I piazzali della logistica sono in ebollizione. Pochi lo stanno sottolineando. Il sindacalismo di base nelle sue varie colorazioni ha lanciato la sua parola d’ordine unificante e “pericolosamente” condivisa: “internalizzare ciò che è stato esternalizzato”. Una sorta di “reshoring” aziendale forzato. Come per i rider. Tutti dipendenti diretti. Ma qui si parla di un comparto molto più complesso del home delivery. Tra una parte della magistratura milanese che giustifica il blocco delle merci e i picchetti come fossimo negli anni 70 e l’affanno dei sindacati confederali dal comparto privi di una strategia condivisa, la tensione continua a salire.
Il tema centrale, nei prossimi mesi è se CGIL-CISL-UIL unitariamente o a livello di singole organizzazioni si metteranno ad inseguire i Cobas sul loro terreno o si porranno in una logica di gestione delle conseguenze dell’evoluzione del sistema logistico nazionale. Le spaccature tra CGIL e UIL da una parte e CISL dall’altra sul giudizio di ciò che sta facendo il Governo, così come in alcune vicende aziendali, segnalano uno scenario sindacale in movimento. Capirne la direzione è importante.
Intanto nella logistica si sta giocando una partita decisiva. Le aziende, sia industriali che commerciali stanno cercando di ridisegnare i propri confini organizzativi per renderli più vicini alle esigenze dei clienti ma stanno anche correndo ai ripari a seguito delle continue difficoltà incontrate nella gestione dei loro magazzini pur terziarizzati proprio per l’azione antagonista dei sindacati di base. E questo provoca conseguenze inevitabili. Con l’affermazione del concetto di supply chain si è passati nel tempo da una funzione di supporto organizzativo ad una funzione strategica per lo sviluppo delle singole aziende. L’outsourcing logistico è inevitabile perché consente una concentrazione sul core business e costituisce una soluzione decisiva per tutte le aziende che ricercano nuovi metodi e una soluzione per alzare il livello di efficienza aziendale e di produttività, indispensabile per competere oggi. La logistica moderna non comprende semplicemente, come in passato, il trasporto merci o la gestione dei magazzini. Si vanno a coinvolgere settori ben più ampi di questi: dalla rete di approvvigionamento delle materie prime alla distribuzione della merce, passando dal processo di ordine ed eventualmente di gestione del reso.
Ognuno di questi aspetti, inevitabilmente, va a influire su tutti gli altri. Dalla sua attenta pianificazione, in un regime di forte concorrenza come quello attuale, può dipendere il successo o l’insuccesso imprenditoriale di un’azienda. È chiaro che i costi logistici, gli appalti e i relativi sub appalti, la gestione stessa dei magazzini e del personale da parte dei terzisti sono un fattore chiave in termini di efficienza e di produttività del sistema. E questo porta con sé una serie di contraddizioni sugli addetti, gestiti spesso spregiudicatamente, che devono essere affrontato e risolti rapidamente. Senza questo scatto in avanti del comparto situazioni legittime di cambiamenti di strategia vengono strumentalizzate e bloccate con pesanti conseguenze economiche sulle imprese logistiche serie ma anche sulle imprese committenti.
Dalla fine di settembre l’operatore logistico Number1, ha comunicato che il principale cliente Barilla ha deciso di ridistribuire le merci verso Francia e Belgio (pasta, sughi, bakery) da altri siti. L’intero polo logistico della Number1 di Parma è a rischio di ridimensionamento nei prossimi anni, dipendendo in maniera preponderante dalla strategia industriale e distributiva di Barilla. ADL Cobas dichiara: “Bisogna respingere oggi questo primo ridimensionamento per difendere l’occupazione di oltre 450 persone domani. Barilla e Number1 ritornino sui loro passi”. Sullo sfondo di questa vicenda, è l’intero polo logistico della Number1 (in totale oltre 450 addetti nell’area di Parma) ad essere a rischio di ridimensionamento nei prossimi anni, dipendendo in maniera preponderante dalla strategia industriale e distributiva di Barilla.
