Mentre la nostra vocazione al nanismo imprenditoriale ci vincola nel rissoso cortile di casa, francesi e tedeschi si stanno guardando intorno. Il campo da gioco è il mondo. Industria, telecomunicazioni e trasporti segnalano diversi passaggi di mano e rafforzano la presenza dei due Paesi sul continente.
Nella grande distribuzione i grandi player rinserrano le fila mentre aleggia lo spettro di Amazon e di quella che potrà essere la sua prossima mossa. Spagna e Italia sotto i riflettori. L’azienda di Seattle è brava a mostrare l’albero continuando però ad immaginare la foresta. Nel suo ecosistema potenzialmente può entrarci di tutto. Questa è la sua vera forza. Aldi sta studiano come accelerare la propria crescita, LIDL come mantenere la sua leadership continentale. I discount sanno che le incertezze causate dalla pandemia e dai rischi di ripresa dell’inflazione giocano a loro favore e che il 2022 sarà il loro anno. Quindi ne vogliono approfittare.
In Francia si accendono i riflettori. Cinque giocatori storici. Leclerc, Carrefour, Auchan, Intermarché, Système U e due outsider tedeschi come Aldi e Lidl che nel 2021 hanno aumentato il loro clienti rispettivamente di 900.000 e 400.000, a cui si aggiungono alcuni nuovi arrivati come Action e Costco. La competizione è quindi molto agguerrita. Alexandre Bompard, CEO di Carrefour, tra l’altro lo ripete da tempo che il mercato della distribuzione francese deve concentrarsi. Carrefour è riuscita con grande difficoltà a recuperare la redditività in Francia. Auchan è ancora in difficoltà.
In questo contesto sono però i “vitigni” a tenere banco. Secondo i giornalisti Ivan Letessier e Marie Bartnik de “Le Figaro” avrebbe ripreso vigore l’operazione Auchan/Carrefour. Nome in codice sul documento riservato: “Merlot”. È la missione della banca d’affari Lazard. Consentire l’acquisizione di “Pinot” (Carrefour), da parte di “Sauvignon”, (Auchan). L’obiettivo è convincere alcuni fondi di investimento a finanziare questa operazione. “Il “Merlot” diventerebbe il principale distributore in Francia con oltre il 29% di quota di mercato in Francia e una presenza internazionale unica in 17 paesi”, spiega il documento riservato inviato da Lazard ai fondi di investimento individuati. I viticoltori francesi (e non solo) però ne sono certi. Pinot e Sauvignon non consentono di ottenere il Merlot.
Non ragiona però così una banca d’affari. Non va dimenticato che lo scorso ottobre, Alexandre Bompard, CEO di Carrefour aveva chiuso le trattative puntando sul fatto che la famiglia Moulin, principale azionista, non si accontentava dei 21,5 euro per azione e il 70% pagato in contanti ma pretendeva l’intero importo in contanti. La nuova offerta che Auchan potrebbe lanciare sfiorerebbe i 23,50 euro in contanti. Questo accontenterebbe sia i Moulin che l’altro azionista di peso, il brasiliano Abilio Diniz proprietario delle Galeries Lafayette. Quindi complessivamente quasi 20 miliardi di euro contro i 13,5 che rappresentano il valore di Carrefour oggi alla borsa di Parigi dove il titolo è ovviamente in rialzo.
Un’offerta del genere troverebbe sicuramente il favore degli azionisti di Carrefour, ma è improbabile che, annunci o iniziative ufficiali, avvengano prima delle elezioni presidenziali francesi di aprile. La perdita di quote di mercato di Auchan in mercati chiave come la Francia e la Spagna, la solidità del bilancio del gruppo dopo il suo ritiro dalla Cina e dall’Italia e le rilevanti sinergie che deriverebbero dall’aggregazione costituiscono condizioni ideali per presentare un’offerta secondo gli esperti. l’AFM avrebbe quindi il supporto di importanti fondi di investimento anche anglosassoni. Sono citati, secondo le fonti, CVC, KKR e Clayton, Dublier & Rice. Quest’ultima ha investito, nell’ottobre 2021, 7 miliardi di dollari per prendere il controllo di Morrisons, il quarto supermercato oltremanica.
Auchan comunque dopo la vendita della sua filiale cinese a Alibaba e l’uscita dall’Italia non ha debiti. Dai fondi potrebbero arrivare intorno ai 6 miliardi consentendo il controllo in mani francesi della nuova realtà. Non c’è dubbio però che, seppure in minoranza, gli investitori anglosassoni potrebbero, con questa fusione, entrare in quello che diventerà un top player della distribuzione mondiale. E questo, inutile nasconderlo, solleverebbe seri interrogativi nel bel mezzo della campagna elettorale per le presidenziali.
Al delicato tema della sovranità alimentare, che aveva sventato il tentativo di riavvicinamento tra Carrefour e la canadese Couche-Tard, si aggiungerebbe quello delle conseguenze sociali su sedi, rete e centrale acquisti, senza contare il probabile intervento dell’Autorità garante della concorrenza. I sindacati delle due realtà temono le inevitabili conseguenze sull’occupazione.
Force Ouvrière, principale sindacato di Carrefour è in fibrillazione e chiede di aprire immediatamente un tavolo di confronto. Anche perché “la ristrutturazione degli acquisti, delle sedi, della logistica” secondo i dati della banca Lazard porterebbe quasi 1,2 miliardi di euro di risparmi per sinergie. I Mulliez (L’Association Familiale Mulliez – AFM) eredi del periodo d’oro dell’industria tessile nel nord della Francia, proprietari di Auchan, hanno nel frattempo messo da parte Francis Cordelette sostituendolo con Yves Claude come Presidente Esecutivo e Philippe Brochard come Direttore Generale. Una nuova governance messa in pista probabilmente proprio per gestire l’operazione.
Lazard stima che il fatturato del gruppo potrebbe arrivare a 108 miliardi nel 2025, con margini in crescita e sinergie significative. È un’operazione Paese proprio per le implicazioni sociali e le inevitabili sovrapposizioni che comporterebbero la necessaria cessione di diverse centinaia di negozi. Tempi mediamente lunghi quindi per completare l’operazione. Ma l’interesse di avere un player nazionale di quelle dimensioni è molto forte per il Governo francese.
La presenza del fondo inglese proprietario di Morrison, seppure in minoranza, fa però storcere il naso non solo ai sindacati che con Couche Tard non avrebbe sofferto sovrapposizioni. Incognite non semplici da affrontare in un Paese che intende sempre e comunque valorizzare e difendere la filiera agroalimentare nazionale in tutte le sue componenti.
Ed è proprio questo che dovrebbe farci riflettere come sistema Paese. Non è certo mettendo in contrapposizione i diversi interessi in gioco che si rafforza la filiera nazionale. Soprattutto se l’inflazione dovesse riprendere vigore. Ed è bene ricordarlo che è sempre l’anello più debole di una catena che ne misura la forza complessiva.