C’è un backstage tutto italiano mentre la protesta degli agricoltori dilaga in tutto il continente. Ad animarlo ci ha pensato la lotta delle associazioni agricole minori per scalzare la Coldiretti e la competizione tra i partiti che compongono il Governo in vista delle elezioni europee. A differenza di altri Paesi, dove per la loro intrinseca debolezza vengono regolarmente scavalcate, in Italia, tutte le principali organizzazioni di rappresentanza, tra i loro compiti hanno anche quello di canalizzare il dissenso dentro traiettorie accettabili. Se da noi, fenomeni di malessere sociale, non sfociano in movimenti particolarmente virulenti (gilet gialli, forconi, ecc.) questo è anche dato dal ruolo delle grandi organizzazioni che lo presidiano. I sindacati canalizzando e stemperando il dissenso sociale del lavoro dipendente, altrimenti incontrollabile, mentre Confindustria, Confcommercio e Coldiretti, finalizzano, con la loro azione, il dissenso dei loro associati mantenendolo all’interno di una normale dialettica democratica e istituzionale.
Le dinamiche indotte della disintermediazione e l’avvento del Governo di centro destra stanno ridisegnando questi ruoli assegnando pesi e nuove classifiche. Confindustria ha indubbiamente perso ruolo e potere di negoziazione e, a partire dalla scelta del nuovo Presidente, dovrà velocemente riposizionarsi. La vicenda Ilva e Stellantis sono, sotto questo punto di vista, paradigmatiche. Non a caso John Elkann è corso a Roma per incontri ai massimo livelli tesi ad evitare contraccolpi ingestibili nelle aziende che ha ceduto ai francesi. Sugli incentivi e sugli stabilimenti italiani si giocherà una partita complessa. Confcommercio, pur sensibile ideologicamente alla coalizione, ha fin da subito, scelto un profilo diverso. Intervenire se conviene mantenendo toni bassi e felpati, negoziando ciò che serve senza alzare la voce (vedi la vicenda dei balneari) e, ogni tanto, rilasciare una blanda dichiarazione di sollecitazione alla politica senza indirizzi precisi…
Coldiretti, no. Ha scelto di costruire un’interlocuzione forte e privilegiata con il Governo. Un dare/avere preciso. Ha ragione Claudio Cerasa: “È una relazione che non ha pari. Coldiretti unisce uno spirito pragmatico ed elementi di forte modernità svolgendo un ruolo che va al di là della rappresentanza classica. Fa nomine, comunicazione, advocacy, mobilitazione, lobbying, politica, business”. È però quello che dovrebbe fare una moderna associazione di categoria. Oltretutto sta ben lavorando nella filiera agroalimentare nazionale con gli altri interolocutori. Presto, a mio parere, dimostrerà di avere un ruolo fondamentale anche nel riportare sulla “retta via” la stessa protesta degli agricoltori destinata a frammentarsi e a disperdersi in particolarismi proprio perché è un movimento (in Italia) che non è in grado di darsi uno sbocco concreto praticabile e di produrre un risultato pari alle aspettative della mobilitazione. E, aggiungo, il fatto poi che i leader della protesta più dura abbiano messo nel mirino oltre alla UE, la Coldiretti e lo stesso Ministro dell’Agricoltura di un Governo, di fatto a loro vicino, è lì a dimostrare che l’approdo rischia di essere ben diverso da quello desiderato. Vale per i ribelli ma anche per chi li fomenta dietro le quinte.
Leggi tutto “Gli agricoltori in lotta sono come gli orsi in Trentino. Nessuno sa bene cosa fare….”