Non trovo una espressione migliore di quella utilizzata a suo tempo da Pierre Carniti per fotografare la situazione attuale: “Il vuoto di potere non esiste. Esiste il potere del vuoto”.
In una corsa scomposta verso il baratro, sempre meno metaforico, mentre tutta la politica litiga sul niente (vedi vitalizi dei parlamentari), la vicenda dei voucher esce dai confini della logica e assume contorni sempre più grotteschi.
Il segretario dei metalmeccanici della FIOM (categoria dove l’utilizzo dei voucher è inesistente) viene ricevuto sull’argomento dal Presidente del Consiglio Gentiloni e il Ministro del lavoro Poletti, improvvisamente assurto nel ruolo di rappresentante ombra degli scissionisti del PD, scavalca a sinistra ben sei proposte sull’argomento giacenti in Parlamento proponendo di limitare i voucher alle famiglie riportando così l’orologio del tempo a prima della Biagi.
Francesco Riccardi ottimo giornalista e osservatore attento dei temi sul lavoro, lucidamente, ha definito il nostro, “il Paese del tutto o niente”. Come dargli torto?
Nei giorni scorsi sono stati pubblicati i dati delle ispezioni del Ministero del Lavoro, dell’Inps e dell’Inail. Parlano da soli. Evidenziano il problema vero del nostro Paese. Quando il tasso di irregolarità arriva al 63% su quasi duecentomila aziende ispezionate occorrerebbe fermarsi e ragionare.
Sono aziende che fanno concorrenza a quelle che rispettano le regole, aggirano norme e contratti a danno dei loro collaboratori e non pagano, in tutto o in parte, tasse e contributi. In Parlamento non giace alcuna proposta di intervento su questo tema, il Ministro del Lavoro incassa, senza alcun merito particolare, l’impegno degli ispettori che sul territorio compiono un lavoro difficile, a volte pericoloso, poco riconosciuto ma, soprattutto, che non riesce a fare un salto di qualità per la incredibile sottovalutazione del tema da parte della politica.
Sui voucher, no. Meglio buttare via il bambino con l’acqua sporca. Ad un recente convegno in Veneto organizzato dalla CGIL, Federalberghi ha cercato di spiegare che la stabilità dell’occupazione della regione nel comparto è lì a dimostrare che i voucher non hanno scalfito nulla. Anzi hanno contributo a far emergere pagamenti in nero e altre forme di lavoro sommerso.
La stessa Confindustria, essendo poco coinvolta, ha comunque “sommessamente” sottolineato l’utilità dello strumento, il suo contributo nell’emersione di parte del lavoro nero e l’obiettivo, condiviso, di eliminare le distorsioni emerse.
Confcommercio, con ben maggiore convinzione sottolinea che: “Oltre al riconoscimento economico, l’utilizzo dei voucher assicura anche il pagamento di contributi previdenziali e la copertura assicurativa Inail costituendo, di fatto, l’unico strumento per pagare in modo regolare prestazioni saltuarie e occasionali. Inoltre, di fronte ad un’eventuale limitazione significativa del campo di applicazione di questo strumento non ci sarebbe alcuna alternativa, né si potrebbero coprire queste attività saltuarie con rapporti di lavoro tradizionali. Secondo i dati Inps la stragrande maggioranza delle persone pagate con voucher sono lavoratori titolari anche di altra occupazione, percettori di ammortizzatori sociali, studenti o pensionati e che il compenso medio annuo è di circa 600 euro. E’ quindi evidente che le attività pagate con voucher non sarebbero sostituite da diversi rapporti di lavoro e quindi intervenire nuovamente sullo strumento comporterebbe solo la perdita di occasioni di lavoro retribuite in modo regolare”.
Tutto inutile? Sembrerebbe di sì. La “scoppolata” del referendum del 4 dicembre non ha “stordito” solo il partito di maggioranza che sostiene il Governo. Ha colpito un po’ tutta la politica.
Solo Maurizio Sacconi sembra mantenere i piedi per terra dichiarando: “Il Comitato ristretto sui voucher in seno alla commissione Lavoro della Camera ha concluso i suoi lavori con una aberrante soluzione incredibilmente condivisa non solo dalla sinistra ma anche da Forza Italia. Limitare l’uso dei voucher alle famiglie e alle imprese con un solo dipendente significa non conoscere il mercato del lavoro e le concrete situazioni occupazionali che meritano uno strumento semplice per emergere”.
Oggi il Segretario Generale della Uil dichiara a buon diritto: “Dobbiamo modificare la Fornero. La riforma delle pensioni più iniqua”. I grillini sentendosi appoggiati da un’opinione pubblica sempre più perplessa, si apprestano, come sostenuto dal buon Di Maio, all’Armageddon sui vitalizi, e alla battaglia sul reddito di cittadinanza. L’attento Francesco Seghezzi osserva: “È il classico esempio in cui per disinnescare un rischio politico non si guarda in faccia alla realtà”.
Certo, la realtà, il futuro, come ricostruire una prospettiva concreta sul tema del lavoro. l’impressione è che non sembrino interessare nessuno. Intanto i problemi incalzano.
Il Presidente della Commissione Europea Juncker ha presentato ieri il libro bianco sull’Europa e su come cambierà nel prossimo decennio (dall’impatto delle nuove tecnologie sulla società e l’occupazione ai dubbi sulla globalizzazione, le preoccupazioni per la sicurezza e l’ascesa del populismo).
Il Libro bianco delinea cinque scenari, ognuno dei quali fornisce uno spaccato di quello che potrebbe essere lo stato dell’Unione da qui al 2025. Forse dovremmo confrontarci su quegli scenari piuttosto che inseguire il novecento.