Grande Distribuzione. Bene la prima con il Governo ma sull’inflazione c’è ancora molto da fare

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Prima ci hanno provato in ordine sparso le differenti insegne ad arginare l’aumento dei prezzi  indotto dall’aumento dei costi delle materie prime e dell’energia. Qualcuna, ingenuamente, ha pensato potesse essere sufficiente annunciare ai propri clienti la volontà di resistere, scaricarne, in parte,  costi sui margini e alzare la voce con l’industria. Ovviamente non poteva durare a lungo.

L’inflazione è una brutta bestia se sei costretto a subirne le conseguenze. Però ha la sua utilità  e i suoi vantaggi per chi la sa (o la vuole) strumentalizzare a proprio vantaggio. Sia a livello macro che micro. La Grande Distribuzione si è trovata politicamente impreparata ad affrontare il fenomeno perché i suoi principali interpreti erano  abituati a risolvere tutto nel  rapporto con i propri fornitori, a comprimere i costi  e a ragionare sulle performance in rapporto all’anno precedente. Non ne hanno percepito né il rischio connesso alla durata né le possibili conseguenze sul lungo termine. Alcuni si sono quindi trovati nella spiacevole condizione di “abbaiare alla luna” nel disinteresse generale non riuscendo spesso a convincere del proprio impegno neppure i clienti.

Per chi ha un reddito fisso l’inflazione è però è un problema serio. Per chi ha un reddito basso, un dramma. L’inflazione impone delle scelte sui consumi. Alcune non sono comprimibili. Soprattutto se coinvolgono le diverse aspettative dei componenti (giovani o meno giovani) delle famiglie. Chi governa l’economia familiare deve però fare dei tagli. Ed quindi si taglia o si sostituisce ciò che compone la spesa quotidiana. Non certo il resto. Almeno fino a quando si può. Da qui l’effetto positivo sui fatturati della GDO (per gli aumenti dei listini) e contemporaneamente l’effetto negativo sui volumi di vendita.

Ho letto le critiche all’entità e al contenuto del provvedimento “Dedicato a te”. Occorre però distinguere tra i diversi protagonisti in commedia. Non entro nel merito della qualità e dell’utilità concreta del provvedimento. Non è questo il luogo. Federdistribuzione e le altre associazioni hanno però fatto bene ad accettare l’interlocuzione con il Governo. E hanno fatto bene a sottoscrivere l’intesa. Aggiungo che  hanno fatto ancora di più accettando di aggiungere 75 milioni facendosi carico di un ulteriore sconto del 15% per le famiglie disagiate che si sommano ai 500 milioni stanziati dal Governo a favore di 1,3 milioni di famiglie. 

Quello che alcuni, anche in GDO, non capiscono è che essere protagonisti implica la capacità di essere riconosciuti, sottoscrivere accordi, tessere relazioni e saper esprimere, nelle sedi che contano, le proprie ragioni con un’unica voce, cercando di far pesare le proprie ragioni nelle scelte. Al di là dei contenuti degli stessi. La GDO non ha compreso per tempo che l’impatto del fenomeno inflativo era fuori dalla sua capacità di gestione così come le dinamiche legate alla ripresa post covid che avvantaggiavano gli altri interessi presenti nella filiera. È così  ha reagito “gettando” risorse dalla finestra, assorbendo parte degli aumenti senza però trarne alcun beneficio sul piano della “riconoscenza” dei consumatori e della politica che hanno continuato e continuano a pensare che il “caro carrello” dipenda sostanzialmente da chi espone il prezzo sui lineari e non dall’aumento dei listini industriali. Poteva fare altro? Certo che sì. Ma questo avrebbe comportato una replica precisa, circostanziata, trasparente e credibile. Non una troppo semplice auto assoluzione.

