CCNL terziario e servizi. Tanto tuonò che piovve

Per rispondere subito all’amico Garnero, non prevedo nessuna primavera per le relazioni industriali. Siamo entrati da tempo in un cupo inverno nel quale la vicenda del terziario di mercato potrebbe fare addirittura scuola. Ę un sistema complessivamente malato che, se resta imballato per cinque anni per milioni di lavoratori, vuol dire che non funziona più come dovrebbe. Detto questo, è ovvio che la firma di un contratto nazionale dopo una così lunga attesa è comunque da valutare come un fatto positivo.

 

Che le due Confederazioni del terziario (Confcommercio e Confesercenti) abbiano finalmente firmato può significare che settimana prossima ci proverà Federdistribuzione e poi dietro arriveranno i due contratti minori ma non meno importanti degli alberghi e dei dipendenti da aziende dei settori dei pubblici esercizi, ristorazione collettiva, commerciale e turismo. Si potrebbe così chiudere una vicenda che per la dimensione degli interessi coinvolti non ha precedenti nella storia contrattuale del nostro Paese. Le responsabilità di ciò che è avvenuto sono evidenti. La crisi di autorevolezza e di leadership degli attori principali hanno impedito di costruire exit strategy convincenti quando ce n’è stata l’occasione. Il contesto socio economico ha fatto il resto. Il tentativo di Confcommercio di rilanciare a tempo scaduto provando a dividere i sindacati come in passato non ha funzionato così come, per i sindacati, i numerosi tavoli contrattuali aperti, caratterizzati da richieste diverse e difficilmente componibili per gli interessi in gioco, non li hanno certo favoriti. Così ha prevalso la strategia datoriale di spendere il meno possibile per più tempo possibile, come l’ho chiamata in un precedente articolo, la strategia del “braccino corto” https://bit.ly/3TiQtpK). Cinicamente, un risparmio, grosso modo, di  cinque anni sul costo del lavoro per le imprese.

Quello che è certo è l’evidente affanno della gestione politica  della più importante confederazione del terziario sul tema del lavoro. Aggiungo poi che nelle Confederazioni di categoria (datoriali e sindacali) il possibile “rischio”  all’orizzonte del salario minimo è visto, non solo come concorrente diretto al CCNL, ma anche come potenziale grimaldello sull’importante welfare contrattuale che, oltre ad essere positivo per i lavoratori, è fonte di finanziamento per le associazioni firmatarie.

Onesta Prampolini, quando ha dichiarato “l’individuazione di un salario minimo orario per legge, slegato da un consolidato sistema di relazioni sindacali, andrebbe a discapito della più diffusa applicazione dei contratti collettivi leader, danneggiando la sana concorrenza tra imprese”.  Al di là dei contenuti sul compromesso raggiunto che risente ovviamente del contesto che si è trascinato in tutti questi anni, dagli effetti dell’inflazione e della depressione dei consumi,  va tenuto presente che il costo complessivo del lavoro e quindi del CCNL  (non necessariamente del solo salario) è ritenuto comunque alto per le imprese dell’intero settore del terziario di mercato.

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Grande Distribuzione. Intanto Aldi in Cina…

L’elenco dei retailer europei che si sono ritirati dalla Cina è lungo. Non solo Carrefour. Dalla Germania hanno fatto marcia indietro Metro, Media-Markt, Lidl e Obi. Eppure molti esperti di quel mercato ritengono che la classe media cinese sia il gruppo target con il maggior potere d’acquisto al mondo. Cibo, integratori alimentari, cosmetici, moda, giocattoli: per tutto ciò che è vicino al corpo, i cinesi amano cercare prodotti di provenienza estera. Nell’evento shopping più grande del mondo, il  Singles Day di Alibaba dell’11 novembre che si svolge ogni anno in Cina il valore totale dei beni venduti durante il periodo, noto anche come “Double 11”, è arrivato a 1,15 trilioni di yuan (157,97 miliardi di dollari) secondo i dati della società di consulenza Bain.

