Un fatto accadutomi recentemente mi ha spinto a riflettere sulla differenza tra i populisti che alimentano odio e rancore verso chiunque e chi cerca comunque di ricomporre questa frattura sociale perché ha ben capito che non porta da nessuna parte.
Ho lanciato nel mio blog un tema a me caro: le aperture domenicali (http://bit.ly/2ErlBgr) a cui ne è seguito un dibattito molto partecipato. Rilanciato su FB da un vecchio amico oggi sindacalista della FILCAMS CGIL (Vito Carchia) con lo scopo di permettere l’allargamento del confronto e della discussione è stato stoppato da un intervento a gamba tesa di un ex operaio della Breda oggi in pensione.
Rivolgendosi al sindacalista ha chiesto a muso duro:”Ma Vito, quel signore che tu hai rilanciato e che parla di aperture domenicali non mi sembra che lavori come magazziniere alla Esselunga?” Sottintendendo che, a suo parere, quegli argomenti dovevano essere proposti e trattati “solo” dai lavoratori del settore o chi sta dalla loro parte e che quindi non possono che essere contrari alle aperture domenicali.
Era visibilmente contrariato che un sindacalista della FILCAMS CGIL rilanciasse un intervento che in qualche modo potesse convincere qualcuno. Credo si aspettasse una mia risposta piccata a difesa del mio buon diritto ad esprimere un opinione per poter finalmente litigare con un “avversario”. Ho capito subito che stava ponendo una immaginaria riga in terra; o di qua o di là.
La sua tesi era molto semplice. Solo un magazziniere Esselunga avrebbe potuto esprimersi sulle domeniche. Ed era francamente meravigliato che un sindacalista di strada aprisse la porta a interventi potenzialmente pericolosi.
Vito Carchia è, da sempre, un sindacalista onesto e navigato. Intransigente sulle sue convinzioni ma aperto al confronto. Non è un caso estremo. I sindacalisti di strada sono generalmente così. Nessuna differenza tra CGIL, CISL o UIL. Poca ideologia, tanta voglia di risolvere i problemi. Soprattutto quando loro, e non altri, sono gli unici che possono adoperarsi per una soluzione.
Gli “ultimi” e i “penultimi” non si rifanno a filosofie particolari. Quando incappano in un problema qualsiasi di lavoro, salute, figli, bollette improvvise da pagare, rare di mutuo o affitto in una CIG improvvisa e via discorrendo, sono nei guai. Basta poco per trovarsi in difficoltà. Un sindacalista che aiuta a trovare una soluzione può fare la differenza. E i sindacalisti spesso vivono in mezzo a loro. Insieme alla Chiesa. E pochi altri.
Certo non c’è più la “Classe” con i suoi valori e il suo senso di appartenenza e spesso neanche la dignità di un tempo che teneva dentro i confini della propria famiglia i problemi. Il rancore e l’invidia sociale covano sotto la cenere. È inutile negarlo. E sono indirizzati verso il vicino di casa, il diverso, lo straniero.
In Comune a Milano, ieri, una dipendente che reggeva l’assalto dei cittadini in un giorno di normale disservizio causato dallo sciopero dei COBAS invitava a prendersela con gli “extracomunitari” che riempiono di richieste gli uffici comunali togliendo spazio e tempo ai milanesi.
E’ un clima che non si recupera facilmente e che crea una incomunicabilità anche all’interno dello stesso ceto sociale dove le differenze spesso sono minime. Ma un conto è alimentare o cavalcare questo rancore un altro è ricomporlo laddove ha senso ricomporlo.
Vito Carchia è un sindacalista serio e ha risposto con pacatezza all’ex lavoratore incazzato per la mia semplice presenza nel post. “Marzio, Mario Sassi è un professionista serio e i suoi articoli hanno proprio il senso di dare informazioni utili a chi vuole approfondire. Poi ci dovrebbero essere altrettante occasioni di approfondimento da parte delle parti sociali. Spesso non ci sono o non sono fatte circolare.” E’ bastato questo per incanalare la discussione su binari accettabili. Non certo per far cambiare idea all’ex operaio della Breda!
Personalmente credo che la differenza stia proprio qui. Da una parte chi vuole partire dalla realtà, comprenderne il disagio e trasformarlo in una possibilità di cambiamento e dall’altra chi di quel disagio non sa che farsene e allora lo strumentalizza per ingaggiarlo con altri fini. Fortunatamente nel Paese ci sono tanti sindacalisti come l’amico Vito Carchia. Non penso tanto alla possibilità che ha dato al mio articolo di essere letto nel campo di chi è contrario quanto all’aspetto educativo, tollerante, all’esempio costruttivo che ha dato a tutti.
Persone così, fortunatamente ce ne sono ancora molte e cercano di essere punto di riferimento con il loro esempio e con la loro attività quotidiana a tante persone che la crisi ha lasciato sole in mezzo si loro problemi. Questa credo sia la vera forza del sindacato confederale sul territorio. Ed è quella che, vista da un atro punto di osservazione, hanno perso i Partiti. Ed è il motivo, a mio parere, che garantisce la forza e la continuità delle confederazioni anche in tempi di disintermediazione.