Contrapposto allo sciopero dei mezzi pubblici e proclamato da USB, secondo il prof. Tiraboschi e Francesco Seghezzi, quello messo in scena nel piazzale del magazzino di Amazon di Castel San Giovanni sarebbe uno sciopero sano. Personalmente non condivido questa valutazione proprio per le ragioni portate a supporto della tesi.
Il settore della logistica e dei trasporti è in grande espansione. Amazon, Alibaba e altri player internazionali sono sotto i riflettori mediatici per il modello di business e per la prorompente crescita che li caratterizza mentre in un enorme cono d’ombra rimangono i veri punti di crisi irrisolti che, sul piano del lavoro, marchiano un intero settore dove cooperative vere e fasulle, autisti assunti con contratti est europei, impieghi di etnie spesso contrapposte tra di loro hanno consentito a soggetti economici di dubbia fama e a COBAS e USB, tanto per non fare nomi, di aggirare contratti, imporre la loro legge, mettere in un angolo i sindacati confederali e vessare le imprese con richieste spesso supportate con atteggiamenti ricattatori.Una terra di nessuno che lambisce anche i depositi della Grande Distribuzione dove si assiste ad una riproposizione anni 60 dello scontro capitale lavoro il cui esito incerto potrebbe, se non gestito, diventare un detonatore di un disagio sociale che cova sotto la cenere nel mondo del lavoro.
È un sottobosco fatto di figure marginali che popolano il mondo delle pseudo cooperative, spaccato in etnie contrapposte controllate, a volte, da feroci caporali, dove il sindacato confederale spesso è individuato come controparte e dove il semplice rispetto dei contratti nazionali è una conquista.
Qui avviene di tutto. Scontri all’alba con le forze dell’ordine, camion con gomme tagliate, picchetti di centri sociali, risse per imporre la logica della forza. Tutto questo è sotto traccia. Nessuno ne parla, le aziende e la parte sana del comparto, cercano di difendersi come possono, ogni tanto qualche articolo sui media ne segnala le problematiche o la pericolosità sociale.
Ho vissuto personalmente situazioni molto pesanti quando ho dovuto affrontare, nei magazzini logistici dell’azienda nella quale operavo, uno scontro durissimo e per lungo tempo con formazioni sindacali non confederali che strumentalizzavano etnie e problemi. Quindi non ne parlo per sentito dire. Tra l’altro basterebbe ricordare l’ultima vicenda, in ordine di tempo che ha coinvolto la DHL.
In questo mondo molto complesso per chi si occupa di relazioni sindacali, fatto di lavoro vincolato di bassa qualità, turni, problematiche disciplinari di vario genere e senza interlocutori sociali affidabili le aziende più serie, grandi e piccole, cercano di gestire una organizzazione del lavoro estremamente rigida ed efficiente dove il minimo errore può avere conseguenze pesanti.
Amazon o altri player internazionali entrano in questo mondo con una loro cultura e una loro capacità organizzativa specifiche. Fanno centinaia di assunzioni, rispettano i contratti nazionali, realizzano condizioni di lavoro infinitamente migliori di quelle purtroppo praticate nel comparto.
Però i riflettori mediatici e chi non conosce questo mondo preferiscono risposte semplici a problemi complessi. Cosa c’è di meglio che proporre di portare dentro queste aziende la confusione sindacale che c’è altrove? Nel piazzale di Amazon c’erano due categorie confederali, quindi sei sindacati, l’UGL trasporti, il COBAS e l’USB. E sicuramente dimentico qualche sigla.
Anziché tentare un dialogo con la stragrande maggioranza dei lavoratori giovani che non conoscono i sindacati e se ne trovano di colpo una decina davanti, si riscopre il vecchio armamentario sessantottino fatto di insulti al crumiro e applausi ironici ad uso dei media. Poi la solita inutile conta delle adesioni a fronte di un’azienda che non ha perso un minuto di lavoro.
Nel 2017 la strada per costruire corrette relazioni sindacali non è certo questa. La scelta di applicare il contratto nazionale del terziario parte dalla consapevolezza che il rapporto costi/flessibilità è più interessante che in altri contratti nazionali. Quindi è da lì che bisogna partire. Essere quindi disponibili a costruire un vestito su misura per quell’azienda come avviene, ad esempio, nelle fasi di lancio dei grandi centri commerciali.
Essere interlocutori significa saper costruire soluzioni a vantaggio del lavoratore ma rispettose dei valori e della cultura di quella come di altre aziende. E senza pensare che l’nterlocutore debba caricarsi di costi aggiuntivi senza contropartite.. E questo non si costruisce in un piazzale o dichiarando uno sciopero una tantum sfruttando l’occasione del black friday. Ci vuole tempo e pazienza.
L’incontro di lunedì sara utile se partirà da una reciproca presa d’atto. Personalmente spero ci sia un inizio di dialogo costruttivo che guardi avanti. Ai nuovi insediamenti, alle modalità di start up e allo sviluppo di un settore che ha bisogno di player moderni per emarginare chi non rispetta le regole. Da una parte e dall’altra. Vedremo.