A differenza di quanto  avviene in Europa i consumatori cinesi sono abituati a informazioni e consigli molto più completi e a una maggiore rapidità di acquisto. Gli influencer e le recensioni svolgono un ruolo più importante. Aldi Süd si è avvicinato alla Cina attraverso l’online dal 2017 (https://bit.ly/3v3Thh4) e i primi negozi sono stati aperti a Shanghai nel 2019 (https://bit.ly/49LnjoO). L’espansione “brick and mortar” è iniziata con due tipi di punti vendita: negozi di circa 1.000 metri quadrati con un numero relativamente elevato di dipendenti, che si basano sul modello tedesco, e negozi decisamente più piccoli con una superficie da 400 a 500 metri quadrati del tipo minimarket. In Occidente Aldi è nota per i prezzi bassi. In Cina si posiziona come una sorta di discount di lusso con standard di qualità tedeschi. Quando fanno acquisti da Aldi, i consumatori cinesi non si preoccupano del prezzo, ma piuttosto della qualità e della sicurezza dei prodotti.

Dal 2017 la penetrazione di Aldi Süd nel nuovo mercato si è basata su una pura strategia di e-commerce online sulla piattaforma  Tmall Global (https://bit.ly/3T7dpXL), che appartiene al colosso online cinese Alibaba prima di iniziare la sua espansione nella vendita al dettaglio fisica due anni dopo con due negozi pilota a Shanghai. Le sette filiali aperte nell’estate 2023, tutte in centri commerciali, non hanno più molto in comune con Aldi in Germania. Ciò che colpisce è la quasi totale assenza del non food, il pagamento esclusivamente tramite casse self-scanner e il collegamento dei PDV ai servizi di consegna onnipresenti a Shanghai. La quota di fatturato derivante dall’attività di consegna a domicilio  per punto vendita  dovrebbe aggirarsi intorno al 30%. 

Dopo quattro anni, Aldi conta ora 48 negozi a Shanghai. Ma probabilmente è solo l’inizio. Aldi vede il potenziale per centinaia di filiali a Shanghai e nel delta dello Yangtze con città di milioni di abitanti, ha rivelato l’austriaco Roman Rasinger, Managing Director a ALDI CHINA, in un’intervista all'”Handelsblatt”. Il concetto Aldi nella Repubblica Popolare cinese è stato in gran parte sviluppato da Aldi Australia, che rifornisce anche le filiali. I frequentatori cinesi sottolineano la flessibilità e la capacità di adattamento dimostrate da  Aldi in Cina. “Aldi funziona come un normale punto vendita cinese. Quasi tutto ruota attorno al cibo. I cinesi pensano che il retailer tedesco sia sinonimo di premium” riferisce Arvid Schulze-Schönberg il fondo di investimento per i centri commerciali DWS, lanciato nel 1975 e attivo anche in Cina. “Ciò che Aldi ha creato a Shanghai è notevole. Aldi è agli occhi dei consumatori cinesi “alla moda e fresco per gli occhi, ma anche intelligente per il portafoglio”, riferisce. Leggi tutto “Grande Distribuzione. Intanto Aldi in Cina…”

Amazon compra una parafarmacia a Milano..

È bastata l’acquisizione (per ora) di una parafarmacia delle 10 che Pulker Farma possiede tra Roma e Milano da parte di una società collegabile ad Amazon per agitare le acque. Si tratta della  Pellicano Italy SRL, che ha per oggetto proprio l’acquisto e la gestione di parafarmacie su tutto il territorio nazionale. Tra l’altro quel punto di  piazza Cadorna antistante alla stazione ferroviaria dove passano migliaia di persone ogni giorno è una location eccezionale (135 mq.) per un flagship store dell’azienda di Seattle che, più al mercato farmaceutico on line in generale oggi precluso potrebbe essere riservato al retail del beauty e del cura persona. O comunque dedicato al suo ecosistema che ha in Amazon Prime il suo perno fondamentale.

