Oggi purtroppo è il tempo delle polemiche, delle rigidità e delle accuse reciproche. Per queste ragioni, Il 30 di ottobre, al MISE, andranno probabilmente in scena due verità.
Da una parte i rappresentanti di Conad che ribadiranno il senso strategico di questa operazione. Il sogno di creare un grande gruppo italiano sulle ceneri della “fuga” della multinazionale francese, la convinzione profonda nel successo del loro modello imprenditoriale, i tempi e i contenuti di un progetto che contiene evidenti rischi ma anche enormi potenzialità. E che se, messi in condizione di fare e supportati, le conseguenze sull’occupazione potranno essere gestibili.
Dall’altra i sindacati di categoria che si devono misurare con la realtà e con la preoccupazione che il costo di questa importante avventura imprenditoriale possa comportare conseguenze pesanti sulle persone, sui loro diritti, sulle loro condizioni economiche e quindi sul loro futuro.
Due verità, al momento, di difficile composizione.
Nella visione di Conad le persone di Auchan potranno essere rioccupate al “massimo possibile” solo se l’operazione raggiungerà i suoi obiettivi nei tempi e nelle modalità ipotizzati. Nell’insieme dell’universo Conad, in altre realtà del comparto interessate all’acquisizione di singoli PDV in sovrapposizione con la loro rete e infine altrove attraverso gli strumenti che potrà e dovrà prevedere l’accordo stesso.
In questa visione è evidente che non ci sono automatismi certi per le persone. C’è un mercato con cui fare quotidianamente i conti, c’è un piano industriale, c’è la convinzione di potercela fare ma non ci sono garanzie per nessuno a prescindere dai risultati attesi. Né per gli imprenditori associati, né per i lavoratori coinvolti.
I primi saranno comunque chiamati a sostenere di tasca propria tutti i contraccolpi e le contraddizioni che potrebbero verificarsi, i secondi a condividere, nel bene o nel male un percorso lungo e complesso indispensabile per mettere in sicurezza il loro posto di lavoro.
Nell’impostazione di Conad, nulla è dato per scontato, né coperto da garanzie. Una multinazionale ha lasciato sul campo diciottomila persone rilocalizzandosi altrove mentre una realtà italiana si è proposta come perno centrale di un possibile rilancio condizionato però da una serie di convenienze, di fattori economici, sociali e politici. La rudezza, al limite della temerarietà, con la quale hanno affrontato i fornitori ex Auchan è un segnale evidente della complessità della situazione, delle contraddizioni insite nel piano di recupero e di ciò che attende chi è seduto a quel tavolo.
C’è poi un convitato di pietra, Auchan, che ha delle pesantissime responsabilità sulle “sue” persone e che non dovrebbe essere considerata, come sembra oggi, fuori dalla partita solo perché ha chiuso un accordo sul business propedeutico alla sua ritirata dal Paese. C’è un carico morale, economico e sociale che grava su quell’intesa che coinvolge persone in carne e ossa (queste si, oltre le cose) che vanno spiegati, capiti e condivisi. E questo passaggio non è ancora stato compiuto né con le organizzazioni sindacali né con le istituzioni. E nemmeno con i diretti interessati.
Continua ad esserci un deficit di comunicazione e di assunzione responsabilità che non possono essere scaricati sugli interlocutori sociali. Ognuno deve fare il proprio mestiere. È evidente che qualcosa non ha funzionato fino ad oggi nella gestione del negoziato. Altrimenti un’intesa, seppur di carattere generale, sarebbe almeno abbozzata. E questo equivoco rischia, purtroppo, di continuare.
Dall’altra parte del tavolo i lavoratori e le loro rappresentanze. UGL ha deciso di accettare la sfida e ha investito la propria credibilità sul successo dell’operazione. Io non sono per banalizzarlo. È una scelta da rispettare. Nessuno la può accusare di “intelligenza con il nemico”. Lo testimoniano la storia dei rapporti, lo scarso peso organizzativo di quest’ultima nelle realtà Conad ed Auchan, lo stesso disinteresse che questo accordo ha suscitato tra i lavoratori coinvolti. Quindi nulla di risolutivo. Anzi.
Per Fisascat, Filcams e UILTuCS è indubbio che la partita che devono affrontare è ben diversa. Non ci sono solo in gioco le conseguenze e le prospettive di migliaia di persone. C’è in gioco il loro radicamento nella realtà oggi in acquisizione, il prezzo che hanno pagato negli anni per consolidarsi in Auchan, la cultura che esprimono, il coinvolgimento emotivo di una generazione di delegati e attivisti che oggi si trovano di fronte ad una scelta che rappresenta, per certi versi, l’antitesi della loro storia.
Il passaggio da una grande azienda con i suoi vincoli ma anche con le sue regole del gioco ad una miriade di piccoli imprenditori ciascuno con la propria testa e approccio al lavoro sicuramente più ruvido.
E la rigidità formale su questi temi posta finora al tavolo negoziale non ha certo aiutato a superare i dubbi e le preoccupazioni. Ad oggi è un dialogo tra sordi. E questa non è una buona cosa.
Per l’azienda perché rischia di trasformare una operazione importante in una palude da cui diventa difficile uscirne nei tempi e nei modi previsti. Ma non è una buona cosa nemmeno per i lavoratori e i loro rappresentanti perché il rischio che si scateni una guerra tra poveri e che la situazione degeneri sul piano sociale non è poi così remoto.
Il giorno 30, dopo le recriminazioni di rito, occorrerà comunque ripartire.
All’azienda il compito di dire come stanno concretamente le cose. I rischi, le opportunità, i nuovi partner che potranno salire a bordo e gli impegni che devono essere assunti superando l’approccio formale quanto inconcludente che ha prevalso fino ad ora.
Ai sindacati il compito di comprendere la necessità, in questa fase, di creare le maggiori opportunità di lavoro possibile. Personalmente credo sia utile lavorare insieme in questa direzione.
Il resto viene dopo.
Mario, hai parlato di piano industriale, ma nessuno ancora da di cosa si tratta.
Non sarebbe stato meglio fare come in Sicilia? Cioè la vendita è stata effettuata dopo che Auchan aveva gestito gli esuberi e chi ha comprato, ha comprato solo ciò che gli interessava già al netto dei dipendenti in sovrannumero, sia nei supermercati che negli uffici. Mi sembra che siano rimasti fuori dal gioco solo 9 dipendi Sma Auchan che non hanno accettato gli incentivi all’esodo e che non sono stati presi in carico dal gruppo Arena. Del deposito e logistica ex Auchan chiuso non sono al corrente di come sono andate le cose.
Grazie per la tua cortese risposta.
Sono due operazioni completamente diverse. Conad ha probabilmente “dovuto” ritirare tutto perché Auchan non era disponibile a restare un altro anno o più e gestire in prima persona. Una multinazionale non può andarsene così. Conad a mio parere è interessata ad una parte dell’ex Auchan. Il resto dovrà essere ricollocato presso altre catene. O altrove. Il Piano industriale sarà presentato a breve.