nessuno”.

E così è stato sul terreno dell’innovazione contrattuale e delle relazioni sindacali. Un contratto nazionale, soprattutto in un comparto come il terziario, per reggere in un contesto in continua evoluzione deve essere flessibile, derogabile, adattabile e modificabile.

Non certo solo ogni quattro anni. Lo ha dimostrato producendo recentemente un contratto aziendale innovativo a Venezia per oltre 500 giovani, lo dimostra sospendendo una tranche di aumento con l’accordo unitario di tutto il sindacato di categoria.

È una strada, offerta a tutti i settori, che permette il consolidamento di una necessaria tutela collettiva che solo un CCNL può garantire ma anche una opportunità nuova per le imprese che in questo modo possono programmare tarando i propri costi e il proprio agire ad un contesto in continuo cambiamento.

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