Mercadona. Il coinvolgimento dei lavoratori su obiettivi di redditività soddisfa azienda, clienti e lavoratori…

Quando le insegne italiane organizzano tour all’estero di solito vanno per osservare i punti vendita, la merce sui lineari, le politiche commerciali seguite. Pochi chiedono il livello retributivo e di soddisfazione del cosiddetto “cliente interno”. E spesso, alla base degli ottimi risultati raggiunti, c’è anche il trattamento complessivo degli addetti. “L’essenziale è invisibile agli occhi” e l’essenziale è spesso chi, con il proprio lavoro, contribuisce al successo dell’insegna e rappresenta l’azienda agli occhi del cliente.

Da noi la scelta è sempre stata contraddittoria. Se osserviamo il comparto nel suo insieme vince il “paternalismo” nella gestione del personale. Nelle insegne piccole e medie prevale un modello che vede nell’imprenditore e, a volte, nell’impegno diretto di alcuni suoi famigliari, il perno della gestione dei collaboratori. D’altra parte lavorare con un imprenditore che ha intuito commerciale e visione del business, ma spesso non ha alcuna formazione specifica nella gestione delle persone, modella un sistema relazionale difficile da cambiare. Intorno a chi decide si creano gerarchie il cui scopo è di garantire il risultato  mettendo, a volte, i problemi di gestione sotto il tappeto. Nella strutture di vendita, soddisfare le esigenze e le volontà di chi sta sopra prevale sempre sulla necessità di ascoltare chi sta sotto. Spesso le contraddìzioni nascono proprio da questo. 

In Italia poche realtà credono nella contrattazione aziendale intesa come strumento di condivisione degli obiettivi aziendali, soddisfazione dei propri collaboratori e quindi di miglioramento complessivo del clima aziendale.  Qualcuna, poco più delle dita di una mano, rappresenta il meglio del comparto. La stragrande maggioranza delle insegne gestisce unilateralmente il lavoro più o meno  in linea con quello che prevedono i diversi CCNL.  Infine c’è chi, soprattutto al sud, ha fatto ricorso a contratti locali che derogano alcuni istituti dei contratti nazionali più rappresentativi. Lo scopo evidente è, attraverso questi contratti laschi, spostare parte del rischio di impresa sul lavoro (part time involontario, tempo determinato, sotto inquadramento, ore pagate vs. ore la orate, ecc. ). Non è così dappertutto ma è evidente che questo crea una situazione di concorrenza sleale tra insegne.

E così, mentre da noi, associazioni datoriali e sindacati si “accapigliano” sul rinnovo del CCNL scaduto  e sull’aumento previsto dall’IPCA (indice dei prezzi al consumo) nel mese di dicembre, la più importante catena di supermercati spagnola, Mercadona, ha concordato con i sindacati un aumento dei salari del 6%, fino al 2028 in parte automatico e in parte legato alla soddisfazione  di  determinati obiettivi di redditività dell’insegna. La misura entrerà in vigore il 1° gennaio 2024 e durerà cinque anni, fino al 2028. Leggi tutto “Mercadona. Il coinvolgimento dei lavoratori su obiettivi di redditività soddisfa azienda, clienti e lavoratori…”

Metro. I primi risultati della strategia 2030….

Nel mese di ottobre avevo trattato il cambio della guardia ai vertici di  METRO Italia (https://bit.ly/3FeQlji).  Il più importante specialista della food distribution per l’horeca con focus sulle imprese della ristorazione di taglia medio-piccola (21 milioni in tutto il mondo), presente in 35 paesi con oltre 150.000 collaboratori.  I marchi principali sono Metro e Makro nei cash & carry, e Real nei supermercati (un’insegna molto nota soprattutto in Germania, mentre Metro è un global brand).

Metro Italia ha 49 punti vendita in 16 regioni, 2 depositi per il canale FSD (Food Service Distribution) e circa 4.000 dipendenti e 800 fornitori partner presenti sull’intero territorio italiano. Tra ripresa dei consumi, inflazione e incertezza finanziaria, il 2023 è stato un anno certamente impegnativo. Il recupero sul pre pandemia per l’horeca sembra però ormai completato. Le sfide che il nuovo management è stato chiamato ad affrontare trovano così una  prima importante conferma. L’anno fiscale 2022/2023 si chiude con un fatturato di 1,97miliardi (+9,4 rispetto all’anno precedente). Numeri positivi anche quelli globali del Gruppo METRO AG: 30,6 miliardi di fatturato (+2,7% rispetto al 2021-2022).

