L’augurio di Dario Di Vico affinché i tre segretari dei metalmeccanici possano contaminare l’intero sindacalismo confederale italiano è certamente un buon viatico. Viene da un profondo e navigato esperto di cose sindacali che non ha mai perso la speranza di vedere un sindacato nuovo all’altezza delle sfide contemporanee e future.
Giuseppe Sabella, fresco autore di un libro interessante sul recente contratto dei metalmeccanici e quindi conoscitore delle vicende della categoria, conferma l’ascesa “nell’Olimpo” del primo dei tre: Maurizio Landini segretario generale della FIOM CGIL.
La personalità di quest’ultimo, la sua sovraesposizione mediatica, il suo appartenere ad un stirpe in via di estinzione di sindacalisti aggressivi ma pragmatici lo rendono un candidato perfetto.
Secondo l’ex sindacalista Giorgio Cremaschi, però, “la FIOM e il suo gruppo dirigente hanno ricevuto un ritorno di immagine che ha finito per supplire alle difficoltà dell’agire concreto”. Qui sta il punto.
Landini ha dalla sua la firma dell’ultimo contratto nazionale. Un fatto importante ma affatto decisivo nei confronti di colleghi CGIL che magari non hanno l’immagine pubblica del segretario della FIOM ma i loro contratti li hanno sempre firmati senza grandi problemi né con le rispettive controparti né con CISL e UIL di categoria.
Né hanno cercato di imporre lezioni di galateo sindacale alle altre categorie. Landini è un sindacalista vero. Senza aggettivi. Su questo non c’è alcun dubbio. Non è un estremista, non è un moderato, non è un burocrate. Negozia, vince o perde, ma negozia.
Federmeccanica lo ha capito benissimo ed è anche per questo che si è arrivati alla firma del contratto nazionale. E i risultati (bulgari) della consultazione la dicono lunga sul clima interno dell’ultima vera “legione” rimasta.
Al di là degli equilibri interni tre ostacoli sono presenti sul suo cammino. Innanzitutto la vicenda FCA. Non tanto perché la FIOM si è messa fuori gioco da sola ben prima del suo arrivo al vertice della categoria e deve, in qualche modo, rientrare in partita, quanto perché gli impegni assunti dal vertice aziendale in termini di occupazione e di rilancio non sono lievi né certi e quindi abbisognano di un sindacato unitario, non rancoroso né con lo specchietto retrovisore.
In secondo luogo perché la gestione del contratto nazionale sarà ancora più ardua e sfidante del risultato raggiunto con la firma, per i suoi contenuti innovativi.
In terzo luogo la carta dei diritti e il conseguente rapporto con CISL e UIL. Il cambiamento culturale, lessicale perfino antropologico messo in atto da Marco Bentivogli e dalla FIM sposta ben più in alto l’asticella del confronto costringendo la CISL confederale a delle scelte importanti in direzione ben diversa sulle quali anche la UIL non potrà che convenire. E questo si riverberà necessariamente sulla CGIL e sui suoi propositi di marcia solitaria.
Tre sfide che determineranno il posizionamento definitivo del più grande sindacato confederale in una direzione collaborativa, partecipativa e europeista, oppure lo costringeranno ad una deriva minoritaria come quella che ha coinvolto la CGT francese che ha dovuto cedere il passo alla CFDT in termini di peso e rappresentanza complessiva.
Maurizio Landini in CGIL non troverà lo stesso clima che è riuscito ad costruire in FIOM. Se non altro perché salvo rarissimi casi (Carniti, Trentin e Camusso pur con diverse caratteristiche) i metalmeccanici non hanno mai avuto grande fortuna fuori dalla loro categoria. Così come in politica. È chiaro che Landini entrerà sicuramente con autorevolezza nel nuovo ruolo. Starà a lui e a chi lo sostiene riflettere sul futuro della CGIL del dopo Camusso.
A quest’ultima checché ne pensino i detrattori non si può rimproverare quasi nulla. Riconsegnerà al suo successore una CGIL al centro della scena, più forte di quando l’ha ereditata e ringiovanita nei suoi quadri dirigenti. Ma evidentemente più debole nelle imprese e con proposte che se non trovano compagni di viaggio nelle altre confederazioni rischiano di portare al suo isolamento.
A favore di Landini c’è che anche prima del contratto dei metalmeccanici la situazione in categoria era molto simile e lui l’ha affrontata e superata. Lì ha però trovato Marco Bentivogli e Rocco Palombella che del trio metal costituivano un duo già ben affiatato e sperimentato.
Vedremo se l’evoluzione nel nuovo incarico sarà propedeutica ad un cambiamento vero che contribuirà a dare un diverso orizzonte al sindacalismo confederale e se saprà muoversi con la necessaria pazienza e capacità di mediazione che, spesso, i metalmeccanici con le altre categorie non hanno mai avuto….