Essere un passo avanti ai propri associati. Non a fianco né alle spalle. Non serve, oggi, alimentare il malcontento o limitarsi a condividere i contraccolpi della crisi.
Una grande organizzazione di rappresentanza sa che è la sua capacità propositiva a fare la differenza. Una capacità propositiva che deve essere concreta, utile, realizzabile ma anche in grado di proporre una visione. Purtroppo non è sempre così.
C’è chi si rassegna ad un lento declino, chi si accontenta dei riconoscimenti del sistema politico, chi si nasconde dietro leadership spesso autorevoli ma sempre più in difficoltà a comprendere i grandi cambiamenti in corso.
La crisi e i conseguenti tentativi della Politica di darsi nuove forme e contenuti stanno terremotando un Sistema che nel 900 aveva trovato il suo apogeo. Oggi, a ridosso delle elezioni, le analisi si sprecano.
Il dato però con cui bisogna confrontarsi è che da una parte c’è un modo di intendere la politica assolutamente tradizionale, non solo in Italia, che lo riduce inevitabilmente alle condizioni della Kodak all’apparire della fotografia digitale: insufficiente e impreparata ad affrontare il nuovo che avanza e dall’altra movimenti di protesta, di cambiamento e di resistenza che traggono la loro ragion d’essere proprio dal disorientamento che accompagna un cambio di paradigma come quello in corso.
“Se Atene piange, Sparta non ride” verrebbe però da pensare se allarghiamo la visuale. Perché, a mio parere, questo disorientamento è destinato ad attraversare tutti i contesti organizzativi costruiti nel secolo scorso nei quali le persone si sono identificati per idealità, interessi o comune sentire e si sono associati per condividerne idee e proposte.
Per alcune di loro la realtà bussa già oggi alla porta spingendone la parte più sensibile a lasciare la propria zona di confort organizzativo per affrontare il mare aperto del cambiamento e dell’innovazione. Con tutti i rischi conseguenti.
È il caso di Federmeccanica. Il documento presentato a Vicenza ha tutte le caratteristiche per innescare un cambiamento vero, profondo, importante nella cultura delle imprese. Non solo di quel settore. E quindi di proporre nuovi confini al rapporto tra capitale e lavoro e, di conseguenza, nelle relazioni industriali. Una sorta di via italiana al coinvolgimento e alla partecipazione.
Il documento parte da un paradosso e propone un percorso. Il paradosso evidente di “un Paese nel quale convivono da sempre tanto la più elevata e diffusa simbiosi tra imprenditori e collaboratori, quanto il pregiudizio nei confronti del capitale” e il percorso proposto è quello di mettere al centro il lavoro trasformando il lavoratore da “dipendente a intraprendente” come presupposto per “creare valore in maniera condivisa”.
Federmeccanica sa di esporsi a numerose critiche e a molti rischi però tira dritto alzando la posta dopo aver firmato un importante contratto nazionale di categoria.
Adesso l’obiettivo (che dovrebbe essere colto da tutto il mondo della rappresentanza) non può che essere quello di lavorare per mettere a punto una nuova cultura organizzativa, imprenditoriale e professionale in grado di rigenerare la competitività a tutti i livelli del nostro sistema-Paese..
E tutto questo lo si può fare solo “Insieme”.
Imprenditori e lavoratori, organizzazioni di rappresentanza, istituzioni pubbliche, ecosistemi di filiera. E in prospettiva tutti coloro che a monte, a valle e dentro l’impresa ne contribuiscono al successo.
Federmeccanica, e non poteva essere altrimenti, ha compreso che il cambiamento in corso nelle imprese nel lavoro non è gestibile con gli strumenti contrattuali e organizzativi che proprio essa stessa aveva contribuito (forse più di altri) a costruire nel secolo che abbiamo alle spalle.
Schematicamente è possibile prevedere in un futuro sempre meno lontano, anche grazie alla tecnologia, un modello di lavoratore che diventerà sempre più autonomo nella gestione del suo tempo, del luogo dove prestare il suo lavoro, nella costruzione delle relazioni necessarie con gli altri lavoratori per realizzare gli obiettivi assegnati.
Un lavoratore quindi fondamentale per la sua azienda che, a sua volta, tenderà a sviluppare politiche di retention, di welfare, di inquadramento e di riconoscimento del contributo al risultato, particolarmente innovative.
Per fare questo diventa sempre più determinante sviluppare rapporti collaborativi che promuovano il coinvolgimento e la personalizzazione pur in un contesto collettivo superando i limiti del contrattualismo di marca fordista.
Dall’altro, pur con tutte le gradazioni possibili, un secondo modello di lavoro che continuerà a perdere valore sia per effetto della concorrenza low cost di altri Paesi sia per la sua potenziale sostituibilità, comprendendo in questo segmento, anche quella parte del mondo dei servizi dove l’economia dei cosiddetti “lavoretti” tenderà a espandersi notevolmente.
Senza ovviamente scordarsi che la lunghezza e le ricadute della fase di transizione tra vecchio e nuovo modello non possono essere lasciate esclusivamente sulle spalle delle singole imprese e dei lavoratori.
Su tutto questo si apre una partita molto delicata e interessante anche per le organizzazioni sindacali se, a loro volta, sapranno e vorranno cogliere la sfida..
Questo importante documento testimonia che la firma del contratto nazionale dei metalmeccanici da parte di Federmeccanica non era stata né forzata né casuale. E che, quella firma, indicava ai propri associati un percorso preciso e conteneva, al proprio interno, una ambizione e una necessità.
L’ambizione di collocarsi un passo avanti alle imprese con una proposta organica che indica una via all’intero settore e la necessità di trovare interlocutori che condividano l’impegno e lo sforzo necessario.
Sotto questo punto di vista non è un caso che questo documento esca da una Federazione e non da una Confederazione. E questo vale anche per le organizzazioni sindacali.
La vicinanza alle imprese e al lavoro, la conoscenza e la condivisione dei problemi concreti e la necessità di rispondere rapidamente alle esigenza dei propri associati rendono le federazioni più sensibili e reattive ad un contesto socioeconomico in continuo movimento.
Per molte imprese e per molti lavoratori i cambiamenti necessari e individuati in questo documento sono indubbiamente già in atto.
Adesso tocca all’insieme delle organizzazioni di rappresentanza dimostrare di saper cogliere la novità e di rilanciare sui contenuti. Anche perché, questa sfida, non riguarda solo i metalmeccanici.