Gli effetti collaterali della riforma Fornero.

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Personalmente sono convinto che la riforma Fornero è stata utile e decisiva per il nostro Paese. Lo dico senza se e senza ma, proprio per poter affrontare con serietà un tema delicato che la riforma stessa ha indirettamente aggravato e che, invece, andrebbe analizzato in profondità.

Le statistiche, da questo punto di vista, parlano chiaro. Il mercato del lavoro ha premiato i senior tenendoli al lavoro più a lungo. Un elemento ritenuto positivo in più per generazioni già “premiate” sul piano previdenziale, a giudizio di molti osservatori. I riflettori si sono spostati così altrove concentrandosi sull’universo giovanile e sulle sue difficoltà ad entrare nel modo del lavoro. Quindi emergenza conclusa. Ma è proprio così?

Perché allora la riforma Fornero piace alle imprese ma continua a non piacere nelle imprese?

Non piace a chi pensava di lasciare il lavoro e deve farsene una ragione, non piace a chi pensava di subentrare al pensionato, non piace a chi pensava di sostituire il pensionato con un collaboratore più giovane e forse meno costoso, non piace a chi vive con preoccupazione il proprio futuro dovendo restare al lavoro più a lungo del previsto. Non piace ai lavoratori senior delle aziende in crisi. Non piace a chi, lasciato a casa dalla sua azienda,  ha paura di non potersi reimpiegare a causa dell’età. È il caso di chi è troppo giovane per andare in pensione ma ritenuto troppo vecchio per essere considerato dal mercato del lavoro.

Chiunque abbia vissuto per qualche anno in un’azienda medio grande sa che esiste una specifica cultura organizzativa con cui misurarsi e molto difficile da modificare.

La qualità delle relazioni tra le persone, i modelli di comportamento, l’apporto che viene richiesto, il coinvolgimento nella formazione aziendale e la possibilità di crescere professionalmente sono parte di quella cultura.

Chi non si conforma, è, generalmente,  tagliato fuori. Non sempre però è sufficiente scegliere o decidere di conformarsi. L’azienda tende inevitabilmente ad investire su chi ritiene possa restituire competenze, risultati, impegno ed entusiasmo. Difficilmente su tutti.

L’età delle persone ritenute non indispensabili, prima della riforma Fornero, era gestita attraverso differenti strumenti: prepensionamenti, scivoli, licenziamenti collettivi o  individuali, uscite concordate. Oppure semplicemente non investendo più su di loro.

L’avvicinarsi ad una età ritenuta a rischio ha sempre provocato, negli individui, contraccolpi anche di tipo psicologico. Basta ascoltare le reazioni dei lavoratori davanti ai cancelli di aziende in ristrutturazione per rendersi conto del problema.

Sopra i 50/55 il mercato del lavoro è ritenuto molto difficile per tutti. È vero che l’età anagrafica non dovrebbe rappresentare un fattore di possibile discriminazione ma la realtà, che lo si voglia o meno, è un’altra.

Nel dibattito pubblico sulla riforma Fornero si parla di persone che dovrebbero continuare ad avere il diritto di lasciare il lavoro, di lavori gravosi che dovrebbero consentire una pensione anticipata, di aggravi di costi per la previdenza. Oppure di costi, di un eventuale ammorbidimento o stravolgimento della riforma. Cioè di come è possibile modificare la riforma per ripristinare, seppure in parte, l’impostazione precedente.

Quasi nessuno si preoccupa del problema indotto e cioè cosa significa restare più a lungo al lavoro se la cultura dominante nelle imprese e nel mercato del lavoro, di fatto, non lo accetta.

Non è sufficiente, purtroppo, spostare il traguardo, se non cambiano le regole del gioco. Per tutti. Non possono dover cambiare solo per il singolo lavoratore. Nelle aziende e nel mercato del lavoro  deve crescere una cultura diversa sul rapporto con i senior.

Una cultura che preveda formazione e sviluppo per tutto l’arco della vita lavorativa, magari un diverso utilizzo da programmare e da costruire nel tempo che impedisca le discriminazioni.

Lavorare più a lungo significa, ad esempio, dover fare i conti con problemi di salute che non possono essere gestiti solo con quanto previsto oggi  dai contratti nazionali. Sanità integrativa e previdenza contrattuale dovrebbero essere obbligatori. Per non parlare della formazione.

Contemporaneamente occorrerebbe lavorare sui costi diretti del senior per evitare pericolose discriminazioni di carattere economico. C’è però qualcosa di più oltre al costo che impedisce un cambio di cultura. E senza questo intervento non si va da nessuna parte.

Dentro i cancelli delle imprese essere over 55 è spesso un’handicap a prescindere. Se non cambia questo, tutto il resto sarà perfettamente inutile. Occorrerebbe lavorare anche sulle dinamiche contributive di chi ha superato una certa età. Credo costerebbe molto meno che subire una modifica forzata della riforma.

Restare in azienda oltre i 66 anni non è solo un problema di fatica fisica o di stanchezza mentale in molte attività. Soprattutto non è sufficiente, come pensano gli esperti,  farsene una ragione per chi pensava vicino il traguardo.

Ti devono anche volere.

Non basta rassegnarsi ad essere sopportati per anni. Un effetto collaterale della riforma Fornero è proprio quello non aver considerato una situazione già presente.

Merce preziosa per i cosiddetti populisti che, sventolando il tema, hanno trovato orecchie attente non solo da chi si è sentito mettere in discussione un diritto a pochi metri dal traguardo.

C’è un malcontento profondo e diffuso che andrebbe affrontato sul piano culturale dalle imprese, nei contratti nazionali per introdurre strumenti nuovi e nella contrattazione aziendale soprattutto  delle grandi imprese per gestire con maggiore intelligenza e sensibilità, attraverso sperimentazioni,  un fenomeno che è destinato ad aggravarsi negli anni.

E questo lavoro dovrebbe farlo proprio chi  è convinto che quella riforma è stata utile e importante per il nostro Paese.

È necessario affrontare insieme gli effetti collaterali della Fornero perché questo contribuirebbe a cambiare una mentalità che già aveva fatto seri danni ben prima della riforma stessa.

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Una risposta a “Gli effetti collaterali della riforma Fornero.”

  1. Bellissimo articolo che mette a “fuoco” la legge Fornero,
    non basta che il governo dica: “togliamo le pensioni e arrangiatevi”
    si deve tenere conto di tutte le cose scritte in questo articolo.

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