Ha sorpreso che Amazon abbia scelto l’Italia per provare ad aprire la sua prima parafarmacia “brick and mortar” in Europa, anziché in mercati dove  l’online farmaceutico viaggia su volumi più che appetibili come la Germania o il Regno Unito. Amazon però  precisa che al momento non ha intenzione di comprare altre parafarmacie in Italia o Europa. Secondo le analisi sul 2023 di ASSOSALUTE (Associazione nazionale farmaci di automedicazione, che fa parte di Federchimica) commissionata a IQVIA confermano che Farmacie, parafarmacie e corner della Grande Distribuzione Organizzata (GDO) mantengono nel 2023 un buon livello. Guida il trend la farmacia fisica che conserva una solida quota di mercato, pari al 90,8% a volumi (se si includono le vendite on line). I fatturati derivanti dai soli acquisti on line di farmaci senza obbligo di ricetta registrano un aumento del 15,2% a fatturato e del 5,8% dei volumi.

In Italia (e non solo) la vendita di farmaci online è permessa solo a una farmacia o parafarmacia con presenza fisica sul territorio e tutte le attività devono fare riferimento a un farmacista regolarmente registrato al proprio ordine professionale. Senza una rete più o meno diffusa di farmacie fisiche nei vari Stati UE una farmacia online non sembra in alcun modo autorizzabile. Vale la  circolare del Ministero della Salute del 2016). Da qui, credo, la scelta obbligata di Amazon. All’interno dell’Europa i farmaci consegnati devono essere quelli autorizzati nello Stato membro di destinazione. Fonti vicine ad Amazon aggiungono che comprare una parafarmacia in Italia non consente automaticamente di vendere farmaci da banco online in Italia, e tantomeno consente di vendere farmaci da banco online in Europa, visto che le restrizioni alla vendita dei farmaci da banco variano da paese a paese e sono soggette a limitazioni locali non necessariamente coincidenti.

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CX Store Research. Un modo diverso di guardare alla concorrenza tra retailer.

Eppure c’è stato un tempo dove era normale e scontato frequentare luoghi diversi per fare la spesa. Sostanzialmente fino agli anni 80 del secolo scorso panettiere, lattaio, macellaio e salumiere, a differenza di oggi,  erano presenti in numero significativo nei paesi e nelle vie delle città in luoghi vicini ma in location  diverse. Addirittura limitate in ciò che potevano vendere. E chi faceva la spesa entrava e usciva  tra negozi di vicinato, mercati coperti o ambulanti che animavano con le loro grida i mercati all’aperto. I criteri di scelta, allora come oggi, erano di diversa natura. Non solo determinate dal rapporto qualità/prezzo. Così come le tecniche di fidelizzazione.

La GDO ci ha messo anni a convincere i consumatori a cambiare luoghi e modalità di fare la spesa concentrando l’offerta in location dedicate. La forte crescita dei differenti formati distributivi, la loro localizzazione e la concentrazione, lo stesso contesto socio economico hanno a loro volta riproposto oggi una realtà caratterizzata da un rinnovato nomadismo nella scelta su dove fare la spesa con cui le insegne e le loro politiche di fidelizzazione si devono misurare. Non solo si frequentano più insegne  ma una famiglia su cinque ogni anno cambia opinione circa l’insegna preferita per il miglior rapporto Qualità/Prezzo. La leadership conquistata è  messa costantemente in discussione e quindi va difesa e rinnovata nel tempo. Capirne le ragioni anticipando i cambiamenti anziché constatarne gli effetti ex post può diventare un vantaggio competitivo non indifferente.  È quindi fondamentale comprendere il contesto competitivo locale per definire idonee politiche commerciali.

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Amazon Fresh. Oltre la tecnologia alla ricerca della distintività (Parte seconda)

Dopo aver trattato Whole Foods (https://bit.ly/3IBajX6),  tocca all’altra realtà dell’universo Amazon. Ad agosto, il colosso di Seattle  ha annunciato modifiche significative ad Amazon Fresh,  tra cui un nuovo formato di negozio e un accesso online ampliato. Le ambizioni di Amazon nel settore alimentare, per ora,  non sono andate secondo i piani ma l’obiettivo è chiaro. L’ingaggio di Tony Hoggett e della sua squadra ha questo scopo. Mettere radici e trasformare un settore che negli USA cuba più di mille miliardi di dollari.

