Il futuro del retail è già qui…

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“Due giovani pesci nuotano uno vicino all’altro. Improvvisamente incontrano un pesce più anziano che, nuotando in direzione opposta, fa loro un cenno di saluto e poi dice: “Buongiorno ragazzi, com’è l’acqua? I due giovani pesci continuano a nuotare per un po’ e poi uno si ferma e chiede all’altro: “che cavolo è l’acqua?”

Personalmente non ho trovato nulla di più appropriato di questa metafora, proposta dallo scrittore americano David Foster Wallace, per riflettere su ciò che diamo per scontato, addirittura necessario per sopravvivere, ma che scontato non è: il futuro del lavoro nella Grande Distribuzione.

È indubbio che l’aria è cambiata. Presidiare il mercato limitandosi a nuovi insediamenti, ad aumentare le superfici, spingere con le promozioni e continuando semplicemente a ridurre i costi non funziona più. Oggi è sempre più strategico il cliente.

A parole lo è sempre stato ma adesso diventa la vera chiave di volta. La semplicità e la rapidità di acquisto, gli orari e le giornate di apertura, la competizione con le vendite on line fanno sempre più il paio con la qualità dei prodotti offerti, la loro convenienza, la motivazione all’acquisto, i desideri espressi o in divenire.

Per le aziende del settore diventa sempre più centrale la capacità di sviluppare una relazione duratura con il proprio cliente sempre più “infedele”. Questo riorientamento però non è facile. Ci sono format superati quindi in crisi, modelli organizzativi molto tradizionali, una contrattualistica sindacale sostanzialmente fordista e addetti che spesso individuano nel cliente un “nemico”, poco convinti, pur da ingenti programmi formativi, a cambiare punto di osservazione, accettandone la nuova centralità.

Poi ci sono le aziende dove i delegati sindacali e i rispettivi sindacati esterni di riferimento hanno in mente modelli organizzativi e rigidità d’altri tempi autoescludendosi così da qualsiasi ruolo concreto e propositivo. Oppure, come nella cooperazione, dove da protagonisti negativi, si impegnano a frenarne la competitività in rapporto alle altre realtà concorrenti del settore.

Recentemente è uscita una pubblicazione americana “Technology at work 3.0” che fa il punto sui rischi per l’occupazione futura in questo comparto economico. Punti vendita senza casse, centro di smistamento prodotti e consegna a domicilio robotizzati e terziarizzati, integrazione on line off line, trasformazioni dei layout, fanno pensare ad un settore che subirà un forte ridimensionamento occupazionale. Un po’ come le banche.

Lo studio azzarda un dato sicuramente eccessivo quando accenna ad un futuro del settore con più o meno l’80% dei posti a rischio. Forse più della quantità dei posti di lavoro è la possibile velocità del cambiamento che potrà creare problemi. Soprattutto se tutto questo dovesse avvenire in pochi anni quindi coinvolgendo i lavoratori più anziani, quelli meno disponibili al cambiamento. E soprattutto questo provoca il venir meno di posti di lavoro a disposizione di lavoratori con livelli di studio e provenienza geografica, differenti.

È vero però, come sostiene Andrea Garnero economista OCSE, che “se negli anni scorsi abbiamo imparato a conoscere i perdenti della globalizzazione, nei prossimi anni conosceremo i perdenti della tecnologia”. Personalmente credo che su questo occorrerebbe riflettere.

Come si può affrontare, accompagnandola, questa probabile situazione? Innanzitutto smettendola con le battaglie di retroguardia. Tipo quelle contro le aperture festive. Ininfluenti sul piano pratico relegano tutto il sindacato di categoria in una posizione subalterna e poco credibile come interlocutore nel settore. Anche per gli stessi lavoratori. O quelli che aspirano ad esserlo pur, per necessità, con contratti ridotti. Tra l’altro come può ritrovarsi, il sindacato, a concordare quel tipo di lavoro nelle singole aziende ed essere contro a livello generale resta, per me, un mistero inspiegabile. Così come mettere contro lavoratori con l’obbligo della prestazione con altri esonerati perché assunti in un periodo precedente. Una ripartizione su più persone renderebbe meno pesante il carico festivo per tutti.

Le aperture domenicali, festive e h24 sono ormai strutturali e richieste dai consumatori. Non tanto e non solo perché on line si può comprare sempre ma perché laddove le aperture vengono gestite con buonsenso si raggiungono accordi su una gestione meno rigida con benefici per l’occupazione.

E questo consentirebbe di riprendere un confronto a livello istituzionale, oggi fermo, per trovare soluzioni nell’interesse delle imprese di ogni dimensione e degli stessi lavoratori. Uscire da una logica di contrapposizione sul “nulla” aiuterebbe a riprendere il filo della contrattazione di comparto.

La situazione attuale che vede lavoratori coperti da un contratto nazionale e altri in balia degli eventi con tranche anticipate unilateralmente, non può durare a lungo. Federdistribuzione non è riuscita a chiudere il proprio contratto nazionale perché non ha alcun senso aggiungere un altro ai tre già utilizzati dalle imprese. I sindacati, unitariamente, lo hanno ormai capito benissimo.

Però, molte delle esigenze manifestate, sono assolutamente legittime e andrebbero riprese pur all’interno della contrattazione nazionale in essere che consente deroghe, aggiustamenti, specificità, costi e modalità di corresponsione.

Lo stesso Ministero del Lavoro dovrebbe lavorare in questa direzione più che fingere di non vedere una situazione senza sbocco. Così come approfittarsi della debolezza del sindacato di settore per non procedere ad alcun rinnovo è un azzardo che potrebbe rivelarsi controproducente per le imprese del settore. Soprattutto in una fase di riorganizzazione profonda con le prospettive di cui abbiamo accennato sopra.

Fino a quando è legittimo chiedere al sindacato di “Cantare e portare la croce” come lo è spesso per “gli uomini che sanno celare il dolore dietro un indulgente e rassegnato sorriso”?

Forse è arrivato il momento di parlarsi tutti e sul serio e guardare avanti. Insieme. Non limitandosi a ribadire il proprio punto di vista come, purtroppo, è avvenuto fino ad oggi.

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