L’obiettivo che si erano prefissi un gruppo di lavoratori circa tre mesi fa è stato raggiunto. Oltre 32.500 firme raccolte per chiedere un coinvolgimento delle aziende del gruppo Auchan ancora presenti in Italia nell’offrire opportunità occupazionali alle persone che rischiano il posto di lavoro a seguito della “fuga” della multinazionale francese del retail dal nostro Paese.
Con circa 50 miliardi di euro di fatturato, una presenza in 16 paesi e 300 mila dipendenti l’azienda di Villeneuve-d’Ascq, vicino a Lille nel profondo nord della Francia di proprietà del gruppo più familistico del capitalismo francese, la famiglia Mulliez, su cui comanda di fatto ancora l’ultra ottantenne Gerard Mulliez a capo dell’Association Familiale Mulliez (1.300 tra figli, nipoti, cugini e cognati) mantiene in Italia, un perimetro di attività economiche di tutto rispetto.
L’emergenza del Coronavirus tiene purtroppo lontano l’interesse dell’opinione pubblica e delle istituzioni e questo non aiuta ma, questa iniziativa, fuori dagli schemi classici delle tradizionali vicende sindacali segnala comunque la volontà di mantenere una pressione anche sul gruppo francese, sulle sue responsabilità e sulle opportunità di lavoro che è in grado di offrire indipendentemente dalla vicenda legata alla cessione dell’azienda.
La petizione (http://bit.ly/39bHbST) è molto chiara ed è stata recapitata a tutti i potenziali decisori coinvolti in questa operazione e alle istituzioni. Per evitare equivoci di sorta è evidente che ci sono due piani molto diversi tra di loro su cui poter agire. Il primo è quello legato alla cessione a Conad dei punti vendita Auchan. Con la vendita le obbligazioni nei confronti del personale sono passate a BDC, oggi Margherita distribuzione, quindi nulla può essere contestato sul piano formale ai francesi. Gli obblighi sono totalmente in carico all’acquirente italiano.
Ci sono però aree specifiche di sofferenza occupazionale che potrebbero essere affrontate non solo e non tanto in una logica di incentivi alternativi al licenziamento ma di ricollocazione in nuove realtà e a nuove condizioni. Tutte da costruire. Aziende del Gruppo francese comprese.
Questa petizione, e qui sta il punto vero, porta allo scoperto un nervo sensibile per l’intero universo Auchan al quale si rivolge proprio in forza dei valori da sempre sostenuti e declamati dal colosso francese che gli autori dell’iniziativa conoscono bene.
La richiesta quindi non ha nulla di provocatorio o di strumentale. Chiede solo di tenere in considerazione i collaboratori ad ogni livello e selezionati negli anni proprio da Auchan per eventuali opportunità che si potrebbero presentare in tutte le attività economiche che quest’ultima mantiene nel nostro Paese.
È un richiamo alla responsabilità sociale su cui il gruppo francese ha tanto investito nei numerosi anni di presenza in Italia. Conad con questa richiesta non c’entra nulla. Il Consorzio dovrà essere valutato per quello che farà (o che non farà) sul piano occupazionale di cui ha la totale responsabilità proprio in forza della avvenuta cessione.
La petizione chiede che Auchan si faccia carico di un’altro tipo di responsabilità. Quella nei confronti di chi ha creduto e lavorato per loro e che oggi, potrebbe continuare a farlo, sempre nello stesso gruppo in altre aziende. C’è chi dice che, a questo proposito, ci sarebbe stato un vero e proprio “non possumus”, un veto a prescindere dal quartiere generale in Francia che impedirebbe qualsiasi eccezione e che escluderebbe dai processi di selezione le persone provenienti da Auchan Retail.
Sarebbe, a mio modesto parere, una discriminazione inaccettabile che si configurerebbe come persecutoria nei confronti di chi non ha alcuna colpa della situazione ma ha una professionalità adeguata.
