Forse una possibile chiave di lettura dei cambiamenti attesi nella Grande Distribuzione la si può trovare in ciò che la Regina Rossa dice ad Alice: «Qui, vedi, devi correre più che puoi, per restare nello stesso posto. Se vuoi andare da qualche altra parte devi correre almeno il doppio!». In altre parole se vuoi mantenere il vantaggio che hai conquistato e mantenerlo devi muoverti più in fretta degli altri.
La vicenda del Quick Commerce e il suo rapporto con la GDO credo si riesca a leggerla meglio se cambiamo il punto di osservazione. “Veloce” o “ancora più veloce” non significano nulla se non inseriti in una strategia di leadership. Anche per questo dopo l’interesse suscitato da un primo pezzo che ho scritto poco tempo fa ho pensato utile provare ad approfondire ulteriormente l’argomento.
Soprattutto perché credo che questo salto di qualità che coinvolge il commercio, l’evoluzione dei modelli di consumo, soprattutto per ora nelle grandi città, sia in grado di creare una competizione interessante con Amazon che, prima o poi dovrà rispondere per le rime rendendo l’ultimo miglio un terreno di innovazione e di sperimentazione piuttosto affollato. Il quick commerce è un sistema che declinato in diverse modalità può offrire vantaggi analoghi sia alle grandi imprese, che ai centri commerciali, così come ai piccoli negozi. non è quindi in alternativa al commercio tradizionale né alla grande distribuzione ma, credo, ne possa rappresentare un complemento. Un servizio aggiunto.
Però, è qui sta l’aspetto interessante, ne insidia comunque le dinamiche competitive e di innovazione, richiede investimenti non alla portata di tutti, ne ridisegna il servizio e il rapporto stesso con il cliente. Modifica il modo di fare la spesa. Mi ricorda, pur su di un piano diverso, la sottovalutata comparsa sulla scena dei discount. Anche allora sembrava non dovesse attecchire più di tanto qui da noi con la sua offerta limitata di prodotti, marche sconosciute, servizio scadente.
Dopo Rewe che rappresenta uno dei maggiori leader europei della GDO che in Germania ha scelto Flink, è il turno di Carrefour che in Francia ha investito su Cajoo. Due grandi imprese della GDO tradizionale che scommettono su piattaforme online in grado di offrire prodotti alimentari di differenti categorie in modo rapido non solo al consumatore finale.
Ad avere inaugurato il trend, a livello mondiale, è stata Delivery Hero a Berlino, oggi presente in oltre 50 Paesi. La formula è semplice. Lo spiega bene il sito: “Piuttosto che sostituire la spesa di un negozio di alimentari settimanale, il quick commerce è lì per completare quando c’è bisogno di un particolare set di articoli, in modo comodo e rapido”.
Il Ceo Niklas Östberg, ha dichiarato: “Siamo ormai entrati nell’era del commercio veloce. Questa categoria offre enormi opportunità rimaste finora in gran parte inutilizzate”. È la nuova frontiera dell’e-commerce, che prevede di ridurre i tempi di consegna quasi azzerandoli. La domanda però sorge spontanea. Siamo di fronte al semplice tentativo di tenere il passo con alcune tendenze emergenti nei consumatori, una moda tipicamente da centro città metropolitane o c’è dell’altro?
Per quanto riguarda Carrefour in Francia l’investimento prevede una partnership industriale, incentrata fondamentalmente sul rifornimento e sulla logistica operativa nei dark store di Cajoo. Quest’ultima potrà continuare il suo sviluppo in Francia e nel resto d’Europa sfruttando al massimo le competenze di Carrefour in modo da poter ottimizzare modello e servizi.
“In qualità di leader nella consegna a domicilio in Francia, Carrefour sta catturando questa nuova tendenza e sta esplorando con Cajoo tutte le strategie di creazione di valore opportunità su questo nuovo segmento in forte crescita”, ha affermato Elodie Perthuisot, responsabile del Gruppo Carrefour Direttore Esecutivo di E-Commerce, Dati e Trasformazione Digitale.
