La fretta con cui alcuni imprenditori hanno cercato di saltare sul carro dei vincitori delle elezioni non testimonia forse la loro viltà come sottolinea Marco Follini su Twitter.
Semmai la certezza che questa “nuova” politica, comunque uscita dal voto, se non presa in custodia, non andrà da nessuna parte. Certo il rischio che si sottovaluti l’incompetenza distruttrice accontentandosi di fare le mosche cocchiere per compiacere i nuovi vincitori è molto alto.
Anche perché, il disagio di chi si è espresso in modo così radicale, resta e va, in qualche modo, guidato. Pierluigi Battista ( http://bit.ly/2p3xhx1 ) ne tenta un’analisi seria cercando di andare oltre la constatazione del tramonto di un mondo che dal 900 traeva linfa vitale e ragion d’essere. Un mondo che, inevitabilmente comprende anche i corpi intermedi.
È un tema sicuramente all’ordine del giorno ma, a mio parere, è la parte meno convincente dell’analisi dell’ottimo giornalista.
È vero. Il post voto pone anche il tema della rappresentanza del lavoro e dell’impresa. Ma proprio per le ragioni sottolineate drammaticamente da Battista sul declino della presenza organizzata della Politica tra la gente non serve confondere una profonda e ineludibile esigenza di cambiamento dei corpi intermedi con la loro immutata capacità di presidiare il territorio, l’impresa e i problemi delle persone.
Certo i sindacati dei lavoratori sono provati e indeboliti da tante battaglie spesso velleitarie o inconcludenti ma rinnovano i contratti di lavoro, tutelano i lavoratori nelle imprese e risultano comunque utili nell’immaginario collettivo.
Lo stesso vale per i sindacati delle imprese a volte, e, questo è vero, spesso troppo concentrati sui loro problemi interni. Sottovalutarlo o ometterlo limitandosi a sentenziare: “i sindacati, altro corpo intermedio potentissimo, sempre più burocratico e autoriferito, non ti danno più una mano per il semplice fatto che non esistono più, svaniti nei loro bunker” è, a mio parere, un errore.
Lo stesso compiuto da una parte della stampa quando, più che segnalare il calo della partecipazione e della presenza dei partiti nella società come un pericolo per la democrazia, ne ha fotografato compiaciuta, il declino. Imprese e lavoro cambiano.
I confini tra categorie e ruoli si confondono perché la globalizzazione e la competitività spingono a ricercare risposte comuni. Più che nuove regole servirebbe una nuova mentalità. Da entrambe le parti. Perché non si cambia da soli.
Certo ci sono arroccamenti, difese dell’esistente e comportamenti gattopardeschi diffusi ma c’è anche chi si mette costantemente in gioco. A differenza della Politica che, in democrazia, si fa giudicare solo ad ogni elezione, i corpi intermedi si misurano con le persone e con i problemi quotidiani. E vengono misurati proprio sulla loro presenza spesso oltre la propria capacità di proporre soluzioni praticabili.
Ed è questo che ha reso inefficace qualsiasi tentativo di disintermediazione messo in atto in tutti questi anni. C’è certamente chi si può tutelare e difendere da solo. Ma, per la maggior parte delle persone in difficoltà questo non è sempre possibile.
E se nel nostro Paese non circolano i “forconi” qualche merito sarà pure di chi ne canalizza rabbia e disagi dentro canali democratici. E non c’è solo chi resta indietro. C’è un senso della comunità da ricostruire.
Pensare di farlo solo attraverso la rete o con la protesta di piazza e non attraverso le persone e loro istanze di partecipazione fisica è una pericolosa illusione. Certo i corpi intermedi devono cambiare in profondità. Alcuni però lo stanno già facendo. Io non sarei così pessimista.
I risultati elettorali sono un sufficiente campanello di allarme per chiunque viva con passione e voglia di portare il proprio contributo nell’associazionismo, nel volontariato e nelle organizzazioni di rappresentanza. Forse occorrerebbe osservare queste realtà non solo partendo dal centro o immaginandole uguali in tutto il Paese.
La recente indagine sulla fiducia nei corpi intermedi fotografa un Paese più diversificato e meno statico nei giudizi. È però indubbio che questo risultato elettorale va ben oltre la Politica. Sollecita tutti a cambiare in profondità. Induce a riflettere sugli ostacoli al cambiamento, sui modelli organizzativi, sulle strategie. Invita a guardare i nostri mondi con gli occhi di oggi e non con lo specchietto retrovisore.
“I tempi stanno cambiando” ci ricorda Bob Dylan. “Venite intorno gente dovunque voi siate ed ammettete che le acque attorno a voi stanno crescendo e accettate che presto sarete inzuppati fino all’osso. E se il tempo per voi significa qualcosa fareste meglio a cominciare a nuotare o affonderete come pietre perché i tempi stanno cambiando”.
Pierluigi Battista avrà forse esagerato in qualche passaggio ma, ci mette in guardia come il premio Nobel Bob Dylan: i tempi stanno veramente cambiando per tutti…