Quello tra ANCD (La struttura politico-sindacale delle Cooperative aderenti al Consorzio Nazionale Conad) e Confcommercio è un “avvicinamento” che stava nelle cose. L’idea, nel comparto della GDO, di cominciare a semplificare la rappresentanza prospettandone una maggiore sintonia e collaborazione è certamente interessante. Conad, dopo l’operazione Auchan, è entrata in un’altra fase della propria crescita dove deve necessariamente giocare la sua partita in un campionato di prima divisione. I ruoli evolvono e Conad e le sue cooperative credo ne siano ben consapevoli.
Anche Confcommercio, la più grande organizzazione datoriale del Paese, è in una fase particolare. Seppure per altri motivi. Il suo Presidente è, nei fatti, a fine corsa nonostante le resistenze sue e del suo inner circle, è attualmente in grande difficoltà nei territori, ripiegata su sé stessa, a causa della pandemia e in evidente difficoltà a proporsi come unico rappresentante del variegato mondo del terziario italiano. Quindi costantemente alla ricerca di una identità più in sintonia con i tempi. Avere nel proprio perimetro associativo aziende del livello di Conad, di Amazon, di Autogrill o di altre realtà significative nei loro settori è certamente un fatto positivo in termini di peso della rappresentanza datoriale. Così come provare a ritornare centrale nei settori del turismo, della ristorazione di qualità, della distribuzione moderna e della logistica.
Confcommercio è anche depositaria di uno dei due più importanti CCNL applicato nella Grande Distribuzione insieme a quello firmato da Federdistribuzione. Gli altri due, quello di Confesercenti e del mondo Coop, pur importanti, non hanno lo stesso peso specifico. Oltre a questi stanno però prendendo pericolosamente piede numerosi contratti minori applicati in parte nel mondo del franchising o da piccole e medie catene locali. Se non affrontata e gestita la situazione potrebbe provocare ben altre fughe e quindi situazioni ancora più serie di dumping tra imprese.
Confcommercio, a parte FIDA che raggruppa i piccoli dettaglianti alimentari, non ha una propria federazione che presidia la GDO. Non lo ha mai formalmente deciso perché ha sempre lasciato una porta aperta nella speranza di recuperare il clamoroso addio di Federdistribuzione. Quest’ultima è parzialmente fuori dal sistema confederale, autonoma sul piano organizzativo ma, nello stesso tempo, alcune sue aziende gravitano sulle associazioni locali dei commercianti, applicano il CCNL dei dirigenti di Confcommercio, e si riconoscono in alcuni istituti di welfare della confederazione di piazza Belli. Insomma un piede dentro per “sfruttarne” alcune prerogative e uno fuori per alimentare il “patriottismo” di federazione. Il recente acquisto di insegne come LIDL e il Gigante vanno lette in questo contesto.
La scelta di Conad, prima azienda del comparto, tramite ANCD, consente una maggiore autorevolezza e può accelerare un dialogo e un processo di avvicinamento complessivo. La presenza di quattro contratti nazionali scaduti da anni rappresenta un rischio per tutti.
Donatella Prampolini, titolare della commissione lavoro quindi responsabile della negoziazione con i sindacati di categoria e vice presidente Confcommercio, è anche presidente di FIDA quindi la più interessata a provare a proporre e comporre un percorso unitario fondamentale per poter esercitare quel peso nel comparto che, ad oggi, è mancato. Soprattutto tra le insegne nazionali. Ci vorrà forse ancora molto tempo ma la strada può essere quella giusta.
Una operazione del genere consentirebbe, tra l’altro, di mettere sul tavolo una fiche importante sui futuri assetti della Confcommercio da parte della stessa Prampolini per il dopo Sangalli dove quest’ultima si ritiene in corsa pur insieme ad altri autorevoli candidati.
Federdistribuzione con l’elezione del nuovo Presidente Alberto Frausin punta anch’essa ad un recupero di ruolo e di sintesi. Pensare di ergersi a esclusivo rappresentante della categoria con fuori le due realtà più importanti della GDO (Conad e Coop) e altre catene locali, la maggioranza dei discount, l’intero mondo del franchising e Aires (Associazione Italiana Retailers Elettrodomestici Specializzati) non è proponibile.
Il lockdown ha dimostrato che “marciare divisi per colpire uniti” non serve a nulla. I recenti documenti firmati da sette associazioni sulla richiesta di riapertura dei centri commerciali nei week end più che segnalare un’autorevole iniziativa unitaria comune ne ha fotografato la fragilità.
Sul tavolo del possibile tentativo di riavvicinamento in corso tra Federdistribuzione e Confcommercio dunque ci sono i rispettivi ruoli, i pesi, la gestione del welfare e la presenza nei CDA e, ultimo ma non ultimo le risorse economiche che il principale CCNL, quello firmato da Confcommercio, riserva oggi in via esclusiva a quest’ultima. Trovare gli equilibri necessari non è mai facile però non è impossibile. Contemporaneamente ci sono da costruire i contenuti e i passaggi temporali del prossimo ( o dei prossimi) CCNL.
La recente proposta di rinnovo presentata dai sindacati di categoria ai diversi tavoli poco si sposa con la gara al ribasso dell’ultimo rinnovo e la scarsa volontà di molte imprese di concedere un ruolo vero ai rappresentanti dei lavoratori. Un percorso di ricomposizione del tavolo di confronto con l’insieme delle principali associazioni datoriali, pur con la definizione di ambiti e specificità, giustificherebbe, di per sé, proprio per la sua importanza, un contratto nazionale di profilo meno impegnativo su altri temi. Per il sindacato di categoria costituirebbe comunque un successo politico importante.
Il CCNL gestito da Confcommercio ha l’ambizione di riuscire a coprire oltre tre milioni di lavoratori e quindi di riferirsi all’intero terziario di mercato del quale la Grande Distribuzione rappresenta solo una parte. Da questo punto di vista i margini di manovra per un riavvicinamento possibile sono evidenti a tutti.
Un tavolo comune sulla GDO che definisca i possibili contenuti, i tempi di allineamento per tutti i potenziali contraenti, i pesi e i margini di autonomia è alla portata dei negoziatori se volessero coglierne l’opportunità. Il futuro della GDO, il suo peso politico e la sua capacità di competere con i giganti del web passa attraverso un percorso unitario anche sul piano contrattuale con una rinnovata assunzione di responsabilità da parte delle insegne e dei manager più rappresentativi del comparto.
L’ idea di non farne nulla solo per consentire a ciascuno di poter alzare la propria bandierina organizzativa qualificherebbe solo lo scarso peso politico dimostrato e la miopia delle attuali rappresentanze.