“L’anno fiscale che abbiamo concluso è stato sicuramente sfidante e, nonostante l’incertezza data dal contesto macroeconomico, abbiamo raggiunto traguardi di cui siamo molto soddisfatti. L’Italia si conferma uno dei mercati chiave per la crescita di METRO a livello globale. Nel nuovo anno porteremo avanti la nostra “Strategia 2030” con tre obiettivi ben chiari: consolidare il nostro business multicanale, rispondere sempre meglio alle richieste dei nostri clienti con un assortimento declinato sulle loro esigenze, ridurre l’impatto delle nostre operazioni sull’ambiente per confermarci come partner d’eccellenza per i professionisti dell’HoReCa” – afferma Arnoud J. van Wingerde, Amministratore Delegato di METRO Italia.

Gli ottimi risultati sono stati spinti dal +6,5% delle vendite del Cash&Carry (1,53 miliardi di euro), +17,3 % del FSD – Food Service Distribution (434 milioni di euro) e +25,7% delle vendite dei prodotti a marchio METRO (622 milioni di euro); Positivo l’andamento anche del Mercato Online, lanciato a luglio 2022, con 12,6 milioni di euro di vendite; Ottimizzazione dell’assortimento e dell’esperienza di acquisto, digitalizzazione, valorizzazione dei prodotti a marchio e dei localismi saranno i pilastri della Strategia 2030 per l’Italia. Tra gli ambiziosi traguardi raggiunti ci sono anche quelli ESG, un pilastro chiave per l’azienda che con la nuova strategia presentata nel 2022 punta a essere “Carbon Neutral” entro il 2040. Leggi tutto “Metro. I primi risultati della strategia 2030….”

L’affanno di parte dell’associazionismo datoriale ai tempi del centro destra

Ha ragione Dario di Vico quando scrive sul Corriere Economia della delusione del mondo del commercio e dell’artigianato per le decisioni in campo economico e a difesa delle rendite di pochi, del Governo Meloni o di parte della sua maggioranza.  (https://bit.ly/3RVt0sV). Una delusione che però non può non comprendere anche l’inerzia manifestata dalle loro associazioni. Commercianti e artigiani (e non solo) credo fossero veramente convinti che il DEF (Documento di Economia e Finanza) avrebbe certificato, insieme alla strategia economica e di finanza pubblica nel medio termine, un passo deciso a loro favore. Quasi un atto dovuto.

Le promesse elettorali da un lato, il silenzio  nelle fasi di elaborazione del documento da parte delle  associazioni di categoria  portavano a pensarlo. Gli stessi segnali alla ripresa post pandemia inducevano a supporre che il ceto medio sarebbe stato  in qualche modo messo al centro delle iniziative del Governo. Le associazioni di categoria che avevano contribuito alla vittoria del centro destra lo facevano intendere alle proprie strutture che, in seconda battuta,  avevano tranquillizzato gli umori e i timori degli associati.  Il segnale di “rottura” è però avvenuto con l’esplosione dell’inflazione. 

Anche le associazioni dei dirigenti aziendali si sono trovate spiazzate. Federmanager  e Manageritalia  hanno accusato il colpo sulle pensioni quando si sono accorte che, più che la legittima tutela del loro tenore di vita, alcuni, nel governo, inseguivano, pervicacemente quanto inutilmente,  il fantasma della Fornero come fosse ancora una priorità irrinunciabile. La petizione “Salviamo il ceto medio” lanciata a novembre ne ha segnalato  il loro disagio profondo.

Leggi tutto “L’affanno di parte dell’associazionismo datoriale ai tempi del centro destra”

Amazon Fresh 2024. Make or Break?

Arrivato nel 2021 al posto di Jeff Besoz una delle prime grane che Andy Jassy si è trovato subito  sulla scrivania è stata cosa fare con Amazon Fresh e più in generale con la presenza nel retail fisico. Il 2024 sarà l’anno decisivo? “Make or break” sembra essere la perentoria domanda  del big boss (e degli investitori). Amazon si era già trovata in una situazione analoga nel 2015 con Amazon Books e i suoi negozi fisici o, come li chiamano loro, “brick & mortar”. La strategia de sia l’ha portata altrove. Tutti  i punti vendita Amazon Books hanno chiuso, insieme a quelli di regali e gadget a 4 stelle e all’assistenza sanitaria on-demand che offre Amazon Care.

