In un recente articolo sull’Avvenire, Goffredo Fofi rilancia la sempre attuale favola di Fedro. “Una mosca ha preso posto sulla testa di un mulo che trascina un carro di cui un cocchiere tiene le redini, e crede di esser lei a guidare il carro, e di questo si fa bella col mulo, ma il mulo le ricorda che entrambi sono guidati da ben altro potere, a cui per forza obbediscono”.
Una attualità che rappresenta in modo plastico il dibattito politico che agita il vecchio centro destra e il vecchio centro sinistra. L’idea di alcuni è che, sia la Lega di Salvini che i 5S siano incidenti della storia e che, con qualche opportunismo tipico della politica italiana, possano essere condizionati e, perché no, riassorbiti dal gruppo come in una corsa ciclistica marginalizzandone le inevitabili derive estremiste. Non è così.
Le vecchie culture politiche del 900 si stanno ridimensionando ovunque nel mondo e quindi anche nel nostro continente. Da noi la dimostrazione è nella supposta furbizia di chi, nella destra moderata dopo le elezioni, ha pensato utile lasciar fare a Salvini per poi poterlo riprendere strada facendo.
La Lega, al contrario, è riuscita a dare una nuova fisionomia ad una destra popolare ponendosi addirittura come modello replicabile in altri Paesi perché ha saputo interpretare un vero cambiamento antropologico in corso lontano dai tatticismi dell’establishment moderato in tutta Europa.
A sinistra la batosta elettorale e l’irrigidimento che ne è seguito ha impedito immediate fughe in avanti verso i 5S in quella che sarebbe stata un accordo in sostanziale posizione di debolezza.
Carlo Calenda ci ha provato ad alzare la palla rilanciando la necessità di un fronte ben più vasto che potesse cercare sponde in altri movimenti dello stesso segno in Europa ma non è riuscito a scaldare i cuori lasciando così il campo ad un gruppo dirigente interno al PD che rischia di avvitarsi su se stesso.
Quello che a mio parere sfugge è che i due “nuovi” movimenti hanno in parte la stessa radice. Ed è una radice contraria all’Europa e alla globalizzazione almeno così come si è appalesata fino ad oggi. Il patto di Governo nasce da lì. E non basteranno i pur seri Conte, Tria, Moavero e via discorrendo a nasconderlo.
Fermarsi alla superficialità dei comportamenti o alla impreparazione di alcuni esponenti penta stellati per intravederne la permeabilità o la imminente caduta a seguito di una presa di coscienza dell’elettorato è un errore che il centro sinistra rischierebbe di pagare caro.
Il nuovo secolo ha prodotto le condizioni affinché diversi quanto eterogenei movimenti avessero la possibilità di dare un progetto politico e di guidare il disorientamento, le preoccupazioni e le paure indotti dalla globalizzazione e dalle sue conseguenze, in milioni di individui. Non ha ancora liberato la capacità di rispondere costruttivamente a questi fenomeni perché gli egoismi nazionali e le deboli risposte del 900 hanno impedito di alzare lo sguardo per comprendere fino in fondo questi cambiamenti.
Il lavoro da fare credo sia lì.
L’ultima volta che la sinistra italiana è riuscita a pensare oltre se stessa ha prodotto l’Ulivo. Poi il nulla. Lo stesso Renzi aveva iniziato bene quando ha cercato di interpretare le esigenze di una nuova generazione ma poi si è fermato, per scelta o per necessità, risucchiato dai cacicchi, dalle logiche interne di partito e, ovviamente anche dai suoi errori.
Oggi il PD è fermo al palo. Se accarezza il pelo ai 5S finirà per esserne assorbito, se si chiude nel proprio recinto rischia un lento quanto inesorabile declino. Al suo interno però non ha leader sufficientemente credibili quindi dovrebbe aprirsi, riprendere a fare politica darsi una strategia che lo colleghi al nuovo che avanza in Europa. In Francia, in Spagna, in Grecia. E’ nell’Europa del Sud che può nascere una risposta nuova ai nazionalismi dell’Est ma anche agli egoismi del nord Europa.
Nell’elettorato come in parte dei vertici dei 5S ci sono sicuramente componenti che chiedono risposte credibili per il futuro e interpreti positivi delle aspirazioni e dei desideri di una generazione. Con loro però non si dialoga calvalcandone le pulsioni individualiste e anti industriali ma mantenendo il punto con un progetto politico credibile. Non certo scavalcandoli “a sinistra”.
Oggi tutto quello che sa di PD è inviso a chiunque non abbia deciso di restare in quel perimetro per tradizione, per convinzione e per disperazione. O per convenienza. Basta leggere il sarcasmo, in rete o sui media in genere, che accompagna ogni iniziativa del partito seguito dalle interminabili discussioni interne.
Non si rompe questo schema inseguendo il Movimento 5S sui suoi temi e sul suo terreno. Anzi così gli si fornisce una buona ragione per continuare a insistere. Occorre offrire al Paese un disegno nuovo e potabile proprio in forza delle contraddizioni tra Lega e 5S facendo emergere tra gli elettori l’esigenza e la presenza di una sponda seria e riconosciuta.
Almeno su due temi: Lavoro e Solidarietà nella sicurezza.
Temi che devono mobilitare le coscienze e i cuori di quella parte, soprattutto appartenente alle nuove generazioni, che vuole sentirsi cittadina di una Europa diversa, inclusiva, impegnata a costruirsi un futuro. Non un Europa matrigna e lontana.
Temi non certo da ragionieri della politica o da replicanti di cose già viste. Temi che devono fare perno sulla verità, sulla solidarietà e sulla creazione di un nuovo patto intergenerazionale. E, per questo occorre una leadership nuova che, sinceramente, non vedo dentro al PD di oggi.
Fino ad allora trovo inutile insinuarsi, con modesti tatticismi, in una dialettica tutta interna a due forze in competizione che possono trovare motivi di dissenso anche profondo ma che difficilmente hanno interesse a rompere tra di loro se non in prossimità della prossima prova elettorale.