Aldi e Esselunga alla ricerca di uno spazio nella Milano che verrà…

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Milano è un grande cantiere. Nel ridisegno di ciò che sarà la città le principali insegne della Grande Distribuzione si posizionano scommettendo su ipotesi di futuro. C’è chi scommette sui centri commerciali, chi sui nuovi quartieri e chi cerca di insediarsi in luoghi più tradizionali. Sarà comunque una città polarizzata in termini di reddito, dove residenti, soprattutto anziani, lavoratori dei servizi poveri, soprattutto immigrati, nuovi giovani  professionisti legati al terziario di mercato e turisti la frequenteranno determinandone il nuovo volto. Una città ricca, europea, essenzialmente terziaria con sacche di povertà, emarginazione e disagio.

Nella transizione tra vecchio e nuovo chiudono molti negozi, librerie, piccole botteghe alimentari e aprono altre attività. Le cause sono il livello degli affitti, la concorrenza dell’e-commerce e il mancato ricambio generazionale. Dal 2019 al 2023 hanno chiuso in città oltre 1200 negozi. Un calo del 4%. Crescono “minimercati e negozi di alimentari”, spesso gestiti da stranieri, con un +21,6% nel confronto fra 2019 e 2023.  Sono cresciuti anche i ristoranti. Oggi sono più di 4600. Un aumento, quindi, di circa l’11%. Un trend su cui riflettere. C’è chi si immagina un futuro fatto di strade deserte, gente chiusa in casa a ordinare ciò che serve attraverso il PC. Personalmente non credo sarà così. Ci sarà un po’ di tutto. Come dev’essere.

Un caso interessante, in controtendenza,  coinvolgerà uno storico Cinema di Milano: il  Plinius di viale Abruzzi nella zona est di Milano, nel quartiere Città Studi. Un altro quartiere in grande trasformazione. Chiuso per ristrutturazione il cinema riaprirà ad agosto insieme ad un punto vendita Aldi. Un binomio interessante. Aldi è presente in 18 Paesi. In Italia da maggio del 2015, a Milano ha già sei punti vendita. Altri sette in provincia; 177 nel nord italia (Trentino AA, Veneto, Friuli, Lombardia, Emilia, Piemonte). Il Plinius non è un cinema qualsiasi. Nasce nel 1936 con una capienza  di oltre 2 mila posti dotato di  un palcoscenico per spettacoli dal vivo di varietà, ma anche per commedie e lirica.  È il luogo che il grande Totò sceglie per la sua prima esibizione in una città del Nord Italia. Dopo la guerra diventa un locale esclusivamente per proiezioni cinematografiche di seconda e terza visione. Nel 1967 diventa un cinema punto di riferimento per tutti i milanesi. È chiuso ormai da qualche settimana per ristrutturazione. Sul sito e sui social annuncia la riapertura prevista per agosto, promettendo un salto nel futuro con  “poltrone premium, food & beverage e tecnologia”. I dipendenti sono stati ricollocati nel multiplex Le Giraffe di Paderno Dugnano, anch’esso gestito dalla famiglia Dattilo proprietaria del Plinius.

Nessuna trasformazione totale, quindi. In realtà “il cinema rimarrà – conferma al Giorno la proprietà –: avrà tre sale, le più capienti, completamente rimodernate, con accanto un punto vendita Aldi, nell’immobile che sarà sempre di nostra proprietà. L’intenzione è far convivere le attività unendo una realtà storica come la nostra con una più giovane e lavorare in sinergia”. Aprirsi anche a un’anima più commerciale garantirà la sostenibilità economica in un momento in cui i cinema in città sono diventati una rarità, soprattutto i monosala. Ma anche i multisala non se la passano bene: basti pensare all’Odeon, che diventerà centro commerciale, con previsione di “ricollocare“ le sale, che passeranno da 10 a 5, nei sotterranei. “Il nostro è un business nel quale crediamo ancora”, conferma la proprietà. “In primis per una questione affettiva”, visto che la gestione familiare oggi è alla terza generazione: il fondatore Mario De Martini ha passato il testimone alla figlia Marina De Martini la quale lo ha ceduto al figlio Salvatore Dattilo, attuale gestore, e alle sorelle. Sarà interessante vedere come Aldi interpreterà questa location. L’insegna tedesca non è nuova a interessanti variazioni sul tema. Vedremo le sinergie che proporranno.

Nel frattempo Esselunga, dopo aver puntato prima su Merlata Bloom e poi  Mind con il suo Esselunga lab dedicato all’innovazione va a sud est della città dove sorgerà un altro nuovo quartiere. L’investimento è imponente: 2,7 miliardi di euro per costruire 3.500 appartamenti su 1,1 milioni di metri quadrati. Un’area che riuscirà a catalizzare attorno a sé circa 30mila persone al giorno tra residenti, studenti, spettatori, sportivi e lavoratori. È il nuovo quartiere di Santa Giulia, l’area alle porte di Rogoredo dove si sta realizzando l’arena per le Olimpiadi invernali del 2026. A Nord del parco verranno costruite due ulteriori macro aree: una più commerciale costituta da due piani interrati e uno fuori terra (chiamata Soul) e un’altra prettamente residenziale. Quest’ultima (chiamata Linfa) sarà caratterizzata da abitazioni che si affacciano su un percorso  che corre a fianco di un laghetto per quasi 400 metri. Accanto a Soul verrà costruito un nuovo Superstore di  Esselunga. I cantieri partiranno nei prossimi mesi.

Aldi e Esselunga, a loro modo,  rappresentano  due facce della stessa medaglia. Nel mezzo tutte le altre insegne. Entrambe proiettate nel futuro della città. La prima ha risorse pressoché infinite. Si muove con cautela, gioca sui tempi lunghi e anche su location tattiche. Teste di ponte che saggiano contesto e competitor. Sta facendo esperienze diverse in ogni parte del mondo dove è presente. Esselunga, al contrario, è la classica azienda italiana che sa che non gli è concesso sbagliare. Assediata nei suoi territori d’elezione da numerosi competitor  può però contare sul rapporto con i propri clienti e su ciò che di nuovo propone la Milano che verrà. Gode di un vantaggio sulle location più interessanti, precluso ad altri.

Simbolicamente rappresentano uno schema classico di confronto che altre insegne, a Milano come altrove, cercano di interpretare a loro modo contribuendo a disegnare il futuro della GDO. Ci diciamo sempre che questa è una città che fa a sé rispetto al resto del Paese.  E forse è vero. Ha dinamiche e accelerazioni altrove sconosciute. A mio modesto parere, proprio per la sua composizione sociale, le sue contraddizioni, il contesto economico che la contraddistingue, il suo essere l’unica vera città europea segnala che, esserci o non esserci fa ancora la differenza.

Esselunga è diventata ciò che è oggi proprio per essere cresciuta ad immagine di chi vive in questa città e nella sua provincia. Altri ne insediano la leadership ancora da lontano. La difficoltà, non solo per Esselunga,  è proprio dovuta ai cambiamenti strutturali della città. Nei luoghi, nei rapporti tra le persone, nelle generazioni. La sfida, quindi,  è riuscire ad interpretare questi  cambiamenti senza perdere l’anima e senza diventare uguale agli altri. Facile a dirsi, difficile da realizzare. 

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