Andy Jassy ha però deciso di ingaggiare Tony Hoggett come SVP Worldwide Grocery Store dal gennaio del 2022, proprio per rilanciare e provare a cambiare l’approccio seguito fino ad oggi.  Hoggett ha trascorso più di 30 anni in Tesco, arrivando a ricoprire il ruolo di responsabile della strategia e dell’innovazione del gruppo. Il progetto Amazon Fresh ha un alto  livello di complessità e di grande interesse per la strategia  dell’azienda di Seattle. Nella testa dei suoi progettisti iniziali Amazon Fresh, avrebbe dovuto contare su tre punti di forza. La tecnologia e la comodità di opzioni di checkout più veloci, una selezione unica di prodotti a marchio del distributore di Amazon e… prezzi più bassi”. Punti di forza che, ad oggi,  non si sono ancora amalgamati in un progetto vincente nella percezione del consumatore.

La prima mossa del 2023, ovvia in situazioni analoghe, è stata premere il tasto “Pausa”. Tagli del personale, chiusura dei punti vendita messi peggio, blocco delle nuove aperture pur rischiando cause legali con i proprietari degli immobili, lavori di ristrutturazione degli stessi fermi al palo.  È bastato questo, ad alcuni osservatori per far suonare le campane a morto sull’innovazione tecnologica spinta. In realtà Amazon, come altre realtà dell’e-commerce, avevano sottovalutato  che la “ripida traiettoria verso l’alto che l’azienda aveva complessivamente tracciato negli anni della pandemia era giunta al termine” come ha avuto modo di sottolineare l’amministratore delegato di Global Data Neil Saunders nei suoi commenti in rete.

Nel suo post sul blog, Andy Jassy  ha difeso i tagli e ha cercato di rassicurare gli investitori sulla prospettiva:”Le aziende che durano a lungo attraversano fasi diverse”. L’obiettivo di Amazon resta sempre quello di creare il “suo” gioco imponendo agli altri giocatori scenari di riferimento scomodi, difficili da replicare. Sopratutto   per chi è abituato a contesti tradizionali. E quindi misura il successo  o l’insuccesso di ciò che fa in modo completamente diverso dagli altri. Ovviamente è interessata ai risultati economici delle singole realtà ma inquadra tutto ciò che fa nell’avanzamento progressivo del suo ecosistema. Vendite online, Amazon Fresh, Whole Foods Market, Amazon GO devono anche creare valore fidelizzando i clienti in una logica complessiva  di sistema. Leggi tutto “Amazon Fresh 2024. Make or Break?”

Logistica. Il Ping pong nei tribunali continua…

Il 17 ottobre il Gip del Tribunale di Milano sez. penale, dott.ssa Daniela Cardamone, aveva archiviato il procedimento penale a carico di 32 lavoratori e militanti del SICobas (tra cui 4 esponenti dell’esecutivo nazionale) difesi dall’avvocato Eugenio Losco a seguito delle denunce sporte dalla cooperativa Lgd e dal loro presidente Giuseppe Ghezzi durante gli scioperi avvenuti ad agosto e settembre 2021 fuori ai cancelli dei magazzini Unes – Brivio & Vigano di Truccazzano e Vimodrone (MI). Il SICobas aveva cantato vittoria ritenendo quella decisione “da manuale”. L’ha addirittura definito  una sorta di “vademecum” sull’esercizio reale (e non solo simbolico) del diritto di sciopero, “da utilizzare e sbandierare ogni qualvolta le forze dell’ordine provano a sgomberare con la forza un picchetto per tutelare i profitti e svolgere il loro ruolo di cani da guardia dei padroni”.

Il 21 dicembre il Giudice Franco Caroleo del Tribunale del Lavoro di Milano capovolge e chiarisce, a mio parere, il perimetro entro il quale l’esercizio legittimo del diritto di sciopero si trasforma in qualcosa d’altro. E condanna il SICobas. Tra il 19 agosto e il 14 settembre e tra 15 ottobre all’11 novembre 2021, a Trucazzano era successo di tutto. Gruppi di manifestanti bloccarono autocarri e merci destinati a Unes. I filmati testimoniano le violenze e le minacce per convincere gli autisti a non entrare o uscire dalle piattaforme logistiche. Durante uno dei blocchi, si legge nelle carte del Tribunale, i manifestanti hanno impedito “lo scarico e carico della merce anche al di fuori del perimetro della piattaforma, rendendo necessario l’intervento della polizia”. Sempre per bloccare l’accesso dei tir alle piattaforme, hanno anche ostruito la carreggiata con reti e nastri da cantiere, impedendo la circolazione nelle strade adiacenti il magazzino.

