Confcommercio. Porte girevoli al vertice…

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Fabrizio Palenzona ha fatto dunque un passo indietro. Con eleganza e senza clamore ha lasciato la vicepresidenza di Confcommercio. L’ufficio di Presidenza della Confederazione ha perso così uno dei pochi leader che si era messo in gioco per rilanciarla. A suo giudizio troppo lenta, farraginosa  e inconcludente la qualità politica e l’iniziativa espressa.

La squadra di testa della “più grande confederazione d’Europa” oltre a Carlo Sangalli e Lino Stoppani di FIPE, si è trovata così improvvisamente con la Presidente di Reggio Emilia Donatella Prampolini, la più piccola associazione dell’Emilia Romagna, l’altoatesino Manfred Pinzger, la presidente di Sondrio Loretta Credaro, il presidente di Bari, Alessandro Ambrosi è quello di Udine, Giovanni da Pozzo. A completare la squadra, Patrizia di Dio di Palermo e un ex europarlamentare di Forza Italia Riccardo  Garosci. Una squadra troppo leggera per affrontare il campionato nella massima serie.

I grossi calibri, o non sono mai entrati o sono tutti fuori. Non c’è né l’associazione di Bologna né quella Rimini a rappresentare l’Emilia, non c’è il Veneto né il Piemonte né la Toscana. Non c’è il Presidente di Federalberghi né quello di Federmoda. Coinvolta solo qualche seconda linea intorno all’inossidabile Presidente di Milano. L’uscita di Fabrizio Palenzona è stato così un brutto colpo. Inutile girarci intorno.

Per questo può aver sorpreso il quasi contemporaneo arrivo di Francesco Pugliese di Conad. L’avevo anticipato sul blog circa un mese fa (https://bit.ly/3k7rJ1H). Un’entrata certamente importante e anch’essa di peso. Pugliese tra l’altro resta in Legacoop pur assumendo  contemporaneamente la vicepresidenza di Confcommercio. Personalmente la trovo una scelta che guarda alla prospettiva dell’intero comparto. Altre imprese stanno contemporaneamente in confederazioni o federazioni formalmente concorrenti. Sia nel mondo Coop che nel privato. Alcune perché trovano più convenienti i contratti di lavoro del commercio più di quelli dell’industria, altre i servizi offerti dal sistema bilaterale, altre per tradizione. Altre ancora, e questo credo sia la ragione che più di altre ha spinto Conad,  per costruire ponti anziché muri.

L’intera rappresentanza deve ridefinire i propri perimetri associativi e di iniziativa adatti al nuovo secolo. Ancora di più lo dovrà fare il terziario di mercato. Nel commercio, tra firmatari vecchi e nuovi di CCNL e presenze comunque organizzate, l’elenco è particolarmente lungo. È assolutamente necessario sfoltirlo.

Non dimentichiamo che la piaga del dumping contrattuale è dilagata da quando diverse proposte  associative si sono modellate addirittura intorno a singole insegne o territori consentendo  alle imprese libertà di adesione pur mantenendo contemporaneamente la loro iscrizione formale anche a quelle più rappresentative. E queste ultime si sono ben guardare dall’intervenire con decisione.

Se la confederazione di piazza Belli con l’ingresso di Conad decide di provare ad impegnarsi a ricucire e a portare a sintesi il mondo della distribuzione in vista di una reale certificazione del peso della rappresentanza  è certamente un decisione da  salutare  positivamente. Francesco Pugliese è sicuramente una delle  persone più adatte.

È passato poco tempo da quando l’intera filiera agroalimentare, superando divisioni e gelosie, ha condiviso un documento chiedendo al Presidente Draghi un incontro sui rischi di una possibile ripresa dell’inflazione. La mancanza di risposte deve aver fatto comprendere a tutti che non è più sufficiente sottoscrivere documenti comuni in tempi di PNRR. Occorre saper andare oltre. Intanto mettendo a fattor comune le esigenze delle imprese e superando le modeste logiche associative e le gelosie che ne derivano. Semmai occorrerà trovare il modo di consentire alle più rappresentative  spazi e contributi che però devono trovare sintesi. Quindi Confcommercio  è un buona tribuna.

Non è certo il suo momento migliore per lo stato complessivo della Confederazione altrimenti non avremmo avuto le dimissioni di Fabrizio Palenzona ma Confcommercio è sicuramente quella potenzialmente più in grado di altre di costruire un’interlocuzione istituzionale costruttiva. Le diatribe tra grandi e piccoli commercianti sono legati ad una stagione che è alle spalle così come le polemiche tra associazioni. L’accordo condiviso sul lavoro domenicale e la sostanziale fine delle ostilità nei territori indica la volontà di voltare pagina anche perché oggi il confronto vero è sulle regole del gioco che devono valere per tutti gli attori della distribuzione. Anche per chi opera a monte bypassando il sistema attraverso la rete e un sistema fiscale relativamente lasco.

Gestione del CCNL e riunificazione dell’intero commercio nazionale rappresentano di per sé una sfida decisiva. Il primo è fermo al palo da due anni e credo non basti più una firma qualsiasi. Va ripensato in profondità tenendo conto che lo sgretolamento in corso causato dalla presenza di un dumping feroce sui costi contrattuali non produce nulla di buono per nessuno così come lo stallo indotto dalla competizione con Federdistribuzione. Quest’ultima è altrettanto in difficoltà. Il cambio al vertice non ha prodotto un maggiore protagonismo. Non certo per la qualità delle persone scelte quanto perché la pandemia, il PNRR e il contesto generale hanno cambiato gli equilibri del sistema e i pesi necessari per esserne interlocutori. 

Aggiungo che anche quella parte del sindacato di categoria che non ha compreso fino in fondo la portata dell’operazione Auchan, il contesto che l’ha generata e la riorganizzazione pesante in corso in tutto il comparto rischia di trovarsi spiazzata proprio sul tavolo contrattuale nazionale dove al ritardo temporale rischia di sommarsi un ritardo di elaborazione sui contenuti  e sull’evoluzione del comparto oggi all’ordine del giorno. Ritardi che andrebbero recuperati velocemente. Gestire il CCNL significa essenzialmente questo. Tenendo conto che il clima sociale sta cambiando ovunque.

Così come lavorare per riunificare il comparto del commercio significa non avere pregiudizi né nei confronti del mondo cooperativo (e qui  il ruolo mantenuto da Francesco Pugliese può giocare a favore) né nei confronti delle altre imprese grandi e piccole che devono potersi ritrovare in un contesto di pari dignità potendo distinguere il ruolo confederale di sintesi e di tutela degli interessi generali del comparto da quello del leader della insegna più grande del Paese che deve necessariamente tutelare i suoi. Resto personalmente convinto che Confcommercio, oggi è in stallo perché non riesce ad uscire da uno schema organizzativo ormai datato e da una sostanziale difficoltà ad elaborare una strategia adeguata. Il ruolo delle federazioni di categoria è ancillare mentre le associazioni territoriali legate alla fornitura di servizi oggi in gran parte obsoleti rischiano di vedersi ridurre gli spazi di proselitismo.

Su questo pesa la lentezza di un gruppo dirigente nazionale troppo ripiegato su sé stesso. L’elemento positivo è che una grande organizzazione è sempre in grado di trovare le energie per ripartire. Vedremo se questa esigenza di rinnovamento e di rilancio prevarrà o meno sulle singole storie e strategie  personali. 

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