S. Agostino ci ricorda che “Humanum fuit errare, diabolicum est per animositatem in errore manere”. È in quel insistere per “superbia” che sta l’errore vero (allora come oggi).
Nel prossimo Def (Documento di Economia e Finanza) ci saranno (così scrivono i giornali) sgravi contributivi riservati ai giovani con meno di 35 anni di età che vengono assunti per la prima volta con un contratto di lavoro stabile.
Sul piatto, per questa misura, ci dovrebbe essere circa un miliardo di euro l’anno. Confindustria, dal canto suo, è soddisfatta anche se questo potrebbe avere, come conseguenza, un aumento dell’IVA.
Sia chiaro, l’idea di ridurre il cuneo fiscale (a tutti) è corretta. Anzi, dovrebbe essere salutato come un atto dovuto. E non solo per i giovani. Raccontare però che, in questo modo, si contribuisce a ridurre la disoccupazione giovanile, soprattutto là dove ha raggiunto livelli di assoluta intollerabilità è un errore che rischia di portare con sé conseguenze molto negative.
Da un lato, tutti hanno capito che i 18 miliardi della decontribuzione renziana non hanno funzionato perché senza ripresa economica non si crea occupazione stabile e che, addirittura, anche in presenza di una inversione di tendenza, non sarà certo l’industria a creare occupazione.
Dall’altro, si persevera nello spingere gli imprenditori ad assumere, incentivando alcune tipologie, cercando di forzare, così, le loro esigenze. Scettiche le reazioni (non solo) della Cgil che ricorda: «sono già stati dati 18 miliardi con la decontribuzione Renzi senza grandi risultati. Meglio sarebbe investire su di un piano straordinario di lavoro per i giovani».
Personalmente non sarei così sbrigativo nel respingere al mittente questo approccio. L’intuizione della CGIL non è sbagliata. Il punto vero è, ancora una volta, decidere se siamo o meno di fronte ad un’emergenza nazionale o se il Governo chiede (semplicemente) ad una parte sociale un atto di generosità nei confronti di un segmento della popolazione.
Se non è così occorrerebbe decidere chi è il soggetto vero dell’intervento (i giovani e il loro futuro o solo il loro costo per le imprese) e agire di conseguenza. La Regione Emilia Romagna, dal canto suo, ha predisposto fin dal 2012, un piano interessante concordato con l’insieme delle parti sociali.
Oggi abbiamo i primi risultati. Per quanto riguarda il “Fondo per l’assunzione e la stabilizzazione” sono stati erogati 2463 incentivi sia per nuove assunzioni che per conferme a tempo indeterminato. Attraverso il “Fondo apprendistato” sono stati finanziati 27 mila percorsi formativi. Con il “Fondo fare impresa” sono stati finanziati 283 voucher che hanno consentito, al termine dei percorsi, al 60% dei giovani di avviare un’attività. Infine è stato predisposto un “Fondo giovani” (30/34 anni) per finanziare percorsi individuali di formazione, prevalentemente dentro le imprese, finalizzate a far acquisire competenze utili al loro percorso professionale.
Un approccio, come si può vedere, molto diverso. Soprattutto una assunzione di responsabilità molto diversa da parte di tutte le componenti sociali, istituzionali e formative della regione. Il messaggio forte che esce da queste prime valutazioni è di aver ottenuto un risultato parziale, certo modesto ma utile.
Ciascuno lo difenderà, si predisporrà per migliorarlo ulteriormente, per renderlo ancora più funzionale. Non si scateneranno inutili polemiche, né ci saranno trasmissioni televisive, indagini, pallottolieri che narreranno una realtà lontana dal Paese reale.
Ed è per questo che ho ricordato che più che ripetere l’errore è la superbia nel ricommetterlo dove sta il vero male. Oltre che nell’inutile spreco di risorse.