Nelle vertenze sindacali, specialmente in quelle dure e complesse, si affacciano sempre personaggi particolari. Novelli Savonarola che balzano improvvisamente sotto i riflettori della rete che a volte ne amplifica ruolo e peso. Ovviamente si nutrono esclusivamente di negatività. Non tifano affinché le cose vadano necessariamente male. Ma, in base ai riflessi condizionati che li guidano, ne registrano solo gli aspetti negativi.
In genere sono ex dipendenti, manager accantonati, sindacalisti periferici. Alcuni addirittura dell’azienda acquirente magari messi da parte in passato. Diversi sono pure in buona fede. Altri si sono rapidamente scordati di essere stati, fino a qualche mese indietro, con la lingua attaccata alle chiappe di chi ha causato la situazione nella quale si trovano oggi e che denunciano con veemenza. In rete, con gli pseudonimi, c’è da aspettarsi di tutto. Anche qualche dipendente interno veramente spaventato dalla situazione. Ma, in questo caso, generalmente lo si capisce immediatamente.
Questi personaggi non hanno un grande seguito, cavalcano le ansie e le preoccupazioni altrui spacciandole per proprie. E, in genere, non parlano mai a titolo personale. Si ergono a rappresentanti del popolo. Non importa quanto pesano concretamente. Il loro lamento è ovviamente “condiviso” dall’insieme dei lavoratori.
Usano il “noi” come arma impropria. Non parlano mai in prima persona. I toni utilizzati sono quasi sempre tragici per fare presa. Hanno però una data di scadenza. Scompaiono appena la vertenza rientra nei classici binari che conducono ad un accordo sindacale. Bello o brutto che sia. Anche quando l’accordo sottoscritto rappresenta, come sempre, una onesta mediazione e non la resa incondizionata della controparte.
Mi hanno sempre incuriosito perché, pur non contando assolutamente nulla, non amano il dialogo ma accusano chi sostiene tesi diverse dalle loro, di essere o disinformato o al soldo dell’avversario. In rete comunicano esclusivamente tra di loro. Hanno pochi follower e, per questo, cercano di utilizzare quelli del loro interlocutore per fare i loro modesti comizi.
C’è chi le definisce “mosche cocchiere”. Termine preso da un’antica favola di Fedro che racconta di una mosca che, posatasi sulla testa di un mulo che trascinava un carro con un cocchiere alle redini, crede di esser lei a guidare il carro. Il mulo però le ricorda che entrambi sono guidati da ben altro potere, a cui entrambi obbediscono.
E questo potere, fuori da metafora, è la realtà dei fatti. Che queste persone generalmente sottovalutano o negano. L’arma utilizzata da loro è la caricatura a tinte fosche della controparte. L’obiettivo, più sono deboli e inconsistenti è la sua delegittimazione.
L’avversario è truce, opportunista, speculatore. Se poi si occupa di immobili è certamente un poco di buono. Ovviamente non si rendono conto della complessità della situazione ma si lamentano in continuazione che le armi da loro utilizzate sono quasi sempre spuntate. E allora immaginano complotti.
Media, politica, istituzioni sono, a loro giudizio, al servizio o succubi del “nemico”. Se vanno in televisione e fanno pena, la colpa è del conduttore. Se partecipano ad uno sciopero ne moltiplicano i partecipanti. Per loro ogni trattativa si conclude con un passo indietro.
In genere si nascondono dietro o dentro il sindacato cercando di condizionarne l’azione. Difficilmente ci riescono. Ho già scritto che mi ricordano i cosiddetti “dog soldiers” pronti ad entrare in azione quando i capi indiani, stremati, firmavano gli accordi di pace con le giacche azzurre. In ogni vertenza emergono sempre. In genere rappresentano un problema esclusivamente per i sindacati quando si arriva alla stretta finale.
Personalmente preferisco “bloccarli”. Discutere con loro non serve a nulla e non è affatto prova di democrazia. Pensarla diversamente da loro significa essere al soldo del loro “nemico”. Non pesano le loro parole, l’ignoranza li spinge ad accuse che meriterebbero una querela immediata. Con me non attaccano.
Ciascuno di noi esprime liberamente le proprie idee dove meglio crede. Io lo faccio in rete rivolto ad un pubblico che mi sono costruito in molti anni fatto di professionisti, manager, giornalisti, sindacalisti, amici. Io non sono un giornalista. Analizzo i fatti filtrandoli con la mia esperienza da manager. E la metto a disposizione. Le persone scelgono di seguirmi o di non seguirmi in base a quello che scrivo. Non lo faccio per soldi. Lo faccio perché sono convinto che può essere utile. La moltiplicazione dei lettori del blog è lì a dimostrarlo.
Se i commenti (favorevoli o contrari) rientrano nella mia netiquette (insieme di regole informali che devono disciplinare il comportamento di un utente nei miei post sul web) non c’è alcun problema. Se non li ritengo in linea per contenuti e pacatezza li elimino perché li ritengo inutili. Non è obbligatorio leggermi.
Nella vicenda Conad/Auchan in nove mesi e con una trentina di post all’attivo avrò eliminati 5 o 6 disturbatori su migliaia di lettori e centinaia di commenti spesso contrapposti ai miei. Non molti, devo dire. Continuerò a farlo.
Soprattutto adesso che credo stiano maturando le condizioni per un accordo. Gli argomenti sono sul tavolo, le distanze pur presenti possono essere ridotte. Ed è per questo servono i negoziati. Altrimenti basterebbero i fax.
Buonasera Mario, ho visto il video del segretario generale di Ancd-Conad, Sergio Imolesi, in audizione alla commissione Attività produttive della Camera sugli sviluppi dell’acquisizione del gruppo Auchan.
Molto interessante il passaggio sui ricollocamenti degli esuberi ex Auchan con la collaborazione delle regioni Marche e Lombardia. Inoltre la creazione di un team di risorse umane misto ex auchan-conad che opereranno dai primi di marzo fino a fine anno è un segnale molto positivo per chi come me non ha nessuna intenzione di vivere con i soldi pubblici della cassa integrazione o della Naspi.
Cercheranno di fare incontrare la domanda con l’offerta di impiego, in base alle professionalità e alle necessità territoriali delle sedi e dei Superstore. Ci tengo ad evidenziare che negli Spazio Conad che verranno aperti nei Superstore e Ipermercati ridotti non c’è spazio solamente per esuberi degli iper stessi, ma anche per impiegati delle sedi. Detto ciò, basta polemiche e buon lavoro ai Sindacati e a Conad-Wrm(PWC)che il 22 febbraio usciranno sicuramente con un accordo di massima dall’incontro di Bologna.
Non so se il 22 sarà sufficiente. Ma spero che cambi l’aria. Ne avete bisogno tutti.