Pedretti, segretario generale dello SPI CGIL, è una persona equilibrata. Nell’intervista al Corriere dimostra quella pacatezza e quella lungimiranza che solo chi ha cominciato a lavorare a 15 anni ed ha attraversato tutte le principali vicende sociali del nostro Paese può avere.
Conosce la CGIL e la FIOM come le sue tasche. Distribuiva l’Unità nelle fabbriche quando il solo fatto di leggerla poteva portare al licenziamento. Non come oggi dove nessuno la legge più e i suoi giornalisti vengono licenziati. È cambiato il mondo e lui lo sa bene.
Nella vicenda dei voucher si è mosso con coerenza. Sa benissimo che dovrà alimentare con i suoi, gazebo e manifestazioni a favore dell’abrogazione dei voucher, e continuare ad utilizzarli per pagare i pensionati che aprono e tengono vive le sedi del sindacato.
Come sa benissimo che, alla fine di questa vicenda, esisteranno ancora strumenti analoghi. L’ha detto lui e lo ha ribadito con altre parole Susanna Camusso: per la CGIL, i voucher non devono sostituire lavoro altrimenti regolamentabile. Segnali comunque di disponibilità, se li si vogliono cogliere all’interno di un negoziato serio.
Dove temo la CGIL sopravvaluti la fase politica e sociale attraversata dal nostro Paese è quando ritiene che questo referendum sta rimettendo al centro del dibattito il tema del lavoro. Purtroppo non è così. O meglio questo dovrebbe essere lo sforzo che i corpi sociali insieme dovrebbero fare anziché rinchiudersi nei rispettivi recinti.
Il tema centrale per chi vive i problemi e forse meno per chi ne discute, lo hanno capito benissimo i grillini, è il reddito delle persone. Anche di chi lavora. E questo indipendentemente da come questo reddito sia costruito. Lo ha capito benissimo anche Trump che, nonostante la ripresa del lavoro ottenuta sotto Obama, ha vinto le elezioni anche su questo.
Il referendum sui voucher così come sarebbe stato quello sull’art. 18 è permeato da una cultura sindacale profondamente nordista che vede il lavoro e le sue regole come erano state concepite nel 900. Ovviamente per chi quelle regole poteva dettarle o contribuire a scriverle.
È una cultura lontana dai problemi reali di chi il lavoro non lo trova, di chi lo trova solo in nero, di chi, pur trovandolo, deve restituire parte del suo guadagno al caporale di turno, da chi vive con la pensione di qualcun altro, di chi deve emigrare.
Sul reddito di cittadinanza condivido le tesi di Ricolfi sulla sua impossibile realizzazione però è indubbio che ha un potere semplificatorio e di attrazione di cui occorre tenere conto.
Il referendum e il dibattito che lo accompagnerà scoprirà inevitabilmente questo vaso di Pandora. E la CGIL non aprirà una nuova stagione all’insegna dei diritti da riconquistare. Abbasserà solo il ponte levatoio consentendo a chiunque di infilarsi con la propria demagogia.
Come si fa a non accorgersi che il disagio sociale ha già preso altre strade sul piano politico inseguendo altri pifferai e non lo si recupera più richiudendosi in parole e slogan che non scaldano più i cuori da tempo neanche dei militanti più stretti ma, al contrario, accettando la sfida del cambiamento?
Occorre stabilire alcune priorità, condividerle nel movimento sindacale ma individuare anche i luoghi del confronto e della proposta con le organizzazioni datoriali prima che sia troppo tardi. E la CGIL oggi ha un dovere in più rispetto allo stato di difficoltà strategica in cui versano altri sindacati. Oggi soli non si va da nessuna parte.
Per questo, ad esempio, non capisco il silenzio di Landini sulla vicenda FCA. FIM e UILM si sono pronunciate. Così come la solita sinistra dei salotti televisivi tutta soddisfatta delle accuse all’arcinemico Marchionne.
La FIOM non può stare in mezzo al guado. Il nostro PIL, giusto o sbagliato, è trascinato dalle vendite delle auto FCA, se c’è una possibilità di ripresa dobbiamo assolutamente consolidarla soprattutto in questo momento di incertezza.
Se di fronte alla prima prova di unità il sindacato dei metalmeccanici anziché reagire come i colleghi della IG metall in difesa dell’industria nazionale si smarca, non la vedo molto bene. Voucher e FCA sono due facce della stessa medaglia.
Ognuno evidentemente è libero di scegliere di andare nella direzione che crede. Ma un vero segnale di cambiamento passa da come il più importante sindacato italiano ricostruisce un tessuto unitario e propositivo e uno dei suoi più importanti sindacati di categoria reagisce di fronte alla delegittimazione della principale industria italiana.
Ed è su questo che si misura la qualità dei gruppi dirigenti. Non è tempo, questo, di né né.