Tutto ciò che non si rigenera, degenera.
Edgar Morin
Fino a pochi anni fa pensavo che ci fosse solo un luogo dove, a causa dell’inclinazione dell’asse terrestre, nel giorno del solstizio d’estate il sole non tramonta mai, ma rimane sulla linea dell’orizzonte, senza sorgere né tramontare. Un luogo poco sopra il villaggio di Babbo Natale dove il tempo sembra fermarsi. Non ho trovato una istantanea più realistica di ciò che da qualche tempo è la Confcommercio. Un luogo dove il tempo sembra essersi fermato. Dove l’unica certezza è il tentativo del cerchio magico dell’anziano Presidente di immaginare ancora possibile il prolungamento sine die del regno di Carlo Sangalli ormai inevitabilmente compromesso.
I beneficiati degli incarichi ottenuti cercano di parlare d’altro per non esporsi. Nel mondo politico e istituzionale si comincia però a registrare un forte imbarazzo. Un provvidenziale contagio ha tenuto a debita distanza fisica il titolare del MISE Giorgetti, le defezioni registrate all’assemblea confederale, volutamente tenuta sottotono e spostata ad un’ora che evitasse interpretazioni malevole, ne sono il segnale più evidente. Così come le assemblee interne spostate e riproposte da remoto come fossimo nei momenti più duri del contagio da covid-19 solo per evitare spiacevoli domande. Impossibile nascondere un senso di disagio diffuso e palpabile.
Negli ambienti che contano ci si aspetta un definitivo passo indietro del Presidente. All’interno comincia a crescere, tra chi ragiona sul futuro della confederazione, la convinzione che “falsus in uno, falsus in omnibus”: la persona che mente su qualcosa non è più credibile. E Carlo Sangalli sul punto giudicato dal Tribunale di Roma ha mentito, a detta di chi c’era, agli organismi confederali. “Il fatto non sussiste” nei confronti dell’ex direttore generale e dell’ex assistente sintetizza ciò che, tra qualche settimana, produrrà una corposa spiegazione di ciò che ha spinto il giudice in quella direzione.
Oltreché la base per un secondo tempo di una partita che si preannuncia lunga e pesante per i danni non solo economici che ha provocato e che rischia di trascinare con sé, insieme alle responsabilità personali dell’anziano Presidente, quelle di chi, in nome e per conto della confederazione, ne hanno esposto l’immagine e minato la credibilità per sostenerne le tesi mettendo a rischio la confederazione stessa. Per questo c’è in gioco ben di più che questioni legate ad un riprovevole comportamento personale.
La parola adesso passa a chi non si è mai fidato della tesi del Presidente e ha pagato in prima persona ma anche a chi, pur in buona fede, si è fidato delle sue parole. Chi lo ha difeso solo per ottenere vantaggi personali ne seguirà probabilmente la sorte. O almeno c’è da auspicarlo. Due parti in commedia sono molto difficili da interpretare.
C’è comunque anche un aspetto culturale da recuperare. Lo dico soprattutto per quelle donne impegnate nella confederazione che non si sono riconosciute nelle affermazioni negazioniste che, negli organi confederali, sono state sostenute dalla Presidentessa di una Ascom lombarda che senza alcuna prova o elemento oggettivo si è lanciata in una difesa a spada tratta del Presidente a nome di “tutte le donne” della confederazione ritenendo, forse, che le accuse di molestie, provenendo da una semplice assistente, fossero di per sé meno credibili delle parole del Presidente confederale. C’è addirittura chi sostiene che la successiva sua nomina a vice presidente confederale sia decollata proprio a seguito di quell’appassionato intervento in difesa di Carlo Sangalli. Se fosse così, sarebbe molto grave.
Non essendo assimilabile ad un alpino in gita, molto più facile da condannare e sanzionare nei comportamenti, i distinguo, i “ma” e i “però” sul comportamento del Presidente si sono comunque moltiplicati. E anche questo andrà chiarito. Non ci possono essere scorciatoie. Dentro e fuori della Confcommercio. Il maschilismo strisciante ha poi fatto il resto banalizzando un tema che non può essere banalizzato. E neppure sottaciuto. Il meetoo ha funzionato con Harvey Weinstein, l’ex produttore cinematografico statunitense. Non da noi. Almeno fino ad oggi. E questo è inaccettabile. Su questo l’intera Confcommercio deve fare ancora molta strada.