Giorgia Meloni è stata chiara: “ Il problema principale che ha impattato sulle famiglie italiane quest’anno è stato l’inflazione ed è un tema al quale il governo ha dedicato diverse misure dall’inizio del suo mandato: penso al tema del rafforzamento dei salari più bassi, particolarmente con il taglio del cuneo contributivo; penso al fatto che abbiamo aumentato la platea delle famiglie che potevano accedere al sostegno per pagare le bollette energetiche e a tante altre iniziative. Oggi ce n’è una che riguarda particolarmente quel 1.300.000 famiglie che hanno maggiori difficoltà nell’acquisto dei generi di prima necessità, il famoso “caro-carrello”. Annunciato nei mesi scorsi, il provvedimento prevede un aiuto una tantum destinato a chi ha un ISEE fino a 15.000 euro annui, che verrà erogato attraverso gli Uffici Postali.

È un provvedimento sufficiente? Ovviamente No. E non è neppure facilmente gestibile vista l’azione sottobanco  delle lobby per aggiungere o togliere dall’elenco ciò che deve essere considerato o meno di prima necessità.

In Francia, avuta la consapevolezza a livello politico e dell’insieme della parti sociali della consistenza e della possibile durata del fenomeno inflativo, oltre settanta gruppi presenti nella filiera, a monte e a valle, comprese le multinazionali, si sono impegnate a ribassare i prezzi se e quando la quotazione  delle materie prime dovesse scendere sotto il 20% dallo scorso marzo. Un automatismo pronto a scattare nonostante le regole della definizione dei prezzi  fra industriali e grande distribuzione su ogni categoria di prodotti, che, una volta concordati, restano in vigore per l’intera annata. «Verificheremo e sanzioneremo quelli che non rispettano le regole», ha pure promesso il ministro Le Maire.  Efficace concretamente o meno è una forte chiamata alla responsabilità di tutti gli attori in campo.

Il Ministro dell’economia francese ha ricordato che il suo ministero “ha un potere d’ingiunzione rispetto ai distributori e agli industriali per dir loro di riunirsi, trovare degli accordi e fare abbassare i prezzi”. Ecco questo è il punto. Le nostre associazioni GDO avevano sollevato una  proposta analoga senza però trovare alcuna sponda né nell’industria  né nella Politica nazionale. Il recente incontro con il Governo  è comunque importante se propedeutico ad un ulteriore passo in avanti che allarghi il tavolo di confronto a chi, quegli aumenti decide. Sia esso dell’industria a monte che della distribuzione.

Occorrerebbe arrivare a sottoscrivere un vero e  proprio “patto anti-inflazione” per ridurre la tendenza inflazionistica almeno sui prodotti di maggior uso quotidiano. Le Maire ha ricordato di non avere alcuna  intenzione di imporre una lista di prodotti (come purtroppo hanno preferito avventurarsi da noi) o di indirizzare le scelte dei distributori, che saranno “liberi” di scegliere quali prodotti. Ha solo sottolineato che “ci limiteremo a garantire che gli impegni presi dai distributori siano rispettati”.

Tra l’altro come ha sottolineato Alexandre Bompard CEO di Carrefour, l’intervento privilegerà soprattutto “i marchi privati, poiché è su questi che possediamo più margine di manovra”. Affinché i negoziati sui prezzi siano trasparenti, il ministro ha annunciato che pubblicherà un “rapporto trimestrale dell’Ispettorato generale delle finanze sui margini dei produttori, dei distributori e degli agricoltori”, “in modo che ognuno possa farsi un’opinione” per garantire che le decisioni siano prese “in totale trasparenza”.

La domanda che mi pongo è: “chi ha paura della trasparenza sulla effettiva composizione dei prezzi nel nostro Paese?” Non si fa politica, scaricando le responsabilità altrove o lamentandosi dei giudizi o delle lobby altrui. La Grande Distribuzione italiana può uscire dall’angolo dove è finita. Però deve cominciare a fare politica sul serio come comparto. Ottima la prima di Carlo Buttarelli  e compagnia al di là del risultato concreto. Adesso  occorre insistere. 

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