Andy Jassy CEO di Amazon ha affidato loro questa mission. Le critiche non mancano. Brittain Ladd, uno tra i più quotati consulenti retail negli USA contesta questa scelta. La soluzione per lui non sarebbe insistere con Amazon Fresh ma superarla inventandosi un nuovo marchio tipo  Whole Foods+ con il quale vendere  Coca-Cola, Pepsi, Cheetos e altri prodotti CPG che i consumatori amano e che Whole Foods non può vendere senza rischiare di tradire la propria natura (e parte dei suoi clienti).

Secondo Ladd “gli attuali dirigenti di Amazon sarebbero troppo legati alla visione iper tecnologica utilizzata dai negozi Amazon Fresh. Mentre “I clienti si innamorano dei negozi che offrono il miglior assortimento, le migliori offerte e la migliore esperienza di acquisto, non certo per la tecnologia”. La sua conclusione è drastica. “Mentre Amazon continua a riflettere sulla sua possibile strategia alimentare, Aldi sta aprendo altri 800 negozi. Questo si aggiunge ai 1.100 negozi che Aldi ha costruito negli ultimi cinque anni negli Stati Uniti. Aldi è una macchina da guerra mentre il più grande ostacolo di Amazon per diventare  un attore importante nel settore dei generi alimentari è la mancanza di leadership” conclude Ladd. Un giudizio pesante.

Intanto Tony Hoggett  rilancia Amazon Fresh con   una sperimentazione che riguarda diversi punti vendita. Se gli acquirenti risponderanno  bene agli aggiornamenti, osserva Bloomberg, tali cambiamenti potrebbero estendersi all’intera catena di 44 negozi.  L’intervento riguarda alcuni mercati chiave, tra cui Illinois, California meridionale, Virginia settentrionale e Stato di Washington. Il rinnovamento di Amazon Fresh prevede anche un cambiamento significativo al suo servizio principale di e-commerce, lanciato nel 2007 e ampliato alla maggior parte delle principali aree metropolitane degli Stati Uniti.  Amazon Fresh prevede di espandere l’offerta di consegna ai membri non Prime in più realtà nei mesi a venire. L’obiettivo è portare l’offerta di Amazon Fresh in milioni di case e spingere i consumatori a passare a un abbonamento Prime. Leggi tutto “Amazon Fresh. Oltre la tecnologia alla ricerca della distintività (Parte seconda)”

MD. “Ma almeno provalo! L’effetto è “tale e quale”….

Dopo l’Einstein della “spesa intelligente” di Eurospin, MD ci prova e riesce a fare un passo in avanti con i suoi nuovi spot. In onda dall’11 marzo sulle tv digitali: Rai Play, Mediaset Play, Amazon Prime, Canali Ciao People e su YouTube puntano  a sfatare i pregiudizi che circondano la qualità dei prodotti del discount. Una vecchia pubblicità USA recitava: “Se non c’è differenza, perché pagare di più?”. Il discount (non da oggi) sta cambiando pelle. E lo dimostra anche nella modalità scelta nel campo della comunicazione e del marketing.

Interessante e riepilogativo un articolo di Benedetta Romano del 2021 sulla Gazzetta del Pubblicitario (https://bit.ly/3wVfKNZ). Che poi siano due realtà italiane come Eurospin e MD ad insistere sui concetti chiave è, a mio parere,  altrettanto significativo. Nel sostanziale  avvitamento delle insegne leader negli altri formati distributivi che continuano a proporre un’immagine di sé scontata e tradizionale, smontare la percezione del consumatore sulla convenienza e sulla qualità resta, a mio parere, una mossa lungimirante. Di fatto sono i discount a tirare la volata alla marca del distributore. Eurospin ci ha puntato fin da subito sulla “spesa intelligente”. Addirittura nella denominazione dell’insegna stessa enfatizzandolo poi dal 2020 attraverso i suoi spot televisivi. Il loro messaggio ha sempre puntato a valorizzare l’esperienza di acquisto proposta: “Prezzi contenuti, senza sacrificare “troppo” la bontà dei prodotti”.

