Parlare di futuro, presentare scenari e tendenze fa parte dell’attività di un’associazione. Federdistribuzione ha imposto una levataccia a molti per poter presentare a Roma ai suoi soci, nella sede del CNEL, i risultati di alcune ricerche commissionate dalla federazione stessa. Qualcuno, forse ingenuamente, pensava che venisse presentata anche la strategia e i capisaldi della famosa “distintività” pretesa dalla Distribuzione Moderna, che giustifichi la presenza di un CCNL in concorrenza con altri. Così non è stato.
D’altra parte, il titolo dell’iniziativa era ambizioso: “Il lavoro nel settore Retail 2030. La sfida del lavoro sostenibile per i lavoratori e imprese”. L’impressione, leggendo il comunicato che, al contrario, ci fosse voglia di parlare d’altro non avendo ancora nulla da raccontare di nuovo sul tema della centralità di un CCNL appena firmato che avrebbe bisogno di una profonda rivisitazione. In questi casi le presentazioni di contesto aiutano. Sui dati, c’è poco da aggiungere. Uno studio di PWC fotografa il settore distributivo che conta oltre 440 mila occupati, con un trend in crescita del +7% tra il 2018 e il 2022 mentre l’incidenza del part-time è del 44%; l’occupazione femminile raggiunge il 63%, superiore alla media nazionale del 42%. Non è chiaro quanto part time involontario è femminile e quale percentuale ricopre rispetto al 44% del totale del part time.
Comprendo poi la difficoltà del Prof. Nando Pagnoncelli, Presidente di Ipsos, nell’evidenziare “alcuni punti di attenzione” nella percezione del lavoro nel settore distributivo, legati principalmente al tema della conciliazione vita-lavoro e ai ritmi di lavoro richiesti. Dietro questa cautela lessicale c’è il futuro e le contraddizioni del lavoro della GDO. Le difficoltà del recruiting e della retention dei prossimi anni.. C’è il tema dell’attrattività per i giovani, del lavoro femminile in termini qualitativi e quantitativi, le politiche di sostegno alla genitorialità, i congedi parentali, utilizzabili dai lavoratori dipendenti per prendersi cura dei figli, la necessità di promuovere, anche nelle imprese, un clima culturale volto a sradicare gli stereotipi di genere, a favorire la condivisione della cura tra padri e madri e a costruire un modello economico e di lavoro basato sulla parità, in grado di sostenere l’occupazione femminile. E, ultimo ma non meno importante l’apporto indispensabile dell’immigrazione in termini di flussi, formazione e gestione. E su questo diverse aziende si sono mosse, semmai è la Federazione che non sembra tenere il passo. Poco stimolata ad occuparsi di temi cruciali.
Michele Faioli, Professore associato del Dipartimento di Diritto privato e pubblico dell’Economia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha provato, da parte sua, ad evidenziare le potenzialità di utilizzo dell’intelligenza artificiale per migliorare il processo di matching, ossia di allineamento, fra le competenze richieste a livello aziendale e quelle offerte dai potenziali candidati. Tutte pratiche oggi lontane anni luce dal comparto se non in alcune realtà di dimensioni significative. E, anche a questo proposito, qual’è il ruolo di supporto della Federazione?
Infine i sindacati di categoria. Usciti da poco da un’estenuante marcia lunga quattro anni nel tentativo di affrontare le novità sul piano contrattuale si sarebbero forse aspettati di ascoltare la strategia negoziale di Federdistribuzione. Idee, materie di confronto, stimoli e provocazioni in grado di definire il nuovo campo da gioco, il coinvolgimento e i tempi di verifica. A loro è invece stato chiesto di parlare in generale della conciliazione vita-lavoro, dell’utilizzo di nuovi strumenti di welfare in linea con i bisogni emergenti dei lavoratori e sulla formazione.
Argomenti certamente nobili ma che, ad oggi, restano a loro preclusi nelle sedi dove il loro ruolo richiederebbe un confronto negoziale preciso. Infine non poteva mancare Renato Brunetta Presidente del CNEL che ha fatto una importante dichiarazione si sostegno alla Distribuzione Moderna come “elemento fondamentale per la tenuta e la coesione del tessuto sociale” salvo poi, a mio parere, sopravvalutare lo stato delle relazioni industriali del comparto.
L’impressione, per chi ha seguito lo streaming, è di essersi trovati ad un incontro per certi versi interessante ma che non chiarisce il valore aggiunto della Federazione di categoria in tema di lavoro né quali supporti e servizi nuovi intende mettere in campo per accompagnare le imprese nel cambiamento. C’è una visione passiva, difensiva per certi versi notarile del contesto. Il 2030 è dietro l’angolo. Non si capisce come Federdistribuzione intenda porsi per rispondere alle nuove esigenze che, proprio le relazioni, hanno evidenziato. Sinceramente speravo in uno sforzo maggiore sul tema da Federdistribuzione.
Sullo strumento della contrattazione nazionale (il CCNL) personalmente non vedo alternative. L’unica soluzione possibile dovrebbe prevedere una ritrovata sintonia di intenti (non necessariamente organizzativa) con Confcommercio tesa ad evitare futuri inseguimenti reciproci in dumping. Questo rischio, se non superato, tenderà inevitabilmente a penalizzarne i contenuti. Il 2027 scadrà il CCNL appena firmato. Quindi servirebbe dotarsi di un testo “ombrello” sul salario, welfare contrattuale, diritti e doveri firmato dalla Confederazione di piazza Belli in accordo con Confesercenti, Federdistribuzione, ANCD (Conad) e ANCC (Coop) sul modello ADM seguito da un negoziato specifico da parte di ciascuna federazione sui contenuti distintivi del contratto di loro competenza con i sindacati di categoria. A loro volta impegnati a modernizzare obiettivi e strategie. Ma questo va preparato da qui ad allora evitando di arrivare fuori tempo massimo come è successo in questo rinnovo. Se non verrà messo in campo rapidamente questo percorso dovremo aspettarci solo inseguimenti al ribasso sui costi tra associazioni, ritardi alle scadenze, tensioni sociali, scambi di accuse e convegni dai titoli altisonanti dedicati alla fine del decennio di cui è però difficile comprenderne il senso pratico…