L’operazione continua sottotraccia ma le difficoltà aumentano. In gioco c’è la governance della nuova realtà. Carrefour è però sempre nel mirino mentre gli analisti più attenti avanzano dubbi. Alcuni degli stessi fondi interpellati da Lazard avrebbero già gettato la spugna.
Ho seguito la “fuga” di Auchan dal nostro Paese e la cessione a Conad, non mancherò di documentarmi e di proporre le mie riflessioni anche su questa vicenda che ha conseguenze evidenti anche sulle attività di Carrefour nel nostro Paese.
C’è innanzitutto da sottolineare un’analoga spregiudicatezza nei comportamenti di Auchan. In Italia come in Francia. Da noi nell’aver trovato un modo originale di sparire senza lasciare traccia. Oltralpe per la pretesa di individuare finanziatori disposti a partecipare ad un’operazione di quelle dimensioni senza però farli entrare nella stanza dei bottoni. C’è una manifestazione di forza e di sicurezza che nasconde una debolezza di fondo.
La AFM è divisa. C’è chi crede nell’operazione e chi ne teme la complessità. Soprattutto le conseguenze. Questa volta c’è da metterci la faccia. Non certo da nascondersi dietro altri come hanno fatto da noi. La diffidenza di alcuni dei fondi coinvolti è sulla reale capacità manageriale necessaria per la dimensione dell’operazione, la sua gestione e le sue ricadute. In poche parole ne vogliono la governance.
In Italia organizzare la “fuga” è stato molto meno complesso. Individuato un interlocutore commerciale interessato a rafforzarsi, pronto a metterci la faccia e in grado di gestire l’operazione, l’obiettivo dei francesi era quello costruire un confine netto tra Auchan Retail e le altre attività presenti in Italia ed evitare di farsi trascinare in una palude politico-sindacale da cui sarebbe stato impossibile uscirne se non a costi altissimi sia economici che di immagine. In Francia non sarà altrettanto semplice. Due problemi di contesto.
Innanzitutto la reazione della politica e delle lobby. Non solo per la campagna elettorale presidenziale in arrivo. I sindacati sono già sul piede di guerra solo a sentire parlare di sinergie per 1,2 miliardi di euro (ristrutturazione acquisti, sedi, logistica, ecc.). E non credo possano bastare rassicurazioni o impegni generici sui dipendenti per un periodo più o meno lungo. L’operazione ha inevitabili effetti sull’occupazione, le prestazioni sociali e le condizioni di lavoro. Coinvolge tra ristrutturazioni e smantellamenti causati dalla vendita, 370 negozi, di cui 144 ipermercati.
E poi c’è l’ostacolo dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. Non tanto sulle dimensioni del nuovo gruppo (il 30% di quota di mercato in definitiva non è nulla di eccessivo) ma sulle sovrapposizioni delle realtà locali sia con i Super che con gli Iper. Mantenere il logo tricolore nella realtà che si andrebbe a creare rischia di comportare un prezzo elevato. Sicuramente maggiore a quello che avrebbe pagato Carrefour se fosse stata acquisita dalla canadese Couche-Tard. Ma il ministro dell’Economia, Bruno Le Maire, in uno sfogo patriottico, con il suo intervento a gamba tesa ha interrotto le nozze in extremis.
Adesso tocca ai Mulliez che però hanno bisogno di un partner finanziario che metta sul piatto intorno ai 4 miliardi di euro in contanti per migliorare la loro prima offerta di acquisto di Carrefour dello scorso ottobre che non superava i 17 miliardi di euro. Né servono almeno 20/21 per convincere i maggiori azionisti di Carrefour, che tra l’altro, chiedono il 100% in contanti. Sembra proprio che non vogliano rimanere un minuto di più dopo il passaggio di consegne. Anche loro non si fidano.
I Mulliez non si smentiscono nemmeno questa volta. Vogliono un partner di minoranza senza concedere nulla sulla governance in un’operazione complessa che comunque coinvolge due realtà entrambe in sofferenza. Inimmaginabile fino a un anno fa. Da quello che trapela “In famiglia, alcuni sono decisamente favorevoli, altri estremamente contrari. Far emergere un consenso più ampio richiede quindi tempo”. L’argomento è stato discusso in un incontro della Mulliez Family Association (AFM) che si è tenuto recentemente a Lille.
Per fare un deciso passo in avanti serve trovare nuovi finanziatori. Quindi i tempi si allungano. Si punta ad arrivare all’estate senza clamori. Ben dopo la campagna elettorale. Ovviamente i concorrenti non stanno a guardare. L’AD di Casino Jean-Charles Naouri, sta cavalcando le preoccupazioni sindacali di Carrefour adombrando 25.000 posti di lavoro a rischio tra la chiusura di un centinaio di ipermercati e le funzioni centrali e di supporto. Da sui la necessità di abbassare i toni e dichiarare la formale chiusura del dossier. Almeno per ora.
Secondo le informazioni ottenute da BFM Business, diversi importanti fondi contattati dalla Banca Lazard per conto di Auchan, avrebbero già rinunciato. “Ci viene offerto di essere partner di minoranza in un settore in difficoltà tra due gruppi molto esposti sugli ipermercati. E ci vengono preclusi reali diritti di governance”, spiega con grande chiarezza il gestore di uno di questi fondi.
È indubbio che Auchan avrebbe molto da guadagnare da questa operazione. Potrebbe beneficiare della strategia digitale più avanzata, del portafoglio più diversificato e del miglior posizionamento dei prezzi di Carrefour. Anche i rischi sono alti. Gli analisti di Barclays Nicolas Champ e James Anstead hanno sottolineato in una nota informativa che una potenziale fusione con Auchan potrebbe “far deragliare la ripresa in corso di Carrefour in Francia”, aumentando anche la sua esposizione al formato ipermercato a circa il 60%, rispetto agli attuali 50%.
Secondo la banca, la fusione porterebbe potenziali risparmi di sinergia di circa 930 milioni di euro, ovvero lo 0,9% delle vendite combinate, riflettendo “l’incertezza sui livelli delle dismissioni richieste”. Questo sarebbe inferiore ai risparmi di sinergia recuperati dalla fusione del 2016 di Ahold e Delhaize, che ha totalizzato l’1,2% delle vendite totali (750 milioni di euro). E senza considerare gli effetti sulla struttura manageriale in una fase così complessa.
Una prossima data importante per Carrefour sarà il prossimo 16 febbraio dove il management dovrà riferire sui risultati. Per ora Alexandre Bompard e i suoi sono concentrati sul loro lavoro. Lo stesso vale in Italia per Cristophe Rabatel e la sua squadra. I sindacati italiani con la firma del recente accordo sulla riorganizzazione e sugli esuberi hanno dimostrato la loro fiducia nella gestione. E la loro preoccupazione sulle nubi all’orizzonte. I miglioramenti in corso sono evidenti. Sarebbe però importante realizzare gli obiettivi.