L’accordo sottoscritto pochi giorni fa da Esselunga con i tre sindacati confederali di categoria ha fatto da apripista. E così è stato raggiunto un accordo, seppure di contenuto differente ma altrettanto risolutivo, tra il sindacato di base SI Cobas e Leroy Merlin. La situazione era ormai diventata ingestibile. Due mesi di scioperi, azioni di sabotaggio e decine di azioni di disturbo in numerosi punti vendita avevano ormai posto fuori controllo la situazione. L’azienda ha riconfermato il recesso dal contratto di fornitura e la conseguente chiusura del deposito di Castel San Giovanni, che impiega circa 350 lavoratori alle dipendenze della società Iron Log. Ha però spostato al 31 maggio la chiusura definitiva in modo da consentire una gestione più morbida dei passaggi. L’accordo prevede 80 ricollocazioni volontarie nella nuova sede di Mantova, buone uscite più elevate di quelle proposte in un primo tempo e come scritto sopra lo spostamento di qualche mese della chiusura rispetto alla data prevista inizialmente. A chiusura della dura vertenza Leroy Merlin e Iron Log hanno accettato di ritirare ogni querela sporta in questi mesi contro le azioni di protesta e hanno concordato un’erogazione di 2000 euro anche per i tempi determinati con contratto in scadenza. L’assemblea indetta subito dopo la firma ha registrato un’adesione pressoché totale dI approvazione da parte dei lavoratori.
Le ragioni dell’azienda francese sono state abbondantemente spiegate in tutti gli incontri che si sono avuti a partire dal 26 ottobre prima che la situazione, sfuggisse di mano. L’azienda si è limitata a riproporre non solo i problemi di gestione del centro, come aveva già dichiarato nei precedenti incontro: “Il National Distribution Center di Castel San Giovanni, non può trovare spazio perché da tempo presenta performance operative e di servizio gravemente al di sotto degli standard minimi di mercato. Tali inefficienze del magazzino hanno pesato per un valore di oltre 24 milioni di euro negli ultimi 3 anni, per ragioni non imputabili a Leroy Merlin». «L’insieme di queste inefficienze, unito a periodi di inattività, continua ad avere, inoltre, gravi ripercussioni sulle vendite dell’azienda, sui servizi resi ai clienti e sul business dei propri fornitori, alcuni dei quali dipendono da Leroy Merlin per il 60% del loro fatturato.
Nonostante questo l’azienda aveva fin da subito dichiarato la disponibilità a supportare Iron Log nella ricollocazione di una parte dei lavoratori presso un altro provider logistico all’interno del deposito sito a Mantova, nonché a collaborare affinché Iron Log potesse porre in essere un complessivo piano di incentivazione finalizzato ad agevolare la ricollocazione dei lavoratori anche attraverso servizi di outplacement”. L’azienda ha ribadito la nuova strategia distributiva che determina la necessità di presidiare diversamente il territorio nazionale. Per la realtà multi specialista, tale potenziamento prevede negli aspetti logistici l’apertura entro il 2024 di almeno 4 nuovi Market Delivery Center (MDC) e Punti di Redistribuzione regionali, al fine di rendere la distribuzione e la consegna più efficiente e capillare che consenta di essere più vicina al consumatore finale. Il piano complessivo di rafforzamento della struttura logistica si stima possa generare nei nuovi centri 700 posti di lavoro indiretti». Pur con un saldo finale abbondantemente positivo è evidente che a Castel San Giovanni, dimezzando il lavoro distribuito altrove, si dovrà fare a meno di circa 250/300 addetti. Nessuno di questi dipendenti di Leroy Merlin.
Il SI Cobas è un sindacato autonomo fondato nel marzo del 2010 attivo nel comparto della logistica. Settore segnato da una fortissima presenza di manodopera immigrata. La tipologia del lavoro e la forte solidarietà all’interno delle comunità etniche di appartenenza favoriscono il tipo di pratica sindacale conflittuale portata avanti da SI-Cobas tra gli addetti, basata su tattiche di scontro radicali e con un forte impatto, come quella del blocco dei piazzali e delle merci. Inoltre i sindacati di base possono contare su di una rete di simpatie e di militanza costituita da centri sociali, organizzazioni studentesche e altri gruppi, che partecipano attivamente ai blocchi e amplificano le azioni di protesta.