MD fa un passo avanti. Ritiene che non ci sia nulla da sacrificare in termini di qualità. Terza per fatturato nel canale discount e seconda a capitale italiano, l’azienda ha chiuso il 2022 con ricavi in crescita dell’11% superando i 3,4 miliardi di euro di fatturato. La storia della Società s’identifica con quella del suo fondatore, Patrizio Podini, attivo nel mercato della GDO fin dagli anni ’60. Nel 1994, con l’intuizione di investire nelle regioni del Sud Italia, fonda   MD Discount che cresce sino a diventare un’azienda nazionale con l’acquisizione, nel 2013, della catena LD Market diffusa al Nord e di proprietà del Gruppo Lombardini. Con una discreta  dose di umorismo,  il protagonista  Herbert Ballerina, pseudonimo del comico molisano Luigi Luciano, cerca di smontare i pregiudizi per dimostrare come i prodotti del discount riescano a soddisfare anche le necessità dei consumatori più esigenti.

Questa campagna non nasce a caso. Tra l’altro è preceduta da un altro tentativo ben più aggressivo (si fa per dire) dell’ottobre 2023 dove lo stesso protagonista cercava di smontare i pregiudizi sui prodotti con la famosa frase: “Ma è tale e quale!” che tanto ha fatto arrabbiare Centromarca che ha invitato  e diffidato MD a provvedere all’immediata sospensione della campagna “priva di qualunque reale contenuto informativo per i consumatori, è svilente e denigratoria per i prodotti di marca, non solo per le marche con prodotti nelle stesse categorie oggetto degli spot, ma per la marca in quanto tale, dipinta come vacuo strumento di marketing, priva di qualsiasi reale contenuto di valore economico, qualitativo, sociale o di qualsiasi altro genere, che non sia il maggiore e ingiustificato costo del prodotto di marca”. Centromarca aveva addirittura preteso un “contestuale impegno ad astenersi per il futuro da simili forme di comunicazione”. Leggi tutto “MD. “Ma almeno provalo! L’effetto è “tale e quale”….”

Amazon si riorganizza nel food con Whole foods e Amazon Fresh… (parte prima)

Amazon rilancia. Iniziamo con Whole Foods. Seguirà a breve  un mio pezzo su Amazon Fresh l’altro grande cantiere aperto. Whole Foods proprio per la sua natura, secondo il management Amazon, deve continuare ad operare come una società separata e senza modificare la sua mission. L’ex Tesco Tony Hoggett insieme a Jason Buechel e alla sua squadra stanno quindi costruendo la seconda gamba di Amazon nel food. Il “nuovo” formato proposto quick-shop va in questa direzione.

Si chiamerà Whole Foods Market Daily Shop. Verrà inizialmente lanciato nell’Upper East Side di Manhattan con ulteriori sedi a New York City a seguire.  Il primo negozio, situato al 1175 di Third Avenue, dovrebbe aprire quest’anno. Dopo il lancio di New York City, Whole Foods Market prevede di portare il formato in altre città USA. I negozi quick-shop sono circa un quarto o la metà di un negozio Whole Foods Market tradizionale che è di circa 4000 mq 2. In luoghi come Manhattan, dove la prossimità è importante, questi negozi dovrebbero avvicinare Whole Foods Market ai clienti esistenti, estendendo al contempo la portata dell’azienda ad altri nei quartieri circostanti.

Whole Foods Market Daily Shop punta a fornire  gli ingredienti per comporre un pasto conveniente, snack grab-and-go, elementi essenziali soddisfacendo però  i rigorosi standard di qualità dell’azienda. Anche se più piccoli, i negozi offriranno ancora le referenze di Whole Foods Market, tra cui un’ampia selezione di prodotti freschi e di stagione, carne e frutti di mare, cibi preparati come panini e pasti preconfezionati, pane, alcol e integratori, oltre a una gamma selezionata di specialità locali. Inoltre sarà il primo negozio Whole Foods Market a Manhattan a offrire Juice & Java, un luogo per caffè, tè, succhi di frutta freschi, frullati, panini, zuppe e vari dessert.