Situazione analoga alla Movinlog spa che gestisce i magazzini della Grassini Bon sponsor principale della Pallacanestro Reggiana dove, dopo 15 anni di gestione di quelle specifiche lavorazioni tramite gli appalti, l’azienda reggina ha deciso una riorganizzazione tesa a ridurre i costi. Altra vertenza aperta al magazzino Coop Alleanza 3.0 di Cesena dove i dipendenti in appalto della cooperativa Astercoop aderenti a ADL Cobas, puntano a delegittimare il sindacato confederale cercando di inserirsi come interlocutore negoziale.
Alla Leroy Merlin a Castel San Giovanni è attesa entro il 10 novembre la decisione finale. Nell’ultimo incontro in Prefettura, l’azienda ha ribadito che il piano industriale prevede la riorganizzazione della rete logistica, con l’apertura di nuovi impianti per rispondere alle esigenze dell’e-commerce. Si è comunque riservata di dare una risposta definitiva in un nuovo incontro che si terrà il 10 novembre. I sindacati hanno chiesto la garanzia di una possibile rielaborazione del piano industriale che consenta al magazzino di Castel San Giovanni di rimanere aperto, in modo da salvaguardare l’occupazione di circa 500 lavoratori con l’impegno a rimanere in attesa di questa risposta senza attivare procedure di protesta.
Si allarga intanto la protesta del Si Cobas davanti all’impianto di Colleferro (Roma), unico altro grande sito di Leroy Merlin, oltre a quello di Castel San Giovanni. Intanto la Uiltrasporti stigmatizza: “Siamo profondamente colpiti da questo evento drammatico che riguarda 500 lavoratrici e lavoratori del deposito Leroy Merlin di Castel San Giovanni che segue la vicenda Tnt Fedex che ha chiuso la sede di Piacenza lasciando a casa 285 lavoratrici e lavoratori”. CISL, CGIL e UIL del comparto trasporti tentano così di riprendersi il campo occupato dai Cobas.
Infine un segnale, a mio parere, altrettanto preoccupante da parte dell’intero sindacato confederale a Coop Alleanza 3.0 che in un perentorio comunicato sulla terziarizzazione della logistica di Coop Alleanza hanno affermato: “Non condividiamo e respingiamo il processo di affidamento a terzi delle attività dei magazzini ad oggi assegnate a lavoratori diretti”. La contrarietà di Filcams Cgil, Fisascat Cisl e UilTucs alla scelta di esternalizzare il servizio della logistica è così messa nero su bianco in un contesto, quello GDO, dove quasi tutte le altre insegne hanno terziarizzato i loro magazzini. Un’inseguimento pericoloso, a mio parere, nel campo dell’antagonismo sociale che rischia di smentire una storia di collaborazione seria, fondamentale per l’azienda, ma anche per i lavoratori.
Anziché scegliere di sperimentare, insieme, un prototipo di gestione della logistica esternalizzata esportabile in altre realtà con le giuste protezioni ai lavoratori, il sindacato confederale sembra preferire un passo indietro. Affidarsi a un fornitore esterno di servizi in grado di garantire alti livelli di competenza è fondamentale per creare valore senza sottovalutare i costi. Il 27 marzo, quindi ben sette mesi fa, Coop Alleanza 3.0 aveva informato i sindacati confederali di voler procedere all’esternalizzazione di tutte le attività di logistica dei suoi magazzini in linea con le altre aziende del comparto. Questa operazione non avrebbe tra l’altro comportato particolari conseguenze sul personale addetto. I 142 dipendenti impiegati nei magazzini di San Vito al Tagliamento (in provincia di Pordenone), di Reggio Emilia, di Forlì e Anzola (Bologna), sarebbero stati trasferiti nei punti vendita più vicini al loro attuale posto di lavoro.
Coop Alleanza dichiarò a marzo: “un passaggio utile e necessario che produrrà efficientamenti e ottimizzazione nei processi di distribuzione delle merci”. Chiamarsi fuori ribadendo che: “Riteniamo insostenibile l’impatto sulle persone coinvolte in questa iniziativa, inaccettabile l’accelerazione del processo voluto dalla cooperativa e riteniamo di dover rivendicare l’internalizzazione delle attività logistiche, anche perché la gestione diretta delle attività porta alla cooperativa una maggior qualità del servizio” costituiscono un evidente segnale di rottura con l’azienda a fronte di un problema che non coinvolge di fatto le persone (già sistemate altrove) e apre uno scenario di scontro sempre più difficile da ricomporre. Una situazione che a lungo andare, rischia di sfuggire di mano a tutti.