Il magazzino di Castel San Giovanni, aperto nel 2015 con circa 60 operai, in questi anni ha ampliato le attività, fino ad impiegare più di 500 lavoratori tra dipendenti diretti e manodopera in appalto, e nel tempo ha registrato un tasso di sindacalizzazione prossimo al 100%, con i lavoratori quasi tutti iscritti al SI Cobas. L’accordo raggiunto chiude una fase. Apre però un tema più generale che ho già cercato di affrontare. Il problema non è se occorre o meno internalizzare le attività. C’è, da un lato, l’assoluta necessità di rispettare leggi e contratti e affidarsi a terzisti che le rispettano e che pagano contributi e tasse.
C’è però, dall’altro lato, da tenere sotto controllo appaltatori senza scrupoli che si autotutelano tramando nell’ombra con sindacalisti, caporali e caporioni di varia provenienza e natura. Le aziende spesso vi si affidano in buona fede e ne restano poi invischiati. C’è da tenere in considerazione che, parte della magistratura ha deciso di assumere un ruolo sostitutivo o di supporto delle iniziative sindacali giustificando spesso azioni e iniziative di scontro sindacale che, in successivi livelli di giudizio vengono cassati o ridimensionati. Ma che nel frattempo producono danni economici rilevanti. Così come non è facile gestire azioni di sabotaggio e di disturbo rapido che vengono sempre più spesso messe in atto e che nella loro esecuzione non necessitano di grandi mobilitazioni. Spesso nemmeno dei lavoratori coinvolti.
Occorre sottolineare in termini di prevenzione futura che il cambiamento di clima sociale in atto porta con sé scenari imprevedibili non considerati nel momento della sottoscrizione degli accordi di insediamento. Il lavoro povero presente nelle grandi concentrazioni logistiche, nei mall e nei servizi nei centri commerciali di notevole dimensione porta con sé, se cambia il clima sociale, un rischio economico imprevedibile per la facilità di mettere con le spalle al muro quei luoghi con azioni mirate ed eseguite, anche da piccoli gruppi, con il minimo sforzo. E, aggiungo, di difficile prevenzione e repressione.
Le due ultime vicende (Esselunga e Leroy Merlin) pur concluse positivamente sia per l’azienda che per i lavoratori coinvolti innescano scenari nuovi e imprevedibili e portano sotto i riflettori protagonisti e problematiche diverse da quelle conosciute fino a poco tempo fa. Scenari e protagonisti da non sottovalutare.
I suoi articoli sono illuminanti
Aiuti i sindacati confederali ad atterrare sul pianeta terra
Mi giungono voci che i primi tavoli di trattativa sul rinnovo del Ccnl del Trasporto e Logistica si concentrino principalmente su sostanziosi aumenti dei minimi contrattuali
Peccato!
Tra l’altro anche su questo tema i sindacati autonomi li stanno anticipando
Grazie
Lei dice vicenda conclusa positivamente ( Le Roy Merlin ). A conti fatti l’ azienda esce dalla provincia di Piacenza per sempre con quasi 30 milioni di euro di perdite e a perderci sono tutti i piacentini presenti e futuri che materialmente potevano lavorarci, i ricollocamenti sono gli stessi di inizio trattativa e alle stesse condizioni e le buone uscite sono niente considerando che i lavoratori di Le Roy Merlin ( indeterminati ) contavano di arrivarci alla pensione in quel magazzino …
Ne sono convinto. La piega che stava prendendo era pesantissima. Se non si fosse raggiunto un accordo i promotori di quegli scontri si sarebbero trovati individualmente anche i danni provocati da rifondere. L’azienda ha spiegato perché che in quel centro non ci poteva più stare. Probabilmente la situazione poteva essere rimediata se affrontata per tempo. Al,emo un anno fa. Non è stato fatto nulla e le perdite sono continuate…. Una volta decisa la chiusura nessuna azienda multinazionale torna indietro. Nonostante la durezza dello scontro alla fine si è trovata un’intesa che il 90% dei lavoratori ha approvato. Poteva finire molto peggio.