Era intervenuta anche la FAI-Conftrasporto  con un durissimo comunicato: “L’Azienda Brivio & Viganò, fra le più importanti società di autotrasporto e logistica del nostro Paese, opera da sempre nel massimo rispetto della legalità, applicando le normative dello specifico contratto del settore trasporti e logistica. Stesso impegno da parte di LGD che da sempre ha garantito il pieno rispetto del CCNL nella gestione del proprio personale. I continui blocchi in atto, oltre una ventina negli ultimi 3 mesi, stanno provocando gravissime ripercussioni sull’attività dell’azienda, creando situazioni che stanno mettendo a repentaglio la sicurezza e i posti di lavoro di centinaia di dipendenti. A fronte dell’ennesima situazione di blocco dell’azienda ad opera di manifestazioni illegittime e che rappresentano una palese violazione della legge, la Fai (Federazione Autotrasportatori Italiani) chiede un intervento delle Autorità preposte – Questura e Prefettura, affinché si trovino soluzioni a questo problema ormai insostenibile”.

La tensione è così salita alle stelle. L’ex senatore, Pietro Ichino, tra i massimi giuslavoristi d’Italia, e avvocato della coop di lavoro LGD ha dichiarato in un’intervista al Fatto Quotidiano: “Come abbiamo esposto in un ricorso al Giudice del Lavoro l’obiettivo reale del Si Cobas era ed è quello di eliminare la LGD come operatrice nel settore”. Perché? Per indurre “le committenti, e in particolare Unes, ad avvalersi di appaltatrici più disposte ad accogliere le sue richieste di esenzione di parte delle retribuzioni, indennità varie e premi di produzione, da imposizione fiscale e contributiva”. “Il paradosso – ha proseguito il docente dell’Università degli Studi di Milano – è che con l’accusa di qualche irregolarità in singole buste-paga, risultata inesistente, si maschera il reale obiettivo del Si Cobas, che è quello di ottenere una irregolarità e non trasparenza generale e sistematica”.

È una tesi che Ichino e la coop hanno messo anche nero su bianco  in tribunale con il ricorso depositato dove si chiedeva ai giudici della sezione Lavoro di Milano non solo di confermare i licenziamenti degli operai in agitazione per giusta causa, ma soprattutto di definire il “comportamento tenuto da LGD nei confronti del sindacato” come “pienamente legittimo sia sul piano civile e penale” sia su quello più “specificatamente sindacale”.  A differenza di altre volte e di fronte ad altri giudici il SiCobas non ha rivendicato le forme di lotta messe in atto e ha addirittura negato di avere responsabilità nella vicenda, affermando di aver dato disposizioni ai lavoratori affinché fosse organizzato un “picchettaggio persuasivo”, senza bloccare mezzi o persone. Testimonianze e filmati hanno però smentito la versione del sindacato.

 

Il giudice del lavoro Franco Caroleo che ha pur ritenuto «legittimo il comportamento dello scioperante che muova critiche o rimproveri a chi abbia rifiutato di aderire all’agitazione», ha contemporaneamente sostenuto che sia «estraneo all’ambito di esercizio del diritto di sciopero, in quanto lesivo del diritto del datore di lavoro a svolgere l’attività di impresa, il cosiddetto blocco delle merci». Che qui «deve essere attribuito al Sindacato Cobas, in considerazione del significativo contributo dei suoi rappresentanti», senza mai attuare — ad avviso del giudice — «specifiche azioni per opporsi o dissociarsi».

Il ricorso era promosso dalla cooperativa Ldg (con gli avvocati Marco Lanzani, Filippo Bodo e Pietro Ichino) insieme a Assologistica e Federdistribuzione.  La richiesta al giudice era di accertare l’illecito comportamento dei lavoratori, oltre che “la sussistenza della giusta causa o il giustificato motivo dei licenziamenti” operati dai gestori delle piattaforme logistiche. Non solo, gli attori in campo hanno chiesto al giudice di pronunciarsi circa il legittimo comportamento della società “nei confronti del Sindacato SICobas, sul piano civile, penale e strettamente sindacale”.