“Nel nostro nuovo formato di negozio, stiamo adattando ogni spazio alle esigenze degli stili di vita urbani. Siamo entusiasti di introdurre un nuovo modo per i nostri clienti di raccogliere rapidamente i loro preferiti di Whole Foods Market – dai pasti grab-and-go a quell’ingrediente per la cena dell’ultimo minuto – rendendo la spesa mattutina o dopo il lavoro più efficiente e piacevole”, ha affermato Christina Minardi, Executive Vice President Growth & Development, Whole Foods Market & Amazon. “Espandere la nostra impronta con Whole Foods Market Daily Shop è la chiave per la nostra crescita, promuovendo relazioni più profonde con i clienti e promuovendo il nostro scopo di nutrire le persone e il pianeta”. I nuovi negozi di formato non sostituiranno il tradizionale formato del negozio. Nel 2023, Whole Foods Market ha aggiunto il suo 17° negozio a New York City a One Wall Street, sottolineando la volontà dell’azienda a migliorare l’esperienza del cliente di città. Whole Foods Market ha attualmente più di 530 punti vendita negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Canada e ne ha in programma altri 75. Leggi tutto “Amazon si riorganizza nel food con Whole foods e Amazon Fresh… (parte prima)”

Esselunga alle prese con il “potere della scrivania”…

Ciascuna azienda organizza il lavoro come crede. C’è però una sostanziale differenza tra chi immagina il futuro per il proprio business comprendendo il benessere dei  propri collaboratori e chi no. C’è chi resta nel solco tradizionale  prevedendo attività e servizi ricreativi vicini al posto di lavoro attraverso forme di welfare aziendale più o meno innovativo. E c’è chi prova  a ripensare il lavoro in termini di durata, luogo, contributo, coinvolgimento e qualità percepita e agìta dai collaboratori. Brunello Cucinelli direbbe: “questo è il tempo dell’armonia, oltre che della sostenibilità. Al centro ci deve essere sempre la persona”. Per comprenderne la differenza  bisognerebbe provare ad affrontare  il tema cambiando punto di osservazione.

Il futuro del lavoro fa leva  sulla responsabilità dei collaboratori, non sul loro controllo. Non sarà il luogo, il tempo perso per arrivarci, il presenzialismo oltre l’orario, l’autorità del capo attraverso il “potere della scrivania” a caratterizzare l’azienda (intesa come comunità operosa). È la sostanziale differenza tra ritenere le persone al lavoro, “collaboratori ” e non semplicemente “dipendenti”.  Ed è il rapporto instaurato, l’ascolto, il riconoscimento dell’impegno e la comunicazione scelta a fare la differenza. Lo smart working non è, ovviamente, tutto questo ma rappresenta un tassello di un  cambiamento più vasto, per certi versi inarrestabile. Peccato non averlo saputo cogliere. Così come aver accompagnato il suo ridimensionamento in Esselunga con una comunicazione d’altri tempi, inutilmente spigolosa, che l’impegno quotidiano dell’insieme dei collaboratori non meritava. 

Tra l’altro l’azienda di Pioltello  era stata  una delle poche realtà della GDO che avevano implementato il lavoro agile per oltre 1200 dipendenti. Costretti dalla pandemia e dal lockdown l’insegna aveva fatto un salto (forse) involontario nel futuro. Sembrava avesse accettato l’idea che i collaboratori fossero  responsabili, in grado di gestire il lavoro da casa per 6 giorni al mese (12 giorni al mese per i genitori con figli). Alla lunga, la cultura manageriale prevalente, non ha però  retto la sfida. È come se, fosse riemersa, per limiti oggettivi, la mancanza di un approccio professionale nella gestione delle risorse umane, in grado di conciliare le  esigenze organizzative dell’azienda con quelle delle persone.  Un’azienda dai due volti. Quella che guarda avanti con ESSELAB e  il robot che prepara le insalate a Mind e quella che osserva i suoi collaboratori  con lo specchietto retrovisore. Dal 1 aprile e fino al 31 marzo 2025 quindi si cambia. La voglia di averli finalmente tutti indietro e tutti in fila è stata troppo forte. E, soprattutto,  vestiti come si deve. E l’ordine viene dall’alto.

