L’offerta cinese agli eredi di Esselunga probabilmente sarà respinta. Se vera, è comunque molto più alta del valore dell’azienda stessa. Difficile capire se è più importante la notizia dell’offerta cinese o il rifiuto di chi, in questo momento, vorrebbe provare a gestire un business nel quale, Esselunga, è ancora un punto di riferimento.
Se escludiamo la possibilità che venga formata una cordata italiana interessata all’acquisto e che, altri player del settore, siano disposti a competere con una offerta stratosferica dobbiamo prendere atto che la partita sui futuri assetti della Grande Distribuzione in Italia, ma anche in Europa, è ripresa con vigore.
Dall’altra parte dell’oceano Amazon risponde con una mossa a sorpresa. L’acquisto di Whole Foods per la modica cifra di 13,7 miliardi di dollari. Oggi Andrea Guerra Presidente Esecutivo di Eataly, sul Sole 24 Ore, rilancia il ruolo della sua azienda, sostenendo l’importante intuizione Farinettiana e cioè che nel lungo periodo paga di più il marchio delle promozioni. E che l’operazione Amazon ne sarebbe, in parte, la dimostrazione plastica.
Ė vero. La vera novità, però, alla base di questa importante acquisizione, da sottolineare, è che non esistono più confini settoriali insuperabili. Né rendite connesse al presidio, più o meno importante, di un solo settore.
Se la GDO ha fatto la sua fortuna negli ultimi 50 anni proprio perché intermediava in un luogo fisico determinato ciò che l’industria food e non food proponeva, oggi quel luogo non è più esclusivo ma integrabile attraverso una logistica sofisticata che modella sulle esigenze del consumatore, attraverso la rete, produzione, stoccaggio, consegna e consumo. E, con Amazon, si predispone a farlo a livello planetario.
E da qui nascono due nuove esigenze che impattano pesantemente sul settore della grande distribuzione non solo italiana. La prima è che la forza del distributore tradizionale perde di importanza e quindi va ripensata, la seconda è che i centri commerciali devono essere anch’essi riprogettati alla radice trasformandosi in luoghi di svago ecdi intrattenimento dove c’è “anche” la vendita tradizionale ma alla cui redditività provvedono sempre più una pluralità di attività.
Amazon ci dice due cose. Il negozio tradizionale (piccolo o grande che sia) pur indispensabile va ripensato completamente in chiave digitale. L’integrazione on line e off line, su cui si sono stanno concentrate le riflessioni compatibiliste oggi più avanzate è già, di fatto, superata. Il centro della scena sarà presidiato dalle piattaforme digitali e di movimentazione delle merci.
La credibilità del marchio poi potrà farà la differenza. Ci saranno marchi ombrello il cui compito sarà quello di dare una credibilità nuova sia al luogo fisico che virtuale attraverso portali che venderanno esperienze ed emozioni costituite da cibo, viaggi, intrattenimento, abbigliamento, ecc. riservate a target specifici gestiti attraverso i big data. In questo contesto, anche il lavoro si trasformerà radicalmente. Da un lato tutto ciò che è informazione, supporto e consulenza al consumo diventerà sempre più importante. Dall’altro si consolideranno un insieme di lavori a basso contenuto professionale (caricamenti, movimentazione, controllo, consegna, ecc.).
Così come cadranno i confini tra settori, inevitabilmente cadranno i confini tra attività impiegate nei centri commerciali. Quindi tra inquadramenti, livelli retributivi e professionalità impiegabili. E tra lavoro autonomo e dipendente.
Ovviamente in questo articolo il Sole 24 Andrea Guerra tira soprattutto acqua al suo mulino. Eataly ha bisogno di affermarsi nella sua intuizione anche per il futuro collocamento in Borsa. È però chiaro che siamo agli albori di una vera rivoluzione importante tanto quanto quella che è avvenuta in Francia alla fine dell’800 con la nascita di Bon Marché o in Italia con i fratelli Bocconi.
La GDO tradizionale non è preparata a questo ripensamento profondo né in Italia né in Europa. Salvo pochi lodevoli e artigianali tentativi (ad esempio, Carrefour, Unes, Eataly) che comunque segnalano una disponibilità positiva a rimettersi in discussione la GDO europea è complessivamente ferma a formati e modelli del 900.
Certo gioca al mantenimento dello status quo una fase di transizione che si preannuncia lunga e, tutto sommato gestibile da un management abbastanza tradizionalista, soprattutto in Italia che però potrebbe garantire la sopravvivenza ai diversi operatori in campo spostando il traguardo un po’ più in là. Ma per quanto?
Una cosa però è certa. La sontuosa offerta cinese a Esselunga non sarà replicabile per lungo tempo. Oggi il suo format è probabilmente un modello esportabile, quindi appetibile. Ed è tuttora un’azienda di prim’ordine. In più gli imprenditori cinesi sono sempre costretti ad esagerare quando entrano in un mercato per dimostrarsi credibili.
Al di là però delle dichiarazioni di rito della proprietà di Esselunga di cui occorre prendere atto non vorrei essere nei panni di chi, a fronte di questa offerta, deve respingerla con forza mentre contemporaneamente deve concludere una difficile trattativa con tutti gli altri eredi in campo. Una decisone difficile che deve tenere conto di una cultura costruita sui successi di Bernardo Caprotti, di un management serio e impegnato a gestire questa fase e di tutti i ventitremila collaboratori coinvolti.