Secondo il legale del SICobas  “La presenza davanti ai cancelli dei lavoratori i quali si limitano alla semplice ostruzioni dei cancelli dello stabilimento con la loro presenza fisica, senza porre in atto condotte minacciose o violente nei confronti di cose o persone, non può integrare il reato di violenza privata”. Il filmati e le testimonianze prodotti dalla azienda hanno dimostrato che quel confine è stato abbondantemente superato. Purtroppo è sempre così. Il giudice del lavoro Franco Caroleo ne ha preso atto e ha sentenziato di conseguenza confermando “l’illiceità del comportamento posto in essere dal Sindacato Intercategoriale COBAS con riferimento ai blocchi di causa effettuati presso le piattaforme logistiche di Truccazzano, Vimodrone e Pozzuolo Martesana”. Lo scontro sui piazzali e nei tribunali, continua.

Qualità e tradizione. Il lavoro e la fatica delle piccole cooperative e della distribuzione locale

Nel nostro Paese sono migliaia. Le trovi nelle valli più remote, in borghi sconosciuti. O sotto casa. Propongono saperi e sapori antichi altrimenti destinati ad essere perduti. Laboratori che si tramandano da generazioni, cantine sociali, negozi di vicinato, minuscoli  caseifici nei quali converge il lavoro di centinaia di piccoli agricoltori. Li trovi nei mercatini che si spingono nelle città nei giorni di festa o quando vendono i loro prodotti in esclusiva per le comunità costruite intorno a loro.

Ciò che propongono ha spesso nomi impronunciabili. Frutto di un marketing antico, fatto di passa parola, di storpiature dialettali, eco di un passato di lavoro e di fatica. Il paradosso è che fuori dai loro perimetri di insediamento, ciò che è frutto di un lavoro povero ed essenziale, oltre che dai residenti,  è conosciuto solo dagli esperti e dai buongustai disposti a pagare per avere quei prodotti sulle loro tavole.   Poco, troppo poco, per ovvie ragioni, arriva sui banchi della grande distribuzione. E spesso ci arriva più per la sensibilità dei buyer che conoscono i produttori locali e come lavorano che per strategie complesse.

Qualche mese fa, dopo un pranzo a base di prodotti trentini doc, ho chiesto, al proprietario di un maso sperduto sopra Romeno in Alta Val di Non, dei suoi ottimi canederli. Mi ha confessato di acquistarli all’Eurospin di Sarnonico che ha rapporti esclusivi con un piccolo produttore locale. Mi è venuto da sorridere pensando a quanto noi ci perdiamo in discussioni spesso inutili sui discount e sulla marca privata dimenticando il prodotto e la dimensione spesso locale del mercato. E la capacità di alcune insegne, a nord come a sud, di portarli sotto i riflettori e proporli ai propri clienti.

Per questo ho  deciso di parlarne scegliendo una di queste attività in modo del tutto casuale, con lo scopo di rappresentarne molte. Spesso passiamo il tempo ad interrogarci sulle traiettorie dei protagonisti principali della Grande Distribuzione. Nei territori c’è però anche dell’altro. Piccole realtà caratterizzate da prodotti di qualità espressione di quello specifico contesto geografico. Fondamentali per l’economia del territorio. Esaltano il rapporto tra produttore locale, territorio   e qualità e di conseguenza tra negoziante e cliente. Molte di queste attività sono, purtroppo, destinate a chiudere. Si stima che, nel 2025, rispetto al 2019,  la riduzione degli esercizi commerciali di piccole dimensioni operanti nel settore alimentare oscillerà tra il -6,9% e il -8,4%. Strutture che non solo alimentano l’economia e i bisogni di acquisto  ma hanno un valore sociale perché propongono un passato positivo fatto di conoscenza, tradizioni, relazioni.
Leggi tutto “Qualità e tradizione. Il lavoro e la fatica delle piccole cooperative e della distribuzione locale”

Grande Distribuzione. Végé (con Apulia Distribuzione) aprono il 2024 con una mossa a sorpresa.

