I dirigenti nel terziario hanno ripreso a crescere. È un buon segno. A differenza che in altri settori il saldo misura un + 3%. È un segnale importante e da sottolineare perché inverte una tendenza.
A questo occorrerebbe aggiungere una parte significativa di alte professionalità e quindi di responsabilità oggi presenti nelle imprese sotto altre forme. Temporary, professional, quadri di fascia alta che sono manager di livello, seppur inquadrati in modo differente.
Le aziende utilizzano queste diverse opportunità di collaborazione in base alle proprie esigenze. A volte con qualche forzatura. In questo modo gestiscono in proprio i progetti, le carriere individuali e i costi relativi delle diverse componenti della retribuzione, diretta o indiretta.
Le statistiche o le survey proposte ciclicamente da più parti non aiutano a comprendere le differenze presenti. E le relative differenziazioni necessarie. Come dire “di notte tutti i gatti sono grigi”. Anzi.
Purtroppo le vecchie culture e gli approcci tradizionali tendono a ragionare per categorie contrattuali esistenti e a riproporne i limiti. Quindi sono inutili per comprendere il fenomeno a 360 gradi.
Avere diversi contratti nazionali, non fa comprendere i limiti e le opportunità tra il potenziale di crescita individuale, la professionalità espressa, gli step di carriera e la formazione necessaria a sostenerne una crescita continua.
I quadri, presi nel loro insieme, sono inseriti in modo indifferenziato e forzatamente omogeneo in un modello contrattuale fordista che è stato costruito intorno all’inquadramento unico importato negli anni 70 del secolo scorso dal comparto industriale.
Tra l’altro nel terziario la rappresentatività reale, in questa categoria professionale, dei firmatari del relativo contratto nazionale, non è particolarmente significativa. E quindi è per sua natura conservativa.
In altri Paesi ha rappresentanti specifici e in linea con aspettative e obiettivi della categoria in senso lato. In Italia questo vale solo per i dirigenti. Da quella impostazione datata è nato un succedaneo del contratto dei dirigenti del terziario applicato al solo livello dei quadri. Quindi sanità, previdenza e un po’ di formazione individuale.
D’altra parte, allo stato, pensare di inserirli nel contratto dei dirigenti non è una soluzione praticabile a meno di prevederne comunque uno sbocco finale di inquadramento nella categoria “dirigenti”. Oppure differenziandola in più livelli. E questo oggi non è all’ordine del giorno.
Per le imprese è più semplice. La differenza la fanno il ruolo aziendale e la retribuzione. Tra l’altro in tempi di diffusione di nuove forme di welfare aziendale specifico e di coinvolgimento sugli obiettivi economici dell’impresa la gestione e lo sviluppo del manager forniscono risposte più interessanti sul piano individuale che collettivo.
Previdenza e sanità contrattuali tra dirigenti e quadri restano sensibilmente differenti. Più costose ma anche più generose sul piano solidaristico e familiare per i dirigenti anche grazie all’iniziativa di Manageritalia (l’associazione sindacale dei manager del terziario) negli anni. Meno per i quadri ma comunque efficaci.
Anche la formazione è qualitativamente e quantitativamente diversa. Dal 1994 il CFMT (centro di formazione management del terziario) garantisce ai dirigenti un buon supporto formativo a seguito della scelta di lavorare con le più prestigiose università italiane e straniere e di costruire progetti insieme alle imprese lavorando anche sulla personalizzazione dell’offerta. Su questo versante la sintonia tra i soci (Confcommercio e Manageritalia) aiuta.
La partecipazione è in costante aumento e le sedi di Milano e Roma stanno lavorando bene. La formazione però, oltre al top management, tende a comprendere sempre di più le alte professionalità indipendentemente dalla loro tipologia di inquadramento.
Le sperimentazioni, costruite dal CFMT nelle singole imprese, incoraggiano a proseguire in questa direzione. Le aziende spingono spesso a derogare dalla impostazione standard perché necessitano di una formazione omogenea a tutte le alte professionalità presenti nel proprio perimetro.
Occorre anche considerare che quadri, professional e temporary non sono tutti uguali. Alcuni sono, di fatto, assimilabili ai dirigenti per responsabilità e ruolo. Altri, al contrario, hanno raggiunto il massimo possibile nell’inquadramento contrattuale attuale.
I primi sono un target interessante e gestibile puntando semplicemente a far evolvere i regolamenti di fruizione. I secondi non possono che seguire i percorsi stabiliti per loro dai loro enti contrattuali.
Vedremo in futuro se le parti sociali, interessate e coinvolte, decideranno di accompagnare le modificazioni dell’inquadramento già in atto nelle imprese. Il punto però resta legato all’evoluzione del welfare.
Un welfare che tenderà naturalmente a modificarsi e a proporre risposte nuove e quindi a impattare su quello proposto dai diversi contratti nazionali. Sia in termini di offerta che i costi.
Così come più specificamente per la formazione che sempre più assumerà le caratteristiche di un “diritto soggettivo” spingendo i manager, e non solo, a rapportarsi sempre più con il mercato del lavoro oltre che con l’azienda nella quale sono momentaneamente impiegati.
È la trasformazione del lavoro, anche manageriale, delle sue modalità, del tempo che necessita la sua esecuzione e del luogo dove essere svolto che trasformeranno le relative tipologie.
Le parti sociali possono prevederlo o subirlo. Dipenderà da loro. È altrettanto evidente che per chi investe studi, tempo, passione e impegno nella propria carriera, l’obiettivo di raggiungere i massimi livelli possibili resta fondamentale seppure in forme e modalità diverse dal passato.
Così come è altrettanto evidente che il nostro tessuto produttivo e dei servizi, soprattutto se parliamo di PMI, ha bisogno di un forte innesto di managerialità. La soluzione è nel gestire questi due aspetti (esigenze di managerialità delle imprese e carriera individuale) con un approccio slegato dalle ovvietà e dai vincoli imposti dai contratti in essere.
Altrimenti si rischia di ritornare sempre al punto di partenza.