È certamente una buona notizia. Confcommercio e Federdistribuzione riprendono formalmente a parlarsi. Informalmente il dialogo era iniziato da tempo. Non è un caso che sul lavoro domenicale la sintesi individuata andava bene ad entrambe. E’ un passo importante sia sul versante dell’interlocuzione istituzionale che su quello contrattuale.
Il patto di consultazione lanciato da Confimprese con Confindustria non poteva restare senza risposta. Federdistribuzione ha intuito la necessità di Confcommercio di uscire dall’angolo per recuperare sul piano associativo, la crisi di Rete Imprese Italia e quindi la possibilità concreta di ricostruire un percorso comune da una posizione paritaria. Senza dimenticare il percorso sulla certificazione della rappresentanza.
L’apertura di Confcommercio al rientro delle aziende della GDO associate a Federdistribuzione sia nel Fondo Est (assistenza sanitaria) che in Quas (assistenza sanitaria dei quadri) segnala un clima diverso dal passato. Se a questo aggiungiamo che Federdistribuzione e le sue aziende non hanno mai lasciato il CCNL dei dirigenti del Commercio e i suoi fondi contrattuali il quadro è ben delineato.
La Grande Distribuzione deve ripensarsi anche in termini di rappresentanza. La fine della fase espansiva tradizionale che ha contrapposto i grandi player con i piccoli è finita. Il comparto deve riflettere e non può certo farlo con quattro o cinque organizzazioni in campo in perenne concorrenza tra di loro che ne vantano a torto o a ragione la titolarità.
Così come l’inutile presenza di quattro contratti nazionali nel medesimo comparto. In epoca di contratti pirata e salario minimo con i riflettori sul lavoro povero del terziario e il part time involontario pensare di affrontare i prossimi rinnovi contrattuali con l’idea di rimettere al centro il costo del lavoro e il suo contenimento ulteriore non porterebbe da nessuna parte. Per questo ricostruire una massa critica comune sul welfare sanitario e previdenziale e investire sulla formazione e sulla crescita degli addetti del comparto sono certamente sfide da cogliere.
Federdistribuzione ha sempre portato un importante contributo nei rinnovi contrattuali della Confcommercio. E forse è arrivato il tempo di riprogettarlo insieme. Lo chiedono da tempo i sindacati confederali, lo chiedono le imprese e lo impone un comparto che sta affrontando la fine di un’epoca e l’inizio di una nuova fase dove dentro ci sono nuovi player, diverse modalità di offerta, il superamento dei vincoli di formato, le modalità di presidio del territorio, le tecnologie necessarie e le professionalità relative. E questo mentre alcuni player scompaiono o si ristrutturano e altri entrano prepotentemente in campo.
La rappresentanza oggi è completamente fuori gioco. Non solo quella datoriale. La vicenda Auchan/Conad è un po’ la cartina di tornasole. E siamo solo all’inizio di un processo che coinvolgerà pesantemente tutto il comparto. Confcommercio soffre la mancanza di una sua federazione specifica. Così come ha sofferto l’uscita di Federdistribuzione. Quest’ultima ha pagato anch’essa un prezzo evidente. In termini di peso politico, di interlocuzione istituzionale e di autorevolezza interna.
Questo accordo segnala quindi una volontà importante. Non è certo sufficiente. Oggi i confini della rappresentanza non corrispondono più a ciò che li contraddistingueva nel 900. Siamo ai titoli di coda di quel modello. Resistono a cambiamenti ben più profondi ma il tema è sul tavolo.
C’è un terziario da rappresentare in modo nuovo e non più ancillare all’industria, ci sono le filiere che non si fermano ai tradizionali confini associativi, ci sono nuovi soggetti che operano a livello globale e scavalcano vecchie culture nazionali. Lo stesso vale anche per gli stessi sindacati di categoria.
Per il momento però accontentiamoci di una possibile semplificazione del quadro di riferimento. O almeno di un percorso che può portare in quella direzione…
Come sempre un’analisi capace di descrivere alla perfezione il quadro che si sta delineando.
Mi domando solo a che punto potremmo essere adesso se non si fosse dovuto assistere alla nota “involuzione” che ha caratterizzato gli ultimi tempi della Confederazione.
L’impostazione manageriale precedente e la professionalità di chi ricopriva certi ruoli avrebbe senz’altro favorito la soluzione più logica in termini di efficienza e di rappresentatività, molto più di quanto possa accadere nell’attuale contesto.