Il 2024 nella GDO italiana si apre con una bella notizia. Apulia Distribuzione entra nel Gruppo Végé. “Accogliamo con immenso orgoglio l’ingresso di Apulia nel Gruppo VéGé. Questo evento non solo rafforza la nostra posizione nel mercato ma segna anche un passo decisivo. Tutti  insieme, scriveremo il futuro del Gruppo VéGé, un futuro di successi e di valore condiviso ”, commenta Giovanni Arena, Presidente di Gruppo VéGé”. “Dopo più di 20 anni di bellissime esperienze di crescita ininterrotta, approdiamo ora definitivamente in VéGé, un bellissimo traguardo. Questo si tradurrà in opportunità ancora più ampie per la nostra crescita e la nostra prosperità” ha sottolineato  Antonio Sgaramella, Presidente di Apulia Distribuzione.

Apulia Distribuzione nasce nel 2001.  Partita dalla Puglia, oggi è presente anche in Calabria, Basilicata, Campania e Molise con un fatturato 2023 da 930 milioni di euro e 378 punti vendita A questi si aggiunge il format dell’ingrosso Cash&carry Tuttorisparmio con 4 punti vendita in Puglia. Tre brand di proprietà:  Rossotono, I Naviganti, assortimenti ricercati provenienti da filiere certificate e Speasy, la nuova piattaforma e-commerce che partirà proprio da quest’anno. Una realtà vitale e moderna.

“Avere una rete di oltre 3400 punti di vendita in tutta Italia, un fatturato stimato per il 2024 che supererà i 15,5 miliardi di euro rappresentano un viatico eccezionale per poter dare ancora più servizi di qualità ai nostri prospettici 10 milioni di clienti settimanali. È una bellissima sfida e vogliamo assolutamente vincerla” ha dichiarato Giorgio Santambrogio Amministratore Delegato di Gruppo VéGé.

La decisione avvenuta prima di Natale di interrompere, dopo quattro anni la partnership  tra Carrefour Italia e la società Apulia Distribuzione “per diversi orientamenti sulle future strategie commerciali su scala nazionale e internazionale” aveva chiarito che, pur mantenendo per il 2024 l’utilizzo dell’insegna Carrefour sulla rete di negozi coinvolti le strade erano destinate a dividersi”. È necessario ricordare che Il CEO di Carrefour Alexandre Bompard aveva annunciato la strategia sugli acquisti che ha portato alla creazione, tramite Carrefour France, nell’autunno del 2022, della centrale, Eureka, con sede a Madrid, che si occupa delle negoziazioni commerciali nei suoi 6 maggiori mercati europei: Francia, Spagna, Italia, Belgio, Romania e Polonia. Leggi tutto “Grande Distribuzione. Végé (con Apulia Distribuzione) aprono il 2024 con una mossa a sorpresa.”

Grande distribuzione. Cosa succederà nel 2024?

Lo sguardo e la visione verso il futuro dell’imprenditore o del manager non possono mai indulgere al pessimismo. Come ci ricorda Umberto Galimberti, un filosofo bravo a leggere e interpretare il nostro tempo: “Il futuro non si attende, si fa”. Ed è questo lo spirito  con cui si deve affrontare l’anno che sta arrivando. Alle spalle un  periodo purtroppo caratterizzato da una situazione geopolitica complessa, da un’inflazione che cala ma resta tignosa soprattutto sulla spesa, e da un comportamento del consumatore molto più attento e sensibile alla convenienza e pronto ad inseguirla ovunque. Elementi che si confermeranno anche nel 2024.

Termina l’anno del Coniglio e si entra in quello del Drago. L’unica creatura mitologica dello Zodiaco cinese associata alla forza, alla salute, all’armonia e alla fortuna. In Cina i draghi vengono posti al di sopra delle porte o sui tetti per tenere lontani gli spiriti maligni. Un anno impegnativo ma ricco di opportunità per chi, nella GDO, guarda al futuro. Non per la maggioranza del comparto che non farà parlare di sé più di tanto. Investirà ciò che serve a mantenere una sufficiente rendita di posizione, gestirà i collaboratori “à la carte”, rimodulerà l’offerta inseguendo discount e concorrenza. Sarà l’anno del rinnovo del CCNL e della conferma delle difficoltà  sempre crescente di trovare le risorse umane disponibili a lavorare nel comparto. Soprattutto al centro nord.

Per chi cerca di fare un salto di qualità  la strada è però senza alternative. Servono idee e risorse economiche per crescere. Ma anche visione, voglia di credere e investire nelle proprie risorse umane e tanto coraggio.

Cosa mi aspetto dalla GDO nel 2024?