A mio modesto parere le dimissioni di Carlo Sangalli, dovute a prescindere, per l’immagine ormai compromessa che fornisce dentro e fuori la Confcommercio, dovrebbero invece essere vissute come liberatorie, normali e scontate anche perché il Presidente non ha più nulla da dire da tempo. E questo ha condizionato chi lo circonda preoccupato di disturbare il leader e trovarsi così contro l’intero cerchio magico che mira a conservare l’esistente, così com’è, per ovvie ragioni. C’è una parte della classe dirigente che è arrivata al capolinea e che ha preso da anni l’andamento lento del capo.
Tra i vice presidenti, se togliamo il vice presidente vicario Lino Stoppani, Fabrizio Palenzona e l’ultimo entrato Francesco Pugliese che hanno uno standing personale indiscutibile, e a prescindere da Confcommercio, il resto della compagnia non arriva alla sufficienza. E in molti territori e federazioni l’ossessione degli uomini del cerchio magico tesa a premiare la fedeltà al leader e non la lealtà alla confederazione ha abbassato il livello politico complessivo. Quindi Confcommercio ha ben altri problemi che le resistenze di Carlo Sangalli al suo pensionamento.
Fortunatamente sia al nord che al sud ci sono ancora ottimi presidenti e direttori di Ascom che potrebbero dare il proprio contributo al rilancio della confederazione. Così come importanti presidenti di Federazione che si sono volutamente tenuti lontani dal sinedrio confederale. Restano però qua e là personaggi sopportati da tutti che non sfigurerebbero sul carrello dei bolliti di qualche ristorante stellato piemontese.
Confcommercio ha oggi altre priorità. Non può permettersi di non vedersi riconosciuto il suo peso organizzativo. Ha settori che hanno pagato un prezzo altissimo alla pandemia tra chiusure di attività o in difficoltà nella ripartenza addirittura nel reperire gli organici necessari, ha territori e associazioni in affanno su cui si riversano le tensioni e il disorientamento di chi non sa cosa aspettarsi nel futuro prossimo e ha un centro romano che ha perso gran parte della sua autorevolezza.
Basta guardare le vere sfide per i comparti del terziario di mercato rappresentati in confederazione attraverso il filtro del PNRR per capire che la Confcommercio non sta incidendo in rapporto a ciò che la pandemia ha evidenziato in termini di innovazione necessaria.
C’è un terziario moderno in cerca di rappresentanza che vuole crescere. C’è un perimetro del commercio nazionale che va ridisegnato, ci sono cambiamenti profondi nella ristorazione e nei piccoli esercizi commerciali chiamati a misurarsi con i cambiamenti nelle città e nei nuovi centri commerciali. C’è da gestire una vera e propria rivoluzione nel comparto dei trasporti e della filiera logistica anche sul piano associativo.
Ultimo ma non meno importante un CCNL fermo da oltre due anni che non è più in grado, per evidente carenza di leadership politica, di anticipare e accompagnare le esigenze delle imprese. E non sto parlando né di quello del Turismo, dei piccoli esercizi e della ristorazione per i quali è evidente la necessità di muoversi con maggiore cautela.
Sto parlando del futuro del terziario italiano che ha bisogno di una visione dell’innovazione che si appalesa nei convegni, nelle interviste e nelle riunioni interne ma che non trova poi alcuna vera messa a terra. Ed è su questi argomenti che si misura l’insufficienza delle leadership, la mancanza di una strategia di ripartenza e della passione necessaria per realizzarla.
Inevitabile un cambiamento ai vertici.Si chiude un’era che deve dare forza ad un rinnovato interesse verso tutte le associazioni del territorio.Un sostegno con un atto d’amore verso chi sostituisce gli uscenti,per avanzamento di età.