Logistica. Non c’è pace sui piazzali.

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L’accusa è pesante: pagamenti in nero, straordinari e festività mancanti quindi irregolarità nelle buste paga dei lavoratori della cooperativa LGD. L’azienda si difende ribaltando l’accusa.  Sarebbe proprio la volontà di rimette le cose a posto da parte dell’azienda ad aver scatenato la reazione del SI Cobas. Un sindacato di base non nuovo ad iniziative opportunistiche e pronto a cavalcare tutto e il suo contrario.

LGD è realtà importante della logistica che dal 2018 al 2020 ha incrementato  in modo importante il suo fatturato. La cooperativa amministrata da Giuseppe Ghezzi è presente  in varie piattaforme lombarde movimentando le merci di  Unes ma anche di Esselunga. Nel  corso della pandemia è cresciuta di quasi  20 milioni di euro in un anno passando da 47 a 62 milioni di ricavi. LGD è l’ultimo anello di una catena che parte dalla grande distribuzione e passa per Brivio&Viganò. 

È attiva dal 2013 e conta circa 1.200 soci lavoratori di cui circa il 70% iscritta ai sindacati confederali. Il dato incomprensibile è rappresentato dalla assoluta sproporzione del conflitto scatenato, in rapporto all’esiguità del problema posto. Assolutamente risolvibile attraverso una semplice negoziazione o, in mancanza di risposte sufficienti, attraverso un’azione legale specifica.

Il Si Cobas annunciando l’agitazione, ha parlato di irregolarità di ogni genere nelle buste paga. L’azienda ha chiesto l’intervento del Prefetto segnalando così la propria disponibilità a trovare una soluzione anche perché i danni causati da questa forma di agitazione sono tali da poter mettere in gioco, se dovessero continuare,  la sopravvivenza stessa della cooperativa. Posizioni inconciliabili quindi.

Il contenzioso in sé è collocato sullo sfondo di una vicenda che sta portando in superficie uno scontro eminentemente politico. Pietro Ichino denuncia al Fatto Quotidiano: ”18 blocchi dei cancelli  che causano danni enormi alla cooperativa e alla sua committente, per delle irregolarità in singoli rapporti di lavoro che in Prefettura sono risultate inesistenti, che comunque possono valere al massimo qualche centinaio di euro e che, se anche ci fossero davvero, potrebbero essere risolte con una denuncia all’Ispettorato, o una normalissima vertenza davanti al Giudice del Lavoro”.

La situazione, ormai degenerata, porta alla sospensione e poi al licenziamento di 41 operai e alcuni sindacalisti SI Cobas vengono raggiunti da avvisi di garanzia della Procura di Milano per violenza privata. Siamo ormai alla logica dello scontro per lo scontro cercata ripetutamente da questo sindacato. l’obiettivo reale del Si Cobas prosegue Pietro Ichino nella sua denuncia è quello di colpire duro per mettere fuori gioco  la  Lgd come operatrice nel settore e indurre così  “le committenti, e in particolare Unes, ad avvalersi di appaltatrici più disposte ad accogliere le  richieste di esenzione di parte delle retribuzioni, indennità varie e premi di produzione, da imposizione fiscale e contributiva”.

In altri termini il sindacato protesterebbe fintamente contro i pagamenti in nero per ottenerne in realtà molti di più. Comunque la si pensi è una situazione intollerabile. Condivido però  l’assoluta sproporzione tra  le forme di lotta e i danni procurati messi in atto dal SI Cobas in rapporto all’obiettivo dichiarato. In sede di tentativo di ricomposizione tra le parti  in Prefettura, il sindacato di base, in cambio del ritiro dei licenziamenti, si sarebbe dichiarato disponibile ad accettare  una procedura di raffreddamento dei conflitti futuri attraverso un generico maggiore preavviso.

Proposta ritenuta insufficiente dall’azienda e dai suoi consiglieri che pretendevano, in cambio del ritiro dei licenziamenti, che il SI Cobas accettasse, in sostanza, di superare la forma di lotta attuata (il blocco delle entrate e i picchetti duri). Esponendosi  così alla richiesta successiva di risarcimento dei danni provocati. Difficile uscirne. 

Oggi le supply chain funzionano tramite reti di imprese dove si subappaltano parte di attività. Ci sono realtà serie e altre che modificano di frequente la loro ragione sociale sfruttando il fatto che la burocrazia dei controlli impiega anni per accertare, contestare e notificare provvedimenti. Le multinazionali che stanno sopra o le aziende nazionali, si avvalgono in termini di operatività, di queste reti a cui conferiscono attività che poi vengono a loro volta suddivise attraverso la logica dei subappalti.

Nel caso di UNES la gestione delle piattaforme logistiche era in capo a una società che a sua volta appaltava una parte dell’attività ad una successiva  società. È così a scendere agli step successivi.

È evidente che lungo  questo schema  si gioca la vera partita su chi debba assumersi le responsabilità e risponderne di conseguenza. Tutto legale, ovviamente, per i committenti ma il rischio che nello scendere nella catena operativa si insinuino forme al limite o addirittura al di fuori del lecito è molto forte. Uscirne non sarà semplice. Personalmente credo che l’unica strada sia intervenire sul livello di corresponsabilità dei rispettivi committenti puntando anche  ad un vero e innovativo contratto nazionale del comparto logistico che metta al centro problemi e specificità dell’intera supply chain e che comprenda le diverse figure professionali presenti nei magazzini fino a quelli che interagiscono con le piattaforme compresi i rider dell’ultimo miglio. Puntare, come sta proponendo il sindacato confederale e  la politica, a considerare una scelta corretta l’adozione dell’attuale CCNL dei trasporti non trova consenzienti buona parte delle imprese del comparto soprattutto quelle legate alle piattaforme e rischia di tagliare le gambe alla potenziale espansione del comparto stesso. Non si tratta quindi di negare la necessità di applicare un contratto. Si tratta semmai di discuterne contenuti e confini perché non tutto può essere compreso nel lavoro dipendente tradizionale.

Una rete complessa costruita per ridurre i costi e incrementare efficienza e produttività non può non considerare come altrettanto importante  anche l’impatto e le conseguenza sui lavoratori coinvolti in termini di regolarità retributiva e contributiva, sicurezza, professionalità, formazione  e diritti. Pensare che si possa bypassare questo punto scaricandolo a valle delle proprie responsabilità è uno dei motivi per cui non c’è pace sui piazzali della logistica. Troppo facile gettare sabbia negli ingranaggi di questa macchina. Il SI Cobas vive e alimenta queste contraddizioni. Una seria politica di controllo e di gestione delle risorse umane impiegate diventa, a mio parere, fondamentale. 

 

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