La ‘terza generazione dell’eCommerce’ punta infatti a garantire la consegna stabilmente al di sotto del quarto d’ora. Algoritmi e disponibilità, i due cardini di questa rapidità. Quindi servono organizzazione e tecnologia. I differenti lockdown in questo comparto hanno consentito sperimentazioni efficaci di algoritmi predittivi sia sulla costruzione del servizio che sulla disponibilità dei prodotti.
L’organizzazione prevede magazzini urbani o nelle immediate vicinanze non aperti al pubblico. Dark store o Dmarts (delivery-only local warehouse). Ne serviranno parecchi. A questo scopo è interessante sottolineare l’intesa che Glovo ha siglato con Stoneweg, società svizzera di real estate, che gestirà l’acquisto di immobili da riconvertire in dark store in Spagna, Portogallo, Romania e Italia. Oltre alla posizione dei dark store, composizione dello stock, movimentazione e servizio di consegna sono gli elementi fondamentali del business.
Nulla di sconosciuto per chi si occupa di GDO: prodotti richiesti in un determinato quartiere, fasce orarie di acquisto, tipologia di clienti che possono essere sia privati ma anche commercianti con esigenze specifiche. La tecnologia è quindi fondamentale. Non tanto per fantasticare sulla futuribile consegna tramite droni e l’apprendimento automatico ma per l’evoluzione stessa degli strumenti di gestione dei dati dei clienti e dell’inventario. Ciò faciliterà la velocità e l’efficienza, garantendo allo stesso tempo che le informazioni sulle scorte online siano accurate e agli addetti della logistica di vedere quali prodotti si vendono consentendo l’ottimizzazione delle offerte.
La comodità aggiuntiva che deriva dal commercio rapido offre ai rivenditori online un modo per competere con i grandi player multinazionali, come Amazon, nonché con i negozi fisici e crea il potenziale per maggiori margini. Uno studio di Deloitte conferma che, durante la pandemia, il 50% degli acquirenti ha accettato di spendere di più per ottenere comodamente ciò di cui aveva bisogno. Lo spazio quindi c’è.
È vero che la pandemia ci ha reso tutti un po’ pigri, refrattari alle code e agli assembramenti e quindi avere la possibilità di avere la nostra spesa o quello che ci siamo dimenticati in breve tempo ha il suo perché ma questo completa l’offerta e non esclude affatto la ricerca di relazione e l’esperienza di acquisto fisico che restano fondamentali e vincenti comunque.
Chi si occupa di centri commerciali vede più opportunità che rischi se riflette sul proprio futuro. Certo non si immagina i nuovi shopping places con una superficie centrale di 15.000 mq. occupata da un ipermercato e qualche decina di negozi intorno. Quel modello è morto. Immagina un luogo di relazione e di divertimento integrato con il territorio nel quale è insediato e che propone servizi di vari tipo. Dark store e tecnologia a disposizione del cliente e degli operatori ne potranno completare il perimetro. Quindi divertimento, servizi salute e benessere trasformano un luogo che resta comunque fondamentale per l’esperienza di acquisto.
Credo che anche discount e supermercati pur rinnovati nella loro missione giocheranno le loro carte in questa rivoluzione innescata dalla rete a cominciare da Amazon. Il cosiddetto futuro phidigital per ora è materia da convegni è ancora ben radicato solo nella fantasia di chi ne parla. Però il dado è tratto.
Un comparto come la GDO tutto sommato restio all’innovazione vera, sempre ripiegato su sé stesso e sulle piccole beghe da cortile che si insegue come il criceto sulla ruota si trova nella necessità di prendere atto che tutto quello che ha fatto finora forse potrebbe non bastare più. Come ci ricorda William Pollard:“L’apprendimento e l’innovazione vanno mano nella mano. L’arroganza del successo è di pensare che ciò che hai fatto ieri sarà sufficiente per domani.”