Se lasci in mano ad un bambino una pistola carica rischierà di farsi male ma rischierà anche chi gli sta intorno. È quello che sta succedendo in commissione attività produttive sulle domeniche e sulle festività.
Dopo 40 audizioni di rappresentanti più o meno autorevoli del commercio, del sindacato e dei consumatori dal cilindro è uscito un pasticcio incredibile che se messo in pratica metterebbe definitivamente in crisi un settore che ne ha già di suo.
Ma perché siamo arrivati a questo punto? La risposta è semplice. I 5s non sono alla ricerca di soluzioni utili al Paese o in grado di rimetterlo in moto. Chi lo pensa è completamente fuori strada.
Dalla TAV all’Eco tassa, dal decreto dignità al reddito di cittadinanza, dall’avversione alle grandi opere alle multinazionali fino a quella nei confronti della Grande Distribuzione se ne può trarre una strategia molto chiara. Rispondere alle proprie costituency elettorali, trasformare ogni modesto risultato in atto simbolico/ideologico infischiandosene degli inevitabili effetti collaterali.
Davanti a questo modo di fare nulla è negoziabile. O si vince o si perde.
Le organizzazioni di rappresentanza (chi più chi meno) hanno pensato possibile trascinare questi interlocutori in logiche novecentesche dove tentare di riportarli a miti consigli. Ma quando gli interlocutori privilegiati sono i COBAS oppure estremisti di vario conio il punto di arrivo è sempre vicino al punto di partenza.
Dopo sette anni di liberalizzazioni riportare indietro l’orologio comporterà un prezzo molto alto. Per l’occupazione, per le abitudini dei consumatori e per i conti delle imprese.
Certo le imprese non sono tutte uguali. Alcuni settori pagheranno di più, altri di meno. Alcuni ci guadagneranno addirittura. Altri speculeranno sulle crisi altrui. Il dato certo è che questo provvedimento non porterà a nulla. Solo penalizzazioni per tutti.
Avremo pizzerie chiuse nei centri commerciali e aperte altrove; aziende che potranno vendere mobili ed elettrodomestici come e quando vogliono e altre che, vendendo solo elettrodomestici, saranno chiuse. Piccole attività del commercio, dell’artigianato e dei servizi penalizzate pesantemente, altre, no. Ritorneranno in campo le regioni con tutte le conseguenze negative che chi ha buona memoria ricorda.
I sindacati che in questa vicenda stanno tenendo stupidamente la testa sotto la sabbia pensando di lucrare un futuro posto a tavola si ritroveranno spiazziati tra lavoratori con contratti diversi ai quali, i provvedimenti in discussione, porteranno risultati opposti.
Ultimi ma tutt’altro che ultimi, i consumatori. Nessuno né tra gli estensori della proposta né tra la stragrande maggioranza delle associazioni che hanno partecipato al festival delle audizioni è mai stato in un centro commerciale o in un outlet la domenica o nelle festività. Quando sento dire che gli acquisti potrebbero essere fatti durante la settimana capisco che abbiamo a che fare con valutazioni superficiali quanto inutili.
La domenica è il secondo giorno per vendite della settimana per molti comparti merceologici, per gli outlet è sicuramente la ragion d’essere; un centro commerciale è soprattutto un luogo di divertimento e di svago dove poter anche fare acquisti. Può non piacere a molti ma è così. E i suoi frequentatori sono delle classi medie o meno abbienti.
La dimensione delle centinaia di negozi installati è spesso di piccola taglia. Aperti molto spesso contraendo debiti e sulla garanzia di poter lavorare 7 giorni su 7. Il personale che lavora la domenica o nei punti vendita aperti h24 è costituito spesso da lavoratori di difficile inserimento lavorativo in realtà più strutturate. È incredibile come questi problemi possano essere stati sottovalutati.
Di fronte a questa superficialità la GDO non può non ribellarsi. Semmai è incomprensibile l’esasperato tatticismo delle associazioni che non si rendono conto di quanto il vento sia cambiato. Senza le “madamine” di Torino la TAV sarebbe già stata archiviata. Solo la loro determinazione e la loro capacità di trascinamento ha contribuito a cambiare il corso degli eventi.
Senza una forte presa di posizione che unisca imprese, lavoratori e consumatori anche il tema delle festività e delle domeniche verrà archiviato in breve tempo. I 5S vogliono voti e risultati da utilizzare nella loro comunicazione.
E’ ora di dire basta.
Un giorno, forse, si potranno trovare intese o compromessi praticabili. Una cosa però deve essere certa. Oggi questo spazio non c’è. L’accordo si può trovare se le regole sono semplici, uguali per tutti e guardano al futuro del settore. Se danneggia il comparto, l’occupazione e gli investimenti e spinge verso una crisi più profonda le aziende già in difficoltà è solo da respingere con forza.