Grande Distribuzione. Il gong è suonato. La vera partita è iniziata…

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Nel tennis si parlerebbe di un Ace favoloso quello portato a termine da Conad con l’acquisizione di Auchan. E’ una mossa intelligente e ben calcolata di un gruppo di imprenditori poco conosciuti ma nient’affatto sprovveduti. L’Italia, fortunatamente ne è ricca. Nella crisi della GDO e dei suoi formati hanno intravisto una grande opportunità di business. Hanno un ottimo direttore d’orchestra in Francesco Pugliese che ne esprime la sintesi perfetta ma dietro c’è la sostanza di chi vive tutti i giorni nei punti vendita. Imprenditori che volano basso stimati dai collaboratori e attenti alle esigenze dei consumatori.

C’è chi dice che Auchan non vedeva l’ora di andarsene da nostro Paese. Può anche essere però occorre  prendere atto che un’imprenditore francese abituato ad imporre il suo gioco alza le mani, sconfitto, dopo trent’anni di presidio del mercato italiano per sue precise responsabilità mentre oltre duemila piccoli dettaglianti italiani scommettono, attraverso le loro sei cooperative,  sulla loro capacità di intervento. E si rimboccano le maniche.

Questa importante operazione, però,  rischia di metterne in ombra un’altra altrettanto importante messa a segno da un’insegna che ha fatto della sperimentazione di nuove idee una vera e propria filosofia. Il Viaggiator Goloso, brand ombrello di UNES, è sbarcato a Berna in Svizzera. E’ probabilmente un test a cui potranno seguire ulteriori aperture in altre città europee. Etaly ha fatto da apripista ma non è la stessa cosa. Formato scelto e prodotti puntano anch’essi ad un Made in Italy di qualità ma a prezzi accessibili. Il cerchio si stringe, finalmente.

Le sfide che coinvolgono l’intera filiera sono sostanzialmente tre.

Concentrarsi e collaborare per essere più forti valorizzando così i prodotti italiani, accettare la sfida dei mercati internazionali, innovare per competere nell’ultimo miglio di casa nostra con i giganti della rete. Al centro il consumatore con le sue nuove esigenze e aspettative.

Conad ha scelto la prima strada scommettendo sulla necessità di presidiare ancora di più il mercato nazionale. Sarà una riorganizzazione complessa quella che attende Francesco Pugliese e la sua squadra. Troverà un management intermedio di ottimo livello seppur  disorientato da questa operazione. Troverà un sindacato e l’insieme degli addetti estenuati dalle inconcludenti ristrutturazioni degli anni passati. Troverà una cultura e un’organizzazione aziendale molto diverse da quelle di Conad. E’ una sfida che dovrà coinvolgere inevitabilmente tutta la filiera, i fornitori, le parti sociali e le istituzioni a tutti i livelli.

Mario Gasbarrino AD di UNES, con la sua decisione,  ha portato a Berna con sé almeno 350 piccoli produttori che, con i loro prodotti, troveranno una ulteriore possibilità di farsi conoscere e apprezzare. È la classica palla di neve che può trasformarsi in valanga anche perché Gasbarrino e la sua squadra sono apripista per vocazione.

È però nell’ultimo miglio che si gioca la partita più delicata per tutta la filiera.

E’ di questi giorni la notizia che Amazon, dopo aver cercato di intervenire direttamente in UK sta finanziando con 575 milioni di dollari Deliveroo per sostenerne innanzitutto l’espansione del suo team tecnologico presso la sede centrale. Il food e la sua gestione nella fase della consegna sono un’ossessione per Amazon. La stessa Glovo promette di consegnare qualsiasi oggetto, acquistato in qualsiasi negozio, sull’uscio di casa in meno di un’ora. L’ultimo miglio è dove si gioca la partita vera.

Ovviamente siamo solo all’inizio di un processo inevitabile ma la necessità di cambiare e di innovare non è più solo materia da convegni. Giorgio Santambrogio, AD di Vegè e Presidente di ADM lo sintetizza bene: “Oggi la concorrenza non è più solo tra insegne, ma a 360 gradi. È tra negozi fisici, ma anche tra negozi fisici e online o negozi multicanale, tra ristorazione e distribuzione, tra questi e il food delivery”.

Le insegne si concentreranno.  I centri commerciali dovranno ripensarsi per essere completamente diversi così come gli outlet. Dovranno integrarsi con il contesto perché il turismo commerciale dovrà fare da traino anche al territorio nel quale sono inseriti e dovranno essere sempre più centri di intrattenimento di nuova concezione. Assomiglieranno sempre meno a cattedrali nel deserto.

I negozi, pur nei diversi formati saranno più specializzati, sempre più showroom, temporary e, probabilmente, monomarca. “Chi fa un po’ di tutto non resisterà. Vincerà chi riuscirà a conquistare la fiducia dei clienti”, ha recentemente affermato l’AD di UNES.

C’è posto per tutti ma c’è quindi molto da fare e subito. Innanzitutto nella filiera cambiando linguaggi e atteggiamenti. Costruendo una vera collaborazione che si basi sulla fiducia tra partner. Gli interessi sono comuni e, nella globalizzazione, si affrontano insieme. Oggi sembra un‘ affermazione da ingenui sognatori.

Luigi Rubinelli, direttore di retailwatch.it lo ha recentemente ribadito: “Quella della fiducia (che è la base della collaborazione) è la ragione che dovrebbe governare tutte le filiere del largo consumo. Teoricamente si può fare, il problema è che poi subentrano le contrattazioni, le promozioni e il prezzo e il campanilismo imperante riescono a distruggere anche le più pallide cornici di fiducia che ogni tanto qualcuna cerca di costruire nel sistema IDM-GDO”.

Luigi Rubinelli ha ragione ma non possiamo non convenire  che la direzione di marcia è quella. In secondo luogo Politica e Istituzioni devono remare nella stessa direzione anziché limitarsi ad ipotizzare dannosi interventi sulle aperture festive. Devono sostenere il cambiamento e l’innovazione. E accompagnare l’intera filiera nella sua riorganizzazione. Altrimenti sarà una sconfitta per tutti. Anche perché i giganti del WEB giocheranno la loro partita fino in fondo.

Ma è solo un radicale cambiamento dei rapporti nell’intera filiera e l’innovazione che potranno consentire una competizione equilibrata. Non serve a nulla, come pensano alcuni,  mettere i bastoni tra le ruote per rallentarne  lo sviluppo in chiave protezionistica. Non è in questo modo che si otterrà un risultato positivo e duraturo.

È stato così anche nello scontro degli ultimi cinquant’anni tra grande e piccola distribuzione. Ha chiuso chi avrebbe comunque chiuso ed è rimasto in gioco chi ha accettato la sfida dell’innovazione. E non è un problema che riguarda solo la GDO. Anzi.

Dall’altra parte anche il mondo associativo si deve svegliare. Guardarsi meno l’ombelico e lavorare per consentire ai rispettivi associati di crescere in questo contesto dovrebbe  essere la loro  missione. La difesa dell’esistente non funziona più. Occorre un salto culturale e generazionale perché la partita è già iniziata. 

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