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Aldi continua la sua crescita. Nel nord.

 Per capire la potenza di fuoco di Aldi basterebbe dare uno sguardo in UK. Quattro anni dopo la Brexit, il discount alimentare Aldi continua a espandersi. Quest’anno il gruppo commerciale Aldi vuole superare la soglia dei 50.000 dipendenti in Gran Bretagna. Lo ha annunciato la società sul suo sito web aziendale britannico. Aldi conta attualmente circa 45.000 dipendenti in Gran Bretagna. Si prevede che  verranno aggiunti altri 5.500 dipendenti. Stiamo parlando di un migliaio  di punti vendita.

In Italia, al contrario,  avanza con calma. In un’epoca di finte  lepri ALDI sa benissimo che è la tartaruga che,  alla fine, arriva prima al traguardo. Per ora raggiunge i 180 negozi (Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte, Trentino Alto Adige, Veneto). Tutti nel nord italia. 43 i negozi aperti in Veneto, di cui 6 nella provincia di Padova serviti dalla piattaforma logistica di Oppeano. L’altra piattaforma è a Landriano (PV) la prima in funzione dal 2018 la secondo inaugurata a maggio 2020, entrambe garantiscono l’elevata capacità logistica del gruppo, ottimizzando i rifornimenti dei negozi tra Nord Ovest e Nord Est, con un minore impatto ambientale e una riduzione della distanza di approvvigionamento.  

Il nuovo negozio sorge a Abano Terme  in Via P. Gobetti 34 all’interno dell’area “ABANO CIVITAS”, una zona centrale della città in cui si svolge il mercato settimanale, vicino al Duomo di S. Lorenzo e al Municipio.  Abano Terme meta turistica termale da più di 2000 anni si trova ai piedi dei Colli Euganei, un parco regionale unico nel suo genere per arte, cultura e paesaggi mozzafiato. Situata in una posizione strategica al centro della pianura, rappresenta, insieme a Montegrotto Terme, il principale centro termale d’Europa.

Sarà finalmente contento  il mio amico e ex collega Federico Barbierato ottimo sindaco della cittadina. Una partita lunga e complessa nata 5 anni fa che ha determinato progetti, demolizioni e ricostruzioni definita dopo aver bloccato  sul nascere  la previsione di un centro commerciale da 4.500 metri quadrati su piazza Mercato con una riduzione del 64% di cubatura, rispetto a quanto inizialmente previsto. Sottolinea Barbierato: “Stiamo parlando di 130 mila metri cubi in meno. Non so quante amministrazioni in Italia abbiano avuto nella storia questo coraggio”. L’apertura del nuovo negozio ALDI è stata anche l’occasione per realizzare nuovi elementi di aggregazione e connessione all’interno del tessuto urbano e spazi pubblici. Tra questi, una piazza comprensiva di panchine in marmo bianco e camminamenti illuminati realizzati in porfido posato a mano. In prossimità del punto vendita è stata realizzata anche una pergola e sono stati piantumati numerose erbe aromatiche ed alberi. Il punto vendita  è, inoltre, dotato di un impianto fotovoltaico con una portata di 110 kW e di 5 colonnine di ricarica per auto elettriche con una portata di 22 kW. 

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Delhaize in Belgio. Il franchising è il presente della GDO. O il suo futuro?

