Conad prova a girare pagina.
Mauro Lusetti credo sia la persona giusta al posto giusto. Conad è, da sempre, casa sua. Conosce pregi e difetti dell’establishment delle cooperative. Sa che il suo compito è, insieme a loro, provare a fare piccoli passi avanti con pazienza e lungimiranza. Sa che al centro del sistema deve esserci il socio imprenditore. Non le beghe tra leader delle cooperative.
5 forti cooperative assolutamente in salute che portano ad un risultato complessivo di 20,2 miliardi euro (+9,1) e con una quota di mercato del 15%. È l’unica insegna presente in 1500 comuni e in tutte le provincie del Paese con 12 milioni di famiglie che entrano nei loro punti vendita ogni settimana. Le regole che consentono una convivenza tra diversi sono un collante sufficiente. D’altra parte “consorzio” viene dal latino consortium, derivato di consors-ortis ovvero “chi ha la sorte in comune”.
Quando, nel 1972, nove dettaglianti perugini costituirono PAC 2000A Conad (Perugia Acquisti Cooperativa 2000 Alimentari), contemporaneamente, in Giappone, nasceva Mazinga Z, il capostipite dei famosi “robottoni transformer” che, solo componendosi tra di loro, diventavano indistruttibili e invincibili. Per me, Conad, avrebbe dovuto assomigliare a quella cosa lì. Un impasto comune di idee, organizzazioni e persone che, grazie alla forza delle singole cooperative, messa a fattor comune, consentisse di prendere la testa della GDO nazionale, diventando un punto di snodo decisivo nella filiera agroalimentare e da lì puntasse, nel tempo, addirittura all’intero continente. Un continente dove le cooperative dí dettaglianti rappresentano un punto di riferimento importante e vero terreno di un futuro prossimo dove la competizione non sarà tra pur bravissimi bottegai locali più o meno sviluppati, ma tra imprese di grande dimensione che al centro pongono il cliente a 360°.
In questo senso le tre grandi operazioni di acquisizione portate avanti nel tempo da Conad (Lombardini, Billa-Rewe e Auchan) avrebbero dovuto proprio creare le basi per una nuova identità, dare una visione unitaria di grande respiro imprenditoriale e, infine, produrre una grande scuola manageriale e di mestiere in grado di competere con le grandi multinazionali. Tant’è che in passato avevo scritto in un pezzo rilanciato ad una passata assemblea di PAC 2000A: “È chiaro che la vera forza di un sistema policentrico formato da più anime e da cinque grandi cooperative, qual’è Conad, è solo nell’unità e nel gioco di squadra. Se viene meno emergono visioni e interessi differenti che rendono difficile il governo del sistema”. Leggi tutto “Conad prova a girare pagina.”
Contratto nazionale commercio, DMO e cooperazione. Ennesimo pasticcio a pochi giorni dallo sciopero…
Si può dire, senza che nessuno si offenda, che c’è un evidente deficit di capacità e di credibilità politica che impediscono la chiusura della trattativa del più importante CCNL del nostro Paese? Come si fa a non rendersene conto? Vista la fine dell’ultima trovata della “letterina di Natale” inviata al sindacato da Confcommercio (a cui si è accodata Confesercenti o viceversa) per riprendere il negoziato, senza però togliere le pregiudiziali che erano state poste proprio dalla stessa Confcommercio. Temo mi tocchi dare ragione alla Filcams CGIL quando afferma che è in atto “un tentativo di svilire e derubricare la trattativa a una “parentesi comica”. Un disastro reputazionale per Confcommercio e per chi l’ha seguita su questa strada. Eppure era evidente che saremmo arrivati qui.
Nel 2011 così come nel 2015 ho partecipato in prima persona ai due ultimi rinnovi del CCNL. Il negoziato per Confcommercio era tenuto dall’allora Direttore Generale di Confcommercio, Francesco Rivolta delegato del Presidente Carlo Sangalli. Dopo, è bene sottolinearlo, non sono stati sottoscritti altri CCNL di questo livello. E già questo la dice lunga. C’erano, allora come oggi, molte resistenze nella delegazione datoriale, come sempre avviene quando si arriva al momento di chiudere. Fu il Presidente di Confcommercio in prima persona a considerare maturi i tempi, pur sapendo di rischiare anche conseguenze traumatiche per la sua organizzazione. Che puntualmente ci sono state. Una di quelle firme contribuì alla rottura con Federdistribuzione. Oggi il Presidente è in evidente difficoltà ad individuare possibili vie d’uscita da una situazione che è stata creata innanzitutto dalla sua organizzazione.
