Com’era prevedibile il sindacato di categoria è rimasto intrappolato nelle proprie rigidità. Non ce l’hanno proprio fatta a voltare pagina. Certo gli interlocutori aziendali non hanno aiutato ma i negoziatori sindacali non hanno compreso che si era ormai arrivati al dunque.
Il passato e l’illusione di poter resistere all’infinito sulle proprie posizioni hanno pesato a tal punto da impedirgli di andare a vedere le carte che l’azienda era disponibile a mettere sul tavolo per condividerle. Hanno preferito pretendere garanzie pregiudiziali quanto realisticamente impossibili anziché valutare le proposte di soluzione e il percorso individuato da Conad.
Lo si era già capito dalla recente intervista a Francesco Pugliese a Mark Up (http://bit.ly/2tjICP2) che i margini di manovra in questa fase del negoziato sindacale erano ormai strettissimi. Nella conferenza stampa di Milano l’AD di Conad è stato chiaro. I PDV che andranno a terzi non sono oggetto di asta come sarebbe stato interesse di un qualsiasi fondo di investimento incaricato di gestirne il futuro con l’obiettivo del massimo ricavo.
Le partnership sono scelte anche in base alla disponibilità o meno di farsi carico dell’occupazione relativa non solo per i sei mesi previsti dalla legge ma almeno per i 12 mesi successivi al passaggio. Lo stesso vale per i PDV in passaggio nel mondo Conad. Per quanto riguarda gli IPER, oggetto di profonda rivisitazione dal piano industriale, ai partner extra food interessati ad occupare quegli spazi verrà fatta richiesta analoga e, se presenti sull’intero territorio, verrà chiesta loro una disponibilità ad un contributo occupazionale complessivo. Infine Conad non si sottrarrà ad un’approfondimento a livello locale per uno sforzo ulteriore nelle regioni dove esistono particolari problemi occupazionali.
E’ rimasto quindi lo sciopero del 23 dicembre che suona più come un inutile accanimento terapeutico contro una realtà che ormai non c’è più che una mobilitazione in grado di far cambiare atteggiamento all’azienda subentrante.
E’ chiaro che siamo di fronte ad un’operazione veramente complessa che avrebbe bisogno della condivisione di tutti verso lo stesso obiettivo. Il sindacato, però, sembra aver deciso di stare alla finestra. Almeno in questa fase.
Conad, com’era prevedibile, proseguirà da sola nel suo percorso. Aprirà la mobilità in Lombardia per agevolare le uscite incentivate, continuerà il confronto con le regioni coinvolte cercando di superare lo stallo imposto dal passo indietro del sindacato. Pochi hanno compreso l’attuale situazione, la sua degenerazione, i rischi connessi ma anche la volontà del Consorzio ad individuare tutte le soluzioni che riducano l’impatto occupazionale.
Per quello che conta, io insisto. Per me l’obiettivo dovrebbe essere “zero esuberi”. Un obiettivo ambizioso ma possibile. Ed è su questo che il sindacato dovrebbe sfidare l’azienda. Difficile però pretendere l’impossibile.
La partita è però tutt’altro che conclusa. Il sottosegretario Stefano Buffagni in un recente incontro con i lavoratori dell’area milanese si è impegnato a sollecitare sotto traccia anche le aziende dell’universo Auchan e tutte le altre che andranno ad insediarsi nei diversi territori a farsi carico in quota degli esuberi che resteranno inevitabilmente al palo. In questo modo le eccedenze si ridurrebbero ancora di più.
Non andrebbe mai dimenticato che questa vicenda è partita con un numero di eccedenze ben superiore a quelli a rischio in Alitalia e si avvia alla conclusione con numeri tutto sommato gestibili. Certo sono comunque persone che non hanno alcuna responsabilità.
Sul massimo recupero possibile in ogni situazione possibile il sindacato, spero unitariamente, non dovrebbe far mancare la sua iniziativa. Che non è certo quella di oggi.
Non avendo interessi personali ho però sempre ritenuto che il percorso che Conad ha intrapreso con questa operazione fosse quello giusto. E continuo a pensarlo. Crescere e concentrarsi anche attraverso acquisizioni, radicarsi nei territori, innovare tecnologie e organizzazioni mettendo al centro il servizio al consumatore e diventare un grande hub per portare nel mondo i prodotti delle nostre imprese. Soprattutto i fornitori delle piccole e medie.
E poi, sinceramente, non ho mai amato lo snobismo di chi disprezza i piccoli imprenditori soprattutto quando si impegnano ad unire le proprie forze. Francesco Pugliese e i leader delle cooperative hanno dato loro un sogno pur nella difficoltà di metterlo a terra.
Ma un gruppo di queste dimensioni deve anche saper andare avanti e acquisire una visione e una filosofia di una grande impresa che sappia valorizzare ancora di più i propri collaboratori, ne garantisca la crescita professionale attraverso la formazione e lo sviluppo anche di relazioni sindacali collaborative e che contribuisca ad innovare diritti, doveri e tutele necessarie. Sperando sempre che dall’altra parte qualcuno ritorni protagonista costruttivo prima che sia troppo tardi.
Girando i vari social a proposito dello sciopero confermato dalla triplice si legge:
“Avanti con lo sciopero il 23 dicembre! Uniti per far valere i nostri diritti!
#vogliamolavorare #personeoltrelecose #6200esuberinograzie;
Nessun impegno di Margherita Distribuzione su ricollocazione lavoratori.”
La mia domanda è, ma perché non si mettono a lavorare, proponendo con l’aiuto dei sindacalisti del pubblico impiego, con l’aiuto di Barbagallo, Furlan e Landini. Chiedendo anche alle Regioni e Comuni posti di lavoro nell’ambito delle aziende partecipate.
Perché non si inizia a lavorare sui pensionamenti con incentivo all’uscita.
A cosa serve ostinarsi a chiedere una scrittura privata in cui si firmi che si assicura che nessuno verrà licenziato e che tutti avranno un lavoro garantito da Conad?
É anche vero che la triplice non si è mossa negli anni passati, se non per chiedere l’adeguamento monetizzato del contratto integrativo, del premio sul progresso. Pur sapendo benissimo che l’azienda era male amministrata già da 10-15 anni, sia Sma che Auchan. Perché non hanno denunciato all’opinione pubblica che con quei risultati si sarebbe andato dritti al default? Forse per mantenere l’occupazione e avere zero esuberi.
Da oggi faccio fatica a dare ragione all’ atteggiamento del sindacato.
Le notizie che di volevano sapere ci sono. Bisogna rimboccarsi le maniche e lavorare, anche con l’aiuto di tecnici, uffici del personale,etc. Affinché si arrivi vicino allo zero.