In fondo ha ragione l’ex ministro Elsa Fornero: i giovani non votano. D’altra parte non sembrano interessati ad alzare nemmeno la voce, come categoria in sé, sui loro ipotetici interessi futuri.
La loro condizione è argomento di dibattito tra statistici, esperti della materia, politici alla ricerca di consenso per la prossima campagna elettorale. C’è più attenzione intorno alle pensioni, passate e presenti che alla loro condizione effettiva. Il Presidente dell’INPS ha provato a sollecitarli agitando la busta arancione, i sindacati, da tempo, con i fondi integrativi contrattuali di previdenza. I risultati sono stati modesti. Lo stesso vale per la sanità integrativa. I giovani sembrano rassegnati al presente.
Personalmente non credo si debba provare meraviglia. Il punto è che, non avendoli in campo, le altre generazioni vincono sempre e comunque a tavolino. Chi ne discute è, generalmente, anch’esso di un’altra generazione e dispone, quasi sempre, di redditi medio alti.
Quindi, coda di paglia a parte, le proposte sono, quasi sempre, parziali o blablatiche. Per i giovani, a sentire loro, i temi principali sembrano essere sostanzialmente due: il reddito e il lavoro. Sul reddito c’è poca fantasia (di inclusione o di cittadinanza) visto però, sempre superficialmente, come semplice scorciatoia soprattutto in carenza di lavoro. Il lavoro invece inteso soprattutto come qualità (tipologia, interesse concreto, clima), non solo come opportunità. Altrimenti non si spiegherebbero le offerte comunque inevase o coperte da lavoratori provenienti da altri Paesi.
Per molti (non per tutti, ovviamente) c’è un rapporto malinteso con la fatica, l’impegno, la capacità di investire su sé stessi pensando al futuro. È la gallina domani che sembra interessare meno. E l’uovo oggi rischia di non esserci comunque perché anche le aziende preferiscono investire sull’usato sicuro piuttosto che costruirsi in casa il futuro.
Ma è così anche per il lavoro autonomo. Alcuni esempi. Un giovane che oggi si iscrive a veterinaria sa, in partenza, che finirà disoccupato o, al massimo, potrà guadagnare mille euro fino a quarant’anni e oltre. Altro che pensione. In Italia ci sono 14 facoltà di veterinaria. In Germania 3. Nessuno spiega ai nostri giovani che forse, se studiassero il tedesco come i loro coetanei, rumeni o polacchi, qualche sbocco professionale potrebbero averlo. Non certo in Italia. Però anche nell’Ordine dei veterinari si discute della sostenibilità del sistema previdenziale più che del futuro della professione in Europa.
Le scuole di alta cucina, liuteria, ecc. sono frequentate da molti stranieri e da pochi italiani. Alcune di queste sono molto costose. Parlando con i genitori di ragazzi asiatici, la risposta che mi sono sentito dire sul perché di quella scelta mi ha fatto riflettere. “Anziché comprargli l’auto, investiamo sul loro futuro. L’auto se voranno, se la compreranno loro.” In azienda è lo stesso. Lavorando in multinazionali di diversi Paesi ho incontrato ragazzi di tutto il mondo. In tutti i test possibili i giovani italiani risultavano sempre ultimi. Il loro rapporto con il lavoro era ed è falsato dai messaggi e dalle aspettative della famiglia e della scuola. Sono più fragili.
Però verso i trent’anni (dopo 4/5 anni di lavoro) ritornavano testa a testa con i coetanei quando finalmente si rendevano conto che erano inseriti in un percorso lungo e faticoso e che gli esiti non erano affatto scontati o determinati dal loro titolo di studio di partenza. Nella GDO i giovani promettenti, laureati o meno, possono fare brillanti carriere commerciali. Ho visto troppi ragazzi bravissimi a scuola, perdersi in azienda. Il talento, checché se ne dica, non esiste. Almeno così come lo intendiamo noi.
Esistono le attitudini che vanno allenate. Giorno per giorno. Dobbiamo smetterla di piangerci addosso e di spingere, così, i giovani alla rassegnazione. Così come chiedere, sul versante delle imprese, solo sgravi contributivi o fiscali per i giovani quasi fossero una categoria protetta o da proteggere dalla concorrenza di altre generazioni.
Gli sgravi è giusto che ci siano per tutti. Il cuneo fiscale è insopportabile. E non solo per i giovani. Punto. Pretendiamo, invece, che le imprese dimostrino cosa sono in grado di fare concretamente per i giovani. Non cosa chiedono al Governo per fare.
Nel terziario di mercato decine di migliaia di giovani vengono formati per trovare lavoro. Il lavoro che c’è. Non quello immaginato. Tempo determinato, part time orizzontali e verticali, stagionale, week end, servizi alla persona, ecc. lavori che fanno CV e preparano alla vita e che consentono di capire comparti che offrono ancora prospettive. Anche di carriera.
Così come dobbiamo smetterla di raccontare ai giovani che non avranno una pensione adeguata. Aiutiamo le parti sociali a consolidare gli strumenti contrattuali di previdenza integrativa che affrontino e contribuiscano a contenere il problema. Costruiamo un nuovo rapporto con la scuola e con il mondo delle imprese, di alternanza e di stage (corretti). Raccontiamo i casi migliori, estendiamoli attraverso sperimentazioni mirate. Non cominciamo sempre da capo su tutto. La ruota è già stata inventata. Ci sono esempi virtuosi, condividiamoli.
L’ANPAL può fare molto se saprà diventare un elemento di stimolo di una cultura nuova, concedendo poco a silos autoreferenziali (presenti nel mondo della scuola e dell’impresa) e più a condivisione di percorsi e di gioco di squadra. E infine facciamo un esame di coscienza generazionale. Non serve raccontare ai giovani che devono continuare ad aspirare al mondo di chi li ha preceduti. Né, al contrario, che sono fatti loro se ciò non si dimostra possibile.
Cosa vuole mettere sul tavolo la nostra generazione in termini di risorse, equità intergenerazionale, condivisione di esperienze? Se nessuno di noi è disposto a rinunciare a qualcosa di concreto almeno non prediamoci in giro sostenendo che si può essere per il sistema retributivo per chi lo ha, annacquare i termini dell’aspettativa di vita e contemporaneamente proporre sgravi per i giovani.
Machiavelli diceva che “non si può essere di sollievo al Principe ed innocui al popolo”. Bisogna scegliere. Nel dibattito sui giovani e sulle pensioni presenti e future credo che l’opportunismo abbia preso il sopravvento. Forse sarebbe meglio alzare decisamente lo sguardo.