Molto dipenderà dall’evoluzione del contesto geopolitico. Se i venti di guerra soffieranno lontani credo che, sul piano internazionale, farà passi avanti il percorso di avvicinamento tra Aldi Nord e Aldi  Sud. Fondamentale per ridare slancio competitivo al grande gruppo tedesco nel mondo. Amazon verrà probabilmente a capo della sua presenza nel retail fisico, condizione indispensabile per svilupparsi ulteriormente e, in Francia, dove Carrefour ha ripreso quota e leadership, mi aspetto qualche alleanza in chiave di crescita competitiva. Nel 2024 Remi Baitiéh sarà impegnato nel rilancio di Morrison UK. E Mercadona? Spero guardi con coraggio fuori dalla sua comfort zone. Per ora, come altre realtà in Europa,  ha aumentato gli stipendi ai suoi collaboratori. Chi ne decanta le iniziative commerciali, non dovrebbe sottovalutare la loro capacità di gestione delle risorse umane. Una delle  chiavi fondamentali  del successo.

Nel nostro Paese sarà l’anno dello sdoganamento definitivo del discount. C’è ancora spazio anche per probabili acquisizioni. E la Marca del Distributore  che cresce nella GDO tradizionale contribuirà a convincere definitivamente i consumatori che qualità e convenienza possono trovarsi ovunque. Non solo nell’industria di marca. Conad dovrà dimostrare se la sua leadership è il risultato di una semplice sommatoria di punti vendita  o riuscirà ad esprimere una nuova identità. Cinque grandi cooperative e un ottimo gruppo dirigente saranno in grado di ritrovare un percorso oltre una formale unità di facciata? Lo vedremo presto. Intanto un applauso a DAO Conad per essersi fatta carico di una sperimentazione che può dare il via ad un grande cambiamento nel medio lungo termine.
Leggi tutto “Grande distribuzione. Cosa succederà nel 2024?”

UNES. Cosa c’è dietro l’angolo?

Quando penso ad UNES, oltre al proprietario Marco Brunelli, mi vengono in mente Mario Gasbarrino, Rossella Brenna e Mario Spezia. Il primo, tra l’altro, aveva preso un’azienda caduta in una sorta di anonimato contribuendo  a darle un’identità precisa. Gli altri due, veri professionisti della GDO, ne hanno gestito fasi delicate di passaggio la cui uscita testimonia la presenza  di evidenti problemi  relazionali ai vertici. Tre AD in quattro anni. Un segnale chiaro che qualcosa non funziona.

Adesso tocca a Gianluca Grassi, head of omnichannel marketing di Unes presentare l’azienda. Credo comunque sotto Cristophe Mosca direttore generale di Finiper Canova  e quindi della business unit supermercati a insegna Unes. Da quello che leggo, tanta buona volontà, impegno e qualche idea presa dal passato e presentata con eccessiva enfasi nelle riunioni interne e alla stampa di settore.   Personalmente ho sempre avuto una sana diffidenza, tipica di chi ha fatto il Direttore Risorse Umane a lungo come il sottoscritto, per i top manager, commerciali o meno, che appena insediati al vertice di un’azienda, propongono di reinventare la ruota. Ma tant’è.  Dal mio punto di vista  ci sono fasi nella vita di un’azienda, che possono essere gestite solo da ristrutturatori  e riorganizzatori esperti.  O da chi, ed è forse questo il caso di UNES,  è veramente in grado di integrare questa rete con altre sviluppando sinergie sui costi e sulla logistica o sulla gestione di alcuni punti vendita. Sotto questo punto di vista l’apporto di Conad credo sia tutt’ora determinante.

Sicuramente i manager devono affrontare un pesante clima interno nei punti vendita a cui il piano di riduzione dei direttori di filiale, per come è stato presentato, ha dato un forte contributo (https://bit.ly/3s3RGpW). L’insegna nata a Milano negli anni 60, presente in Lombardia, Piemonte ed Emilia-Romagna con oltre 200 punti vendita diretti e in franchising sembra, dalle dichiarazioni,  voler ricominciare da dove era partita. Una sorta di ritorno alle origini. La catena di supermercati che dal 2002 è parte del gruppo Finiper volta quindi pagina, riunendo sotto un unico “ombrello” le insegne “U! Come tu mi vuoi” e “U2 Supermercato”. Funzionerà?  Per ora, i numeri, mostrano una situazione in salita. Vedremo come si concluderà il 2023.

