Recentemente mi ha colpito un tweet con una definizione interessante e centrata, a mio parere, sulla figura dell’imprenditore: “È il motore del sistema economico e il fulcro del progresso… sono persone che hanno visto possibilità dove altri non vedevano nulla, che hanno colto delle opportunità dove altri esitavano, che hanno perseverato quando altri rinunciavano”.
E questo è un aspetto poco considerato nella vicenda Conad/Auchan. Il ruolo, l’impegno e il sogno degli oltre 2500 imprenditori del mondo Conad di fronte ad una sfida di quelle dimensioni. Ad ascoltare il giudizio del sindacato di categoria c’è da preoccuparsi. Additati come personaggi inaffidabili, dediti allo sfruttamento, incapaci di un’idea moderna di impresa chiusi nel loro egoismo e refrattari ai diritti altrui. Una caricatura, certo, ma un sentimento diffuso che coinvolge il giudizio sull’insieme della piccola e piccolissima impresa del nostro Paese che conta milioni di piccoli imprenditori.
Se ad oggi non abbiamo un accordo sul passaggio dalla ex Auchan è perché, di questo modello imprenditoriale, si insiste a sottolinearne i limiti presunti, non i suoi punti di forza. Soprattutto, nel caso in questione, dove l’imprenditore, avendo ben compreso la sua solitudine, si consorzia anche per potersi permettere di ingaggiare manager di prim’ordine e dotarsi di strategie commerciali altrimenti precluse mettendo a fattor comune risorse ed esperienze.
La vera forza di Conad sono questi imprenditori con le loro contraddizioni, le loro ruvidità e il loro orientamento al risultato. Per una cultura passatista più legata agli schemi del 900 un modello da contrastare. Con la grande impresa e con le multinazionali sembra più facile. Quando qualcosa non funziona basta scaricare il conto sulla spesa pubblica.
Con i piccoli non è così. Diritti e doveri perdono la loro tradizionale simmetria e si devono misurare con la realtà tutti i giorni e il “padrone” è lì, impegnato in prima persona, gomito a gomito. E qui ce ne sono 2500. Ciascuno con la sua testa, i suoi problemi e i suoi limiti ma con la convinzione che questa operazione li proietterà inevitabilmente in un’altra dimensione economica e sociale e metterà sotto i riflettori, la loro capacità imprenditoriale individuale, la loro responsabilità, la loro volontà di essere parte di una grande squadra.
Conad non è solo Francesco Pugliese, Francesco Avanzini o Giuseppe Zuliani. Per citare tre manager che stimo e senza dimenticare tutti gli altri. Loro sono i manager ingaggiati per affiancare gli imprenditori ai vertici delle cooperative e per provare a vincere il campionato. Conad è però anche altro.
Ed è una squadra che deve avere la consapevolezza che dopo questa operazione sarà “costretta” a crescere e superare anche le proprie contraddizioni. Anche sul piano del riconoscimento del lavoro. Non c’è una grande azienda senza un’identità comune, una visione condivisa e una responsabilità sociale. Non c’è solo un claim centrato. Ci sono veramente “Persone oltre le cose”.
Dall’altra parte il sindacato di categoria che, indipendentemente dall’accordo finale che, a mio parere non potrà che esserci, è in difficoltà perché è completamente fuori sintonia in questo contesto. Ha un modello organizzativo, una interlocuzione di comparto e una cultura che non può funzionare se non evolve rapidamente.
Lo schema tradizionale obiettivo-lotta-risultato non incide su questa vertenza. Auchan è sempre stata una realtà di blanda sindacalizzazione e quindi molto facile da coinvolgere ma molto difficile da gestire sui tempi medio lunghi. Soprattutto in mancanza dell’unico obiettivo unificante: la continuità, pur a vario titolo, dell’azienda ceduta. Per questo il sindacato di categoria rischia la marginalizzazione nella nuova realtà che si sta formando.
Non c’entra nulla la dimensione dei punti vendita, i diritti acquisiti, il mantenimento o meno della contrattazione pregressa. O che i consulenti Conad si sono dimostrati ruvidi, intransigenti, supponenti e non fanno toccare palla, il Mise che non è più quello di una volta e Conad che ha una comunicazione esterna efficace che sovrasta quella sindacale ufficiale e ufficiosa. Se fosse così sarebbe molto più semplice.
Tolte le sedi che non hanno sbocco interno, e quindi i suoi occupati prenderanno strade diverse, una cosa è certa. Salvo che per il no food dove il know how Auchan è uno dei punti forti dell’acquisizione al pari dei PDV per Conad e degli immobili per Raffaele Mincione, l’azienda Auchan retail scompare dai radar e non lascia nulla in eredità della sua cultura e del suo passato.