Da noi, il franchising nella grande distribuzione, è ritenuto (a torto) figlio di un dio minore. Anche se presidia business locali  importanti. Non è un caso che numerose aziende, non solo multinazionali, scelgono di affidarsi a ottimi imprenditori locali per sviluppare l’attività o presidiare zone altrimenti a loro precluse.  L’accusa principale è che l’identità dell’insegna rischia di non essere percepita in modo omogeneo dal consumatore. E, non meno importante, il rapporto con i lavoratori e con il sindacato. C’è anche una differenza sostanziale tra franchisee data dal numero di negozi gestiti. Più crescono più disegnano un profilo di impresa più importante e preciso. Non è la stessa cosa gestire uno o due negozi rispetto ad una rete regionale o pluriregionale. Un altro elemento da considerare è che il franchising nella GDO è un punto fermo  in tutta Europa. Se lo sommiamo al modello cooperativo pur nelle sue diverse declinazioni è certamente destinato a consolidarsi ulteriormente.

Se ci spostiamo  in Belgio e facciamo un piccolo passo indietro troviamo Delhaize.  Un caso interessante su cui riflettere. Il 7 marzo 2023, esattamente un anno fa, l’insegna ha lanciato il progetto di definitiva cessione in franchising degli ultimi  suoi 128 punti vendita  compresi un totale di 9.200 dipendenti ancora in gestione diretta a vario titolo. Gli altri 636 punti vendita  in franchising (sotto i marchi AD, Proxy e Shop & Go), già si dimostravano più performanti dei loro “grazie al loro ancoraggio locale, alla loro imprenditorialità e alla flessibilità delle loro operazioni”. Da allora è passato un anno nel quale è successo un po’  di tutto. Proteste, scioperi, boicottaggi, blocchi portati avanti  da lavoratori e dai loro rappresentanti. Nei  128 punti vendita di Delhaize  non è stato risparmiato nulla per impedire il progetto di dismissione definitiva.

Lo scorso 19 febbraio, il piano di passaggio completo al franchising  è stato definitivamente  chiuso con l’assegnazione  degli ultimi supermercati che erano rimasti. Delhaize ha anche indicato che 45 negozi dei 128 stanno già funzionando da tempo  con i franchisee e che l’intero lotto dei PDV verrà ceduto entro la fine di quest’anno. “L’azienda è ancora nella  fase di passaggio, tra il vecchio modello e il nuovo. È una traversata del deserto che deve durare il meno  possibile, perché il mercato non lo consente”, spiega Pierre-Alexandre Billiet CEO di Gondola, piattaforma dedicata al consumo e al commercio. Questi ultimi passaggi saranno davvero in grado di consentire  la redditività attesa? Questo è ciò che sperano i sostenitori  della scelta del  franchising, con un ottimismo chiaramente condiviso dalla casa madre, Ahold Delhaize. “Stiamo iniziando a vedere risultati incoraggianti, con un’accelerazione delle vendite nei negozi a parità e una stabilizzazione della quota di mercato nei negozi convertiti”, ha dichiarato recentemente Frans Muller, grande capo della multinazionale, che punta a un ambizioso margine operativo del 4% a termine  per le attività belghe.

Strutturalmente, tutto è cambiato: Delhaize in Belgio si sta trasformando di fatto in un grossista e un operatore di e-commerce. Un profilo completamente diverso rispetto al passato. Con questa trasformazione l’insegna supera il  modello ibrido (con sia supermercati a gestione propria che negozi in franchising) che, secondo la loro casa madre,  le costava  risorse e una notevole complessità di gestione. “Se  avrà successo con il suo piano, sarà inizialmente solo da un punto di vista finanziario”, analizza Ingrid Poncin, professoressa di marketing alla Louvain School of Management. “A mio parere  il piano è discutibile dal punto di vista dell’immagine. Prima  del lancio di questo progetto, Delhaize era percepita come una società belga attenta al suo personale, sentimento condiviso con la sua clientela, più sensibile di quella dei discount alle problematiche  sociali. Ma dal 7 marzo 2023, questa immagine si è offuscata, presso una parte dei sui clienti più fedeli. Di conseguenza,  dopo la riorganizzazione dovrà  affrontare una grande sfida: “Ricostruire un clima di fiducia con i suoi ex dipendenti passati a terzi e con i consumatori  vecchi e nuovi  in generale. Questa sarà la  condizione per poter dichiarare  veramente vinta  la sua scommessa. Leggi tutto “Delhaize in Belgio. Il franchising è il presente della GDO. O il suo futuro?”