Il 21 dicembre si è finalmente conclusa la procedura di riduzione di personale. Una procedura partita il 29 settembre che indicava 101 esuberi da ricercarsi tra Direttori e Vice Direttori inquadrati come prevede il CCNL nel primo livello. Queste figure sarebbero dovute essere sostituite  da “referenti di negozio” di secondo livello. Nell’incontro successivo, avendo compreso l’impraticabilità della proposta, come peraltro avevo già scritto (https://bit.ly/3ROU6Dh), l’azienda l’ha modificata, smentendo le iniziali dichiarazioni, lasciando  i responsabili di negozio al primo livello accontentandosi  di modificarne il nome formale come prevede il CCNL (gestore o gerente di negozio, di filiale, o di supermercato).

Leggi tutto “UNES. Cosa c’è dietro l’angolo?”

Grande distribuzione. Gita a Zavantem dove Carrefour fa BuyBye….

Ho finalmente visitato l’ultimo nato in casa Carrefour,  a due passi dall’aeroporto di Bruxelles. Carrefour Belgio, dopo più di 45 anni ha lasciato la sua sede centrale a Evere e si è trasferita in un nuovissimo complesso di uffici nel Corporate Village di Zaventem in Leonardo Da Vincilaan 3. Il nuovo formato è chiaramente un test posizionato proprio vicino alla sede centrale  e circondato dalle sedi di decine di imprese e quindi potenzialmente frequentato da persone abituate ad una spesa  rapida all’uscita dal lavoro, o nelle pause, senza particolari problemi economici. È un punto vendita ultra compatto di 18 metri quadri. Dentro solo frigoriferi dove i clienti possono acquistare pranzo, snack, bibite, frutta, ecc. e un piccolo tavolo per consumazioni rapide sul posto o per appoggiarci la  borsa.

Carrefour BuyBye funziona interamente sulla base dell’intelligenza artificiale, con una combinazione di telecamere e pesatura. Le telecamere posizionate strategicamente su ogni ripiano forniscono un doppio controllo. L’AI è addestrata a riconoscere ogni prodotto presente da tutte le angolazioni, garantendo al cliente un’esperienza di acquisto fluida e senza problemi. È possibile scaricare l’app “Carrefour BuyBye” oppure (per evitare stress ai boomer) utilizzare la tapcard.

L’applicazione consente di aprire sia il  negozio che le porte dei frigoriferi. Una volta aperte si può prendere ciò che si vuole. Ho provato ad entrare sfruttando la presenza di un amico. È molto semplice. Grazie all’intelligenza artificiale  gli articoli selezionati vengono riconosciuti e addebitati automaticamente. Il processo è veloce e rende superflue altre operazioni.  All’interno si prova una sensazione particolare. Per chi vuole stare il meno possibile in un punto vendita, trovare ciò che cerca, uscire e fare altro, è un’opzione interessante. Per altri che assegnano un altro valore a tutto ciò che ha a che fare con l’atto di acquisto, è un po’ una delusione. La sensazione è di entrare in un luogo un freddo, essenziale. Quando sono arrivato io, non c’era nessuno. Alle pareti in alto, qualche scritta, intorno frigoriferi anziché “semplici” distributori automatici tradizionali. Tra l’altro anche nel vending  il trend si sta spostando verso un’offerta diversificata che punta ai mini-pasto. Insalatone, zuppe o poke bowl hawaiane, ecc. sono ormai disponibili nei distributori automatici. La totale assenza di personale  cambia la prospettiva e la sensazione per chi entra.  È come aprire il frigorifero di casa per prendere ciò di cui abbiamo bisogno. Solo che non si è a casa propria. E ci si sente costantemente osservati…

Resta centrale l’assortimento, essenziale, che credo sia allineato  ad una specifica  tipologia di clienti.  Il modello è “prendi e vai”. Credo però, che dopo un paio di volte, dove la novità e le modalità generano una certa curiosità, l’interesse per quella tipologia di spesa diventi esclusivamente opportunista. Più è rapida, meglio è. La vedo particolarmente utile in due casi. Innanzitutto per un pranzo veloce in azienda nell’intervallo di lavoro e per la possibilità di acquistare anche frutta e poco più da portare a casa  per poi riservare la spesa (quella vera)  altrove. Oppure in zone dove non si trovano addetti o, addirittura, dove il costo di un negozio tradizionale, pur piccolo, non si giustifica. Leggi tutto “Grande distribuzione. Gita a Zavantem dove Carrefour fa BuyBye….”