La petizione, sotto questo punto di vista, sollecita giustamente la vigilanza delle istituzioni, della politica e delle organizzazioni sindacali affinché questa discriminazione non abbia luogo. Sarebbe singolare se, le oltre quindici realtà economiche presenti sul territorio nazionale e facenti capo alla multinazionale francese molte delle quali in espansione, rifiutassero per partito preso, nei loro processi di selezione, i loro ex collaboratori. E li discriminassero in base a questa loro esclusiva caratteristica.
Non ho rapporti con coloro che circa tre mesi fa hanno lanciato questa forma di pressione non certo alternativa a quelle messe in atto dal sindacato (che mi risulta stia facendo analoghe pressioni sulle aziende del Gruppo) e nemmeno alle responsabilità di Conad che deve risponderne per gli impegni sottoscritti e per la volontà più volte espressa di assumersele fino in fondo per attenuare le conseguenze sulle persone, ma qui il punto è un altro.
Non c’è solo il richiamo alla responsabilità sociale di Auchan. Questa petizione misura anche la credibilità delle nostre istituzioni che, ad esempio, in molte regioni concedono licenze e autorizzazioni a nuove aperture anche di queste realtà e che potrebbero mettere in campo una moral suasion efficace nei confronti delle diverse aziende del Gruppo transalpino.
Personalmente ho sempre creduto che proprio per la dimensione politica, sociale ed economica di questa vicenda, Auchan non si sarebbe potuta comunque sottrarre a questa responsabilità. L’ho scritto spesso. Trent’anni nel nostro Paese non si chiudono semplicemente perché nella cessione si è prevista una dote economica in grado di gestire in parte le conseguenze occupazionali.
Le aziende sono le persone che le animano e che vi investono il loro tempo e parte della loro vita personale e professionale. Il Gruppo Auchan per quello che ha rappresentato e per quello che ha costruito non può pensare di essersela cavata con i dieci minuti di Bonte (https://youtu.be/puVkshpYXeo). Credo ci voglia ben altro. Le spalle girate della copertina del libro di Giuseppe Pontiggia “L’arte della fuga” che ho scelto per questo post simboleggiano bene lo stato d’animo di chi si è visto lasciato per strada e presto dimenticato. Se non era questo il vero obiettivo dei francesi adesso, per loro, è il momento di dimostrarlo.
I francesi se ne sono andati, dopo aver avuto rassicurazioni che nessuno li avrebbe chiamati a rispondere di qualsiasi colpa o fatto. Ed è per questo che il corriere della sera, non il corriere adriatico, ha scritto che BDC ha ricevuto una somma da destinare alla copertura delle perdite degli ex Auchan e Simply per un anno e mezzo circa, finché ogni PV non sarebbe passato ad altro brand oltre che Conad.
Per cui i francesi non sono chiamati a rispondere degli esuberi italiani, hanno già altri problemi a cui fare fronte, sia francesi che vietnamiti, che russi. Per gli esuberi in Italia devono pensarci Conad e Wrm group che hanno firmato l’accordo.
Se sono solidali i francesi potrebbero assumere dipendenti del gruppo Auchan, ma solamente dopo che sono già in naspi. In questo caso ci sarebbero sgravi di contributi per chi assume.
Il 5 marzo si avvicina, speriamo che l’incontro non sia posticipato al 15 maggio, lo dico per coloro che vogliono i soldini ed hanno già prenotato un nuovo impiego oppure sono all’interno di quota 100 o vicino alla pensione massima. A questo riguardo spero che chi non ha lavoro da svolgere prenda una decisione rapidamente o i loro capi, se ancora ci sono, li mettano in condizione di accettare la cassa integrazione, in attesa di ricevere proposte lavorative interne al mondo Conad Wrm.
Ripeto, sono due piani diversi. Gli obblighi sono in capo a Margherita distribuzione quindi a Conad le opportunità possono essere sollecitate ovunque quindi anche nell’universo Auchan. Imolesi stesso nell’audizione ha parlato di incentivi da attivare nei confronti di aziende disposte ad assumere esuberi in aggiunta ai contributi messi a disposizione dalle regioni. Quello che non sarebbe comprensibile è un veto nei confronti degli ex Auchan. Sulla dote messa a disposizione da Auchan credo che nessuno neghi l’esistenza. Non ne sopravvaluterei però la dimensione complessiva in rapporto alle persone coinvolte.