Com’era prevedibile nessun passo in avanti si è compiuto sul tavolo negoziale tra Federdistribuzione, Filcams, Uiltucs e Fisascat anche nei recenti confronti.
Mentre tutte le categorie stanno trovando una ricomposizione positiva così non è nella GDO sia nella parte di Federdistribuzione che nel contratto della Distribuzione Cooperativa. Paradossalmente per ragioni opposte.
FEDERDISTRIBUZIONE. Le ragioni che bloccano il negoziato sono note. Abbandonata la linea inconcludente e velleitaria che ha caratterizzato la gestione del negoziato fino a poco tempo fa, alcune aziende, preoccupate dallo stallo, hanno chiesto a Federdistribuzione una svolta di metodo. Riprendere il dialogo e cercare una soluzione.
Tre punti di forte dissenso ancora presenti e di difficile soluzione. La proposta salariale che è ancora insufficiente, secondo il sindacato, un welfare che Federdistribuzione vorrebbe gestire da sé in un contesto che richiede ben altre masse critiche e, infine, una bilateralità dedicata.
La GDO è rimasta, che lo si voglia ammettere o meno, l’ultima frontiera del fordismo contrattuale. Spesso appesantita da una contrattazione aziendale di vecchia impostazione.
Nei punti vendita, i sindacati in evidente crisi di rappresentatività e i responsabili aziendali, si affrontano in disaccordo su quasi tutto. Il sindacato confederale di categoria è in grande difficoltà e le aziende non hanno nessuna intenzione di concedere nulla per rianimarlo.
La legge del pendolo domina incontrastata; il più forte comanda. L’idea di avere un contratto dedicato però rischia di essere sempre più superata dagli eventi che richiederebbero ormai riflessioni più avanzate e meno scontate.
Una di queste potrebbe inserirsi nel recente modello contrattuale definito tra Confcommercio e Sindacato Confederale che consentirebbe, alle singole imprese, di ottenere deroghe e flessibilità importanti. Ma questo presuppone un approccio culturale e sociale innovativo purtroppo ancora estraneo a quel mondo.
DISTRIBUZIONE COOPERATIVA. Qui, al contrario, è il sindacato che rischia di non capire la posta in gioco. Da una parte Fisascat-Cisl, Filcams-Cgil e Uiltucs Uil e, dall’altra le associazioni nazionali Ancc Coop, Confcooperative ed Agci Agrital. Scaduto nel 2014 questo contratto non ha ancora trovato una positiva conclusione.
Quello che stupisce è che l’organizzazione datoriale, da sempre, è molto attenta all’interlocutore sindacale al contrario della GDO privata. Forse troppo attenta. Dall’altra un sindacato che, non chiudendo ad oggi alcuna intesa, abusa enormemente di questa attenzione.
E non dimostra una sufficiente visione strategica. Non trovo altre parole per giustificare la situazione. Il sistema della distribuzione cooperativa opera nello stesso mercato dove opera la GDO nazionale e multinazionale.
Ha indubbiamente dei benefici finanziari che però oggi rischiano di essere abbastanza spuntati. Conserva però diversi punti di differenza in negativo sul costo del lavoro rispetto ai competitors di settore. Nonostante questo, il contratto non si firma.
Aggiungo che le proposte avanzate dalla delegazione datoriale sono finalizzate ad allineare alcune norme a quelle già in essere in tutta la Distribuzione, nazionale e multinazionale, ormai da molti anni.
Un contratto nazionale innovativo per questo comparto dovrebbe saper definire in quanto tempo tutti i principali differenziali di costo si possano ridurre, pur in modo progressivo e intelligente, ammortizzandone gli effetti sui lavoratori o trovando le compensazioni necessarie.
Pensare di non avviare una grande operazione di trasparenza e di confronto con i lavoratori del comparto restando prigionieri dei veti di chi non ha capito la posta in gioco è un esercizio molto pericoloso per la prospettiva dell’intero settore della distribuzione cooperativa.
Il paradosso è dato dal fatto che, per quanto riguarda la GDO, nazionale e multinazionale, la responsabilità dello stallo è tutta di quelle imprese che chiedono a Federdistribuzione di non impegnarsi più di tanto per individuare mediazioni accettabili dalla controparte sindacale mentre, nel caso delle Coop, è tutta del sindacato.
Principalmente di un sindacato. O di parte di esso. E questo non è accettabile. Né nel primo caso né nel secondo.