Alcuni tra i resistenti politici più inconcludenti di allora, oggi sono addirittura titolari del negoziato e seduti al tavolo. Non serve fare nomi. Difficile quindi, aspettarsi possibili risultati, oggi. È ormai una situazione kafkiana. Siamo di fronte ad un avvitamento che scuote alle fondamenta l’intero sistema delle relazioni sindacali del comparto. Il terziario di mercato sta rischiando di rivivere ciò che sta attraversando la logistica e le dinamiche sindacali che ne hanno inceppato il contesto. E questo grazie alla mancanza di una strategia politica e sindacale dell’intero associazionismo di categoria che osserva il futuro con lo specchietto retrovisore e di un sindacato di categoria che vive esso stesso un paradosso. È rilevante e autorevole, per il peso associativo complessivo che ha, nelle dinamiche interne delle rispettive confederazioni, e contemporaneamente debole per l’estrema frantumazione del comparto e nella maggior parte delle aziende. Quindi è costretto unitariamente a tenere alta la posta, pur fuori tempo massimo, perché al punto in cui siamo, qualche sindacato rischia le critiche interne dei propri vertici confederali e contemporaneamente, tutte insieme, di perdere credibilità con le proprie basi più militanti.
Intanto cresce il malcontento. Il Governo non ha messo praticamente nulla sul tavolo a sostegno dei rinnovi contrattuali e l’opinione pubblica è molto più sensibile alla parte debole del mondo del lavoro. Le tensioni che attraversano la logistica e i suoi addetti, le cooperative spurie, i rider, il lavoro povero nella sua accezione più ampia, la flessibilità e il part time involontario, il lavoro festivo, la convinzione che la precarietà e i bassi salari siano elementi strutturali del comparto nel suo insieme. E le pur importanti iniziative, portate avanti da diverse insegne nazionali al loro interno, più sensibili alla gestione e allo sviluppo delle risorse umane, passano così in secondo piano. C’è una tensione sotto traccia che cresce.
Carrefour Contact. La risposta franco-francese alla marcia inarrestabile del discount….
Quando apre un nuovo punto vendita per qualsiasi insegna occorre riflettere sull’obiettivo. Può essere una apertura tradizionale, un esperimento, una scelta tattica per rispondere ad un banale esigenza locale o parte di una strategia complessiva. Il gruppo Carrefour ha un piano strategico chiaro che prevede investimenti per circa 2 miliardi di euro all’anno a livello globale. Europa e America Latina sono i suoi mercati principali e l’asse della crescita è basato su due pilastri fondamentali: transizione alimentare e digitalizzazione. La prima scommessa è sui propri marchi.
Alexandre Bompard ha dichiarato: “L’obiettivo è raggiungere il 40% del fatturato nel 2026 con la propria marca contro il 33% nel 2022. Il boom delle private label comprenderà anche il non food. “È una svolta importante”. Ciò significa che un prodotto alimentare su due che venderemo, ha concluso Bompard, sarà a marchio Carrefour.” In secondo luogo il franchising. Nel piano Carrefour 2022, Carrefour ha deciso di continuare lo sviluppo del franchising. “Il franchising ha rappresentato il 90% delle nostre aperture di negozi in Europa”, spiega il Top Manager. Manterremo questo modello di espansione, anche a livello internazionale, dove ci espanderemo in 10 nuove aree entro il 2026, principalmente in America Latina, Africa e Medio Oriente.” Il terzo asse riguarda la “semplificazione” delle strutture. Non solo l’area acquisti ma tutti i diversi team aziendali nazionali sono sotto la lente di ingrandimento. Carrefour vuole dotarsi di centri di competenza con l’obiettivo di non duplicare più la stessa organizzazione per paese. Come per gli acquisti, l’idea è quella di mettere in comune competenze tecnologiche, dati, branding e persino alcune funzioni finanziarie.
“Questa nuova organizzazione rafforzerà la competitività di tutti i nostri paesi, in particolare dei più piccoli, che ridurranno i costi delle sedi, e soprattutto beneficeranno di competenze molto più ricche a livello di gruppo, che è un vantaggio rispetto ai loro concorrenti locali” , ha insistito Alexandre Bompard fin dalla presentazione del piano. È chiaro che questo comporta inevitabilmente una strategia di ottimizzazione delle risorse umane, di lancio di nuovi modelli di presenza sul territorio, di riutilizzo dei siti, soprattutto di grandi dimensioni e di un minor peso delle sedi, anche in forza dell’aumento del franchising. La declinazione di questa strategia, nei singoli Paesi, comporta sperimentazioni, nuovi modelli organizzativi e di vendita, investimenti sulle risorse umane, riqualificazione e rivisitazione dei mestieri di sede e di rete.
Aprire quindi in un quartiere periferico di Milano, quella che ai nostri occhi appare un’alternativa al discount. non è solo un semplice test per Carrefour Italia per il nostro mercato ma è parte integrante di una strategia globale. In Francia di Carrefour Contact ce ne sono già almeno 600. In realtà Carrefour Contact non è un discount. È un’insegna di prossimità che risponde alle esigenze delle aree di estrema periferia urbana con un’ampia offerta, sia alimentare che non alimentare, paragonabile ai nostri mercati rionali. Se non si parte da qui si rischia di non comprendere la traiettoria della multinazionale. L’insegna francese oltre al marchio Carrefour, gestisce Atacadão, Carrefour Bio, Carrefour City, Carrefour Contact, Carrefour Express, Carrefour Maxi, Carrefour Market, Carrefour Montagne, Docks, Globi, Gross Iper, Promocash, Proxi, Rast, Supeco, So .bio, Carrefour Outlet, Carrefour banca e assicurazione e più recentemente Bio c’bon, Potager City, Bio Azur, Cora, Match, Terre d’Italia. E ne avrò certamente dimenticata qualche altra in giro per il mondo. Leggi tutto “Carrefour Contact. La risposta franco-francese alla marcia inarrestabile del discount….”