Questo è un caso abbastanza unico nelle operazioni di merger & acquisition. Non resterà nulla. Per chi passerà nelle nuove realtà sarà come cambiare azienda. Porterà con sé le sue competenze e le sue capacità. Non la storia che si chiuderà con il passaggio di consegne. Per gli Ipermercati riorganizzati o per i PDV trasferiti in altre aziende della GDO o nelle cooperative Conad sarà una nuova avventura. Non ci saranno ex qualcosa. Ed è la prima volta.
Il sindacato, che lo accetti o meno, dovrà ripartire dall’accettazione di questa realtà. C’è una partita da chiudere definitivamente e un’altra da aprire. “Non è la specie più forte o la più intelligente a sopravvivere, ma quella che si adatta meglio al cambiamento”.
E questa operazione pur segnalando la distanza enorme tra due culture (quella sindacale rispetto a quella di Conad) costringe entrambe a guardarsi allo specchio. Perché nessuna delle due potrà restare a lungo prigioniera di sé stessa.
Io spero solo che mandano via i nostri responsabili da Auchan Porte di Catania
Il suo elogio all’imprenditore tutto lavoro e sacrifici ce lo poteva anche risparmiare. Sappiamo tutti benissimo che la forma cooperativistica consente risparmi fiscali notevoli. Inoltre non è che gli imprenditori Conad sono più “bravi”, piuttosto mamma Conad comunica meglio, bombardandoci con tonnellate di spot televisivi e radiofonici. Se poi parliamo del costo del carrello medio lasciamo proprio perdere, non aggiungiamo altro.
La migliore “capacità comunicativa” esterna di Conad rispetto ai sindacati passa prima per il suo enorme peso economico nel mondo della moderna comunicazione, che in maniera più o meno evidente è in grado di influenzare. Sta di fatto che se non ci fossero stati gli scioperi dei lavoratori di ottobre e dicembre quasi nessuno si sarebbe accorto dell’operazione, perché nessuno per mesi e mesi ne ha parlato, né la carta stampata né le televisioni! E Conad avrebbe portato a termine l’acquisizione con maggior sacrifici per i lavoratori e maggiori ricavi per se stessa. E non ci sarebbe stato bisogno neanche dei suoi “editoriali”.
Quindi non vada a dire che il ruolo dei sindacati in questa vertenza è inutile o anacronistico, non a noi lavoratori ex Auchan.
Cordialità.
Contento lei, contenti tutti.
L’ azienda Auchan retail scompare dai radar e non lascia nulla in eredità della sua cultura e del suo passato. Di questo, purtroppo, siamo contenti anche noi esuberi delle sedi. Non sono d’accordo però dove si dice che non avremo uno sbocco interno e quindi dovremo a malincuore scegliere un’altra strada per poter continuare a svolgere il nostro lavoro. Qui la BDC, che si dice aver avuto fortuna ad acquisire il pacchetto intero, dovrebbe un attimo fermarsi a riflettere sul suo travolgente cammino verso il business e chiedersi se non è il caso di guadagnare un po’di meno del previsto ed essere solidali con chi ha lavorato onestamente e senza arricchirsi per la società che si sono aggiudicati. Di sbocchi interni ce ne potrebbero essere a centinaia suddivisi tra tutte le società di servizi satelliti di ognuna delle 5-6 coop.ve. Si parla di società di amministrazione, finanziarie, servizi tecnici, servizi legali,etc. Ebbene noi esuberi abbiamo tutte queste professionalità e stiamo aspettando di essere chiamati perlomeno a dei colloqui. Il lavoro nelle coop.ve sta aumentando giorno dopo giorno e non vorrei fossero chiesti ai dipendenti attuali di fare straordinari e lasciare la nostra esperienza ad aspettare la cassa integrazione.
Quello che ho potuto constatare in questi primi 15 gg di lavoro in Conad è che nei ruoli di responsabilità (e non mi riferisco solo all’imprenditore ma anche ai vari responsabili e specialisti) ci sono persone di livello molto più alto rispetto a quella che era la media Auchan degli ultimi anni. Pragmatismo, reattività, senso pratico, velocità, senso commerciale, orientamento al cliente e non all’apparenza #salvapoltrona (diventato il vero tarlo di Auchan che lo ha logorato dall’interno). Questi giorni di pre-apertura mi hanno riportata indietro di 20 anni a quando in Auchan si lavorava per il cliente e non per compiacere il proprio superiore. Il divario è più che evidente e conferma l’assoluta mancanza di futuro per auchan che, con quel mindset, non ha alternativa all’oblio. E meno male!
A te xche’ ti è andata bene parli così ma occhio….occhio che la ruota gira e prima o poi….
Siamo tutti criceti. Tocca a tutti farla girare. La ruota. Chi prima, chi poi.