Com’era prevedibile il 16 febbraio il CEO di Carrefour ha dimostrato, dati alla mano, dove è arrivato il suo importante lavoro di riposizionamento dell’azienda (https://bit.ly/3I2yUCn). Oggi l’attenzione dei media è però rivolta ad altre latitudini. Carrefour non è quindi sotto i riflettori. In Francia altri problemi agitano l’opinione pubblica.
Alexandre Bompard a suo tempo aveva lavorato per la soluzione Couche Tard. Una realtà canadese che non aveva una presenza in Francia che stava puntando a diversificare le attività. Una partnership di quel calibro avrebbe consentito a Carrefour di continuare a crescere e di competere a livello internazionale restando però al centro dei giochi.
I suoi azionisti principali lo hanno assecondato fin da subito sostanzialmente perché volevano vendere. Fallita l’operazione, Bernard Arnault, il principale azionista ha comunque lasciato. Considerava da tempo inutile, costosa e non più strategica la sua presenza in Carrefour.
Ad Alexandre Bompard nel 2017 lui stesso aveva assegnato, tra gli altri obiettivi, quello di individuare una partnership di livello disposta a subentrare e accelerare la crescita. Stoppata l’operazione per intervento della politica il gruppo si è trovato, obtorto collo, sul mercato. Con il rischio evidente di finire in balia degli eventi. Ai suoi azionisti principali, che non vedono l’ora di lasciare, interessa solo il valore dell’azienda per cederla con il massimo vantaggio possibile.
Nel 2017 al suo arrivo come CEO la Borsa valutava Carrefour 21,5 euro per azione. Oggi siamo a 17,5. Quindi l’azienda, pur uscita dalla crisi, vale meno di allora. E sul tavolo, dopo un primo assalto fallito, ci sarebbe una nuova offerta della AFM (Association Familiale Mulliez) proprietaria di Auchan, vicina ai 23 euro per azione. Sia agli azionisti che a AFM, più che il percorso di risanamento in corso, interessa la cessione. I primi vogliono uscire e basta. La AFM, a sua volta, è convinta che, guidando essa stessa l’acquisizione e l’integrazione, Auchan ne potrà avere un beneficio a prescindere sia sul versante dei costi che delle prospettive. Ed è altrettanto convinta di poter mettere in campo un management all’altezza della sfida. Infine, è certa che le inevitabili reazioni politiche per le conseguenze occupazionali saranno in qualche modo attenuate dalla volontà di mantenere l’intera operazione sotto i colori della bandiera nazionale. Deve solo trovare partner disponibili a metterci le risorse economiche necessarie.
Gli attuali azionisti di Carrefour sono stanchi e AFM lo sa benissimo. Lo scontro in Carrefour tra ruolo e strategia del management e interessi di parte della proprietà, in Francia come altrove, scrive un altro interessante capitolo. Nella GDO questa divaricazione porta ad accumulare incertezze che, fino ad oggi, Alexandre Bompard ha saputo evitare grazie ad una squadra di ottimo livello. Non solo in Francia.
Bernard Arnault non ne poteva più di rimetterci soldi ed è stato il primo ad andarsene. Aveva progettato di uscire dalla porta principale proprio cedendo a Couche tard. Non è riuscito ad evitare le critiche pesanti della politica francese però è riuscito a defilarsi. Dietro di lui covano altre insofferenze. La famiglia Moulin, proprietaria di Galeries Lafayette e il brasiliano Abilio Dinitz. I primi già in allarme per le loro attività principali. Il secondo desideroso di realizzare un guadagno sicuro.
Alexandre Bompard è riuscito a fermare il primo assalto perché ne ha intuito i punti deboli sia per la vaghezza del piano industriale che lo sosteneva che per gli azionisti stessi. Da quello che si è potuto capire Auchan voleva acquisire la maggioranza all’interno di una complessa quanto fragile architettura finanziaria che prevedeva un saldo dilazionato ai due azionisti principali che al contrario puntavano ad un’uscita immediata e in contanti.
Il CEO di Carrefour visti i risultati presentati ritiene che il suo gruppo possa continuare da solo piuttosto che consegnarsi ad una alleanza rischiosa e dalle conseguenze tutt’altro che scontate. Alexandre Bompard sembra così confermare di non credere alla soluzione Auchan e tira dritto per la sua strada. I risultati gli danno comunque ragione. AFM però non mollerà la presa.
Per l’Italia comunque buone notizie. Carrefour nel nostro Paese è finalmente tornata a crescere. I dati presentati lo sottolineano. L’Italia è migliorata nel corso dell’anno ed è passata in positivo nel secondo semestre (+0,8% nel terzo trimestre, + 2,5% nel quarto trimestre), grazie ad una buona strategia commerciale e ad un controllo dei costi. Confermo, per quello che vale il mio parere, che è sufficiente un giro nei punti vendita per rendersi conto dei cambiamenti in atto. Cristophe Rabatel sta facendo un buon lavoro. Per ora i profeti di sventura sono accontentati. Il piano di riorganizzazione concordato con i sindacati può decollare. Gestione degli esuberi della sede a parte, resta l’incognita della differenza sul costo del lavoro dei lavoratori ceduti terzi di cui si è fatta carico Carrefour fino a tutto il 2023. Conad nei passaggi da BDC ha azzerato i CIA preesistenti. Carrefour ha accettato la richiesta dei sindacati. Se si è trattato di un buon risultato per i lavoratori o di una vittoria di Pirro con conseguenze immaginabili lo vedremo presto. Soprattutto nei PDV ceduti a terzi meno performanti.
Nel frattempo AFM insisterà con le sue manovre per aggiudicarsi comunque Carrefour. Personalmente spero che la soluzione non sia quella anche se tutto sembra andare in quella direzione. La spregiudicatezza con cui hanno costruito la loro fuga dal nostro Paese non mi fa tifare per loro.