Non si può dire che in tutti questi anni di “marcia in solitaria” e di sovraesposizione delle ragioni della Grande Distribuzione il comparto ne abbia tratto beneficio.
I nuovi insediamenti sono sotto tiro dalle amministrazioni locali, le aperture festive e le rimodulazioni degli orari vengono sempre più contestati mentre la concorrenza della rete h24 saccheggia vendite e margini.
Sul piano sociale l’immagine di lavoro povero e sotto pagato cresce nella opinione pubblica e l’incapacità di rinnovare un contratto su misura ha segnato un declino che sembra inarrestabile.
Da rappresentante dell’ala moderna e innovativa di Confcommercio, sia sul piano sociale che nell’immagine collettiva, in grado di imporre contenuti contrattuali innovativi e di interpretare a suo vantaggio il concetto di pluralismo distributivo la GDO si è rinchiusa in un isolamento organizzativo dove può essere facilmente attaccata e delegittimata.
L’autonomia non paga quando il gioco cambia, si fa molto più grande perché coinvolge soggetti economici internazionali di ben altra dimensione, i sistemi distributivi cambiano pelle, i consumatori cambiano abitudini, le autorità locali hanno già beneficiato degli oneri di urbanizzazione e delle assunzioni e i modelli organizzativi e di vendita continuamente riproposti sono in crisi in tutto il mondo.
Purtroppo la GDO è vittima della legge del contrappasso. Da paladina del nuovo che avanza a vittima del nuovo che arriva…
In questa situazione, quindi, la battaglia è persa? Non credo. C’è però molto da fare e da cambiare per poter risalire la china. Innanzitutto occorre dotarsi di una strategia credibile.
È di questi tempi la richiesta di Amazon di entrare in Eurocommerce e della disponibilità dell’associazione europea del commercio di accettarla. Così come è di questi giorni la notizia, apparsa su Le Monde, che sempre Amazon è interessata ad acquistare un player europeo della GDO.
Se pensiamo che il fatturato di Whole Foods, recentemente acquisita da Amazon è sostanzialmente simile a quello di Carrefour ma con una penetrazione territoriale ben diversa ci rendiamo conto che il settore è entrato in una fase di profonda trasformazione.
In Italia pochi lo hanno capito. Mario Gasbarrino è certamente uno di questi. Altri si attardano a tirare un respiro di sollievo perché oggi ci si consola ancora raccontandosi che “il virtuale ha bisogno del fisico e viceversa”.
Un leit motiv di cui molti si pentiranno in futuro ma, come dice Keynes, nei tempi lunghi saremo probabilmente tutti morti.. Pensare di affrontare temi di questo rilievo senza una strategia unitaria che coinvolga tutto il mondo del commercio e del terziario è un atto di inutile megalomania di cui le imprese potrebbero presto pentirsene.
Il tema del pluralismo distributivo deve ritornare prioritario. Fughe in avanti non sono più consentite. In secondo luogo il tema del lavoro. Non tanto e non solo in termini di progettare un rientro intelligente nel Contratto del terziario ma di valorizzazione di quello che la GDO fa per il lavoro.
In termini di occupazione, opportunità offerte, qualità delle stesse, sviluppo professionale, formazione e carriere. È incredibile come vengano sottaciuti l’impegno e la risposta di giovani e meno giovani alle proposte di lavoro della GDO.
Così come l’impegno delle aziende, grandi e meno grandi in termini di responsabilità sociale, politiche di genere, iniziative utili ai territori e ai consumatori. Sul tema delle aperture siamo al dunque.
La stessa uscita (sgradevole) del sindaco di Milano e le risposte di Alesina e Giavazzi testimoniano che il tema è maturo. Carlo Sangalli ha da sempre espresso, a nome di Confcommercio, una posizione equilibrata. Lo ha fatto recentemente anche sulla sortita del sindaco Sala.
Non sono più tempi in cui vince chi segna il proprio territorio. Oggi vince chi sa tessere alleanze, proporre visioni condivise, sviluppare processi unitari.
Federdistribuzione si trova in mezzo al guado. Deve decidersi se continuare a parlarsi addosso retrocedendo passo dopo passo o, al contrario, guardare avanti con lungimiranza e nuova progettualità. Personalmente credo che i tempi siano maturi.