Amazon preoccupa solo chi non vuole cambiare

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Amazon prosegue la sua crescita. La realtà è sempre più concreta delle traiettorie studiate a tavolino. I fatti ci dicono che online e offline, a volte ibridandosi più o meno convintamente,  inseguono i propri modelli di consumo.

Nei tempi lunghi il “negozio” fisico continuerà ad esistere, questo è evidente, ma  solo se saprà evolvere. Per molti resterà  il fulcro principale della propria attività pur in una logica omnichannel, per altri, vedi Amazon o Alibaba per citare i due campioni più significativi, sarà complementare. Parte di un ecosistema completamente diverso. Lo si capisce dalla preoccupazione costante che anima i giganti della Grande Distribuzione mondiale.

Brittain Ladd scomoda la famosa teoria della trappola di Tucidide per dimostrare i rischi dell’ossessione dell’azienda egemone (Walmart) nei confronti di quella emergente (Amazon). Le stesse date di nascita della prima (1962) e della seconda (1994) sono lì a dimostrare che la “lepre” giovane corre comunque più veloce di chi la insegue e che la cultura, l’organizzazione, il management e le radici profondamente radicate nel novecento costringono Walmart a rispondere colpo su colpo  al nuovo che avanza sacrificando così, sull’altare di quell’ossessione, energie, visione e risorse.

Walmart teme per il futuro del proprio business, lo presidia e tenta di insidiare quello dell’odiato “nemico”. Ne ha colto, forse più di altri,  la pericolosità per l’intero retail tradizionale se resta confinato nei propri recinti.  Amazon, al contrario, negli USA, danza intorno al gigante di Betonville schivandone puntualmente i colpi.

L’obiettivo dell’azienda di Seattle, al contrario di Walmart, non è inseguire o difendersi contrattaccando ma conquistare il “mondo” provando a creare un nuovo ecosistema nel retail con cui tutti dovranno farci i conti.

C’è voluta la recente decisione di Amazon di vendere  la propria tecnologia Just Walk Out per comprendere due cose. Innanzitutto che l’obiettivo principale di Amazon resta quello di fare molto di più “DEL” negozio tradizionale in termini di reputazione, rapidità e soddisfazione del cliente. In poche parole andare oltre. Non necessariamente competere “NEL” negozio. Quindi provare a scavalcarlo o, in subordine, renderlo complementare.

Da qui la sua strategia che ha consentito prima di creare e poi di vendere uno standard tecnologico nuovo più che innamorarsi del proprio presunto vantaggio competitivo trattenendolo per sé. Il negozio iper tecnologico è una prova di superiorità, di ingegno, di capacità innovativa ma da solo non porta da nessuna parte. Soprattutto per i suoi costi. Non è certamente quella la svolta che disegna il futuro del retail.

È il cliente e non  il punto vendita al centro della sua strategia. Amazon ha capito benissimo che una delle  chiavi per vincere nell’omnichannel è il dispositivo mobile già oggi nelle mani dei consumatori. Non semplicemente  la tecnologia che si può proporre nel negozio.

Walmart da parte sua  ha fatturato più di 510 miliardi di dollari nel 2019; Amazon è arrivata a circa 280. Non c’è partita se quest’ultima provasse a competere sull’offline. Ma nelle vendite online Amazon controlla più del 40% contro meno del 6% di Walmart.

Guarda caso, come insiste sempre  Brittain Ladd, qualsiasi decisione di Walmart è influenzata da ciò che fa Amazon. Non il contrario. E questo testimonia, più delle parole, forza e debolezze in campo…

È pur vero che con i suoi 4800 punti vendita il gigante di Betonville ha un vantaggio insuperabile nell’offline mentre Amazon oggi non supera i 600. Ma, mentre quest’ultima potrebbe colmare il gap acquisendo altre insegne e competenze, se questa fosse la sua strategia di business,   Walmart non è però in grado di colmare la distanza nell’online.

Come ho già scritto Amazon punta a creare un ecosistema del retail attraverso la tecnologia e l’innovazione continua dove i punti vendita fisici ci sono ma restano complementari per questo servono strutture di dimensione variabile vicine alle città da reinventare nelle loro funzione e scopi.

Amazon non risponde quasi mai sul terreno dell’avversario. Lo controlla a debita distanza. Il gigante del novecento di Betonville per ora non ha nulla da temere. Ha ancora molti anni prosperi davanti a sé. E ha le spalle grosse per resistere e, ogni tanto, segnare qualche punto a proprio favore. Ma la sensazione è che quel modello business è comunque declinante. E sono loro stessi i primi ad esserne convinti.

Difficile però cambiare in profondità. Anche per questo ogni difficoltà, ogni segnale, ogni reazione negativa del contesto al modus operandi di Amazon vengono enfatizzati oltre il necessario. Ma la traiettoria è chiara. 

Per la Grande Distribuzione si prospettano tempi di grande cambiamento. Come per molti modelli di business del secolo che abbiamo alle spalle la transizione non sarà semplice. Gli stessi modelli di consumo cambiano influenzati dal contesto, dalle nuove  culture che li alimentano e dalle opportunità offerte dalla tecnologia.

Per comprenderne e accompagnarne la direzione occorre dotarsi di molti punti di osservazione della realtà che cambia e di una grande capacità di ascolto dei territori. Chi lo sta facendo (anche da noi) avrà un vero vantaggio competitivo perché  anticiperà e guiderà il cambiamento necessario. La sfida è questa. 

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