Leroy Merlin. Raggiunto un accordo che chiude una situazione dalle conseguenze imprevedibili
L’accordo sottoscritto pochi giorni fa da Esselunga con i tre sindacati confederali di categoria ha fatto da apripista. E così è stato raggiunto un accordo, seppure di contenuto differente ma altrettanto risolutivo, tra il sindacato di base SI Cobas e Leroy Merlin. La situazione era ormai diventata ingestibile. Due mesi di scioperi, azioni di sabotaggio e decine di azioni di disturbo in numerosi punti vendita avevano ormai posto fuori controllo la situazione. L’azienda ha riconfermato il recesso dal contratto di fornitura e la conseguente chiusura del deposito di Castel San Giovanni, che impiega circa 350 lavoratori alle dipendenze della società Iron Log. Ha però spostato al 31 maggio la chiusura definitiva in modo da consentire una gestione più morbida dei passaggi. L’accordo prevede 80 ricollocazioni volontarie nella nuova sede di Mantova, buone uscite più elevate di quelle proposte in un primo tempo e come scritto sopra lo spostamento di qualche mese della chiusura rispetto alla data prevista inizialmente. A chiusura della dura vertenza Leroy Merlin e Iron Log hanno accettato di ritirare ogni querela sporta in questi mesi contro le azioni di protesta e hanno concordato un’erogazione di 2000 euro anche per i tempi determinati con contratto in scadenza. L’assemblea indetta subito dopo la firma ha registrato un’adesione pressoché totale dI approvazione da parte dei lavoratori.
Le ragioni dell’azienda francese sono state abbondantemente spiegate in tutti gli incontri che si sono avuti a partire dal 26 ottobre prima che la situazione, sfuggisse di mano. L’azienda si è limitata a riproporre non solo i problemi di gestione del centro, come aveva già dichiarato nei precedenti incontro: “Il National Distribution Center di Castel San Giovanni, non può trovare spazio perché da tempo presenta performance operative e di servizio gravemente al di sotto degli standard minimi di mercato. Tali inefficienze del magazzino hanno pesato per un valore di oltre 24 milioni di euro negli ultimi 3 anni, per ragioni non imputabili a Leroy Merlin». «L’insieme di queste inefficienze, unito a periodi di inattività, continua ad avere, inoltre, gravi ripercussioni sulle vendite dell’azienda, sui servizi resi ai clienti e sul business dei propri fornitori, alcuni dei quali dipendono da Leroy Merlin per il 60% del loro fatturato.
Nonostante questo l’azienda aveva fin da subito dichiarato la disponibilità a supportare Iron Log nella ricollocazione di una parte dei lavoratori presso un altro provider logistico all’interno del deposito sito a Mantova, nonché a collaborare affinché Iron Log potesse porre in essere un complessivo piano di incentivazione finalizzato ad agevolare la ricollocazione dei lavoratori anche attraverso servizi di outplacement”. L’azienda ha ribadito la nuova strategia distributiva che determina la necessità di presidiare diversamente il territorio nazionale. Per la realtà multi specialista, tale potenziamento prevede negli aspetti logistici l’apertura entro il 2024 di almeno 4 nuovi Market Delivery Center (MDC) e Punti di Redistribuzione regionali, al fine di rendere la distribuzione e la consegna più efficiente e capillare che consenta di essere più vicina al consumatore finale. Il piano complessivo di rafforzamento della struttura logistica si stima possa generare nei nuovi centri 700 posti di lavoro indiretti». Pur con un saldo finale abbondantemente positivo è evidente che a Castel San Giovanni, dimezzando il lavoro distribuito altrove, si dovrà fare a meno di circa 250/300 addetti. Nessuno di questi dipendenti di Leroy Merlin.
Il SI Cobas è un sindacato autonomo fondato nel marzo del 2010 attivo nel comparto della logistica. Settore segnato da una fortissima presenza di manodopera immigrata. La tipologia del lavoro e la forte solidarietà all’interno delle comunità etniche di appartenenza favoriscono il tipo di pratica sindacale conflittuale portata avanti da SI-Cobas tra gli addetti, basata su tattiche di scontro radicali e con un forte impatto, come quella del blocco dei piazzali e delle merci. Inoltre i sindacati di base possono contare su di una rete di simpatie e di militanza costituita da centri sociali, organizzazioni studentesche e altri gruppi, che partecipano attivamente ai blocchi e amplificano le azioni di protesta. Leggi tutto “Leroy Merlin. Raggiunto un accordo che chiude una situazione dalle conseguenze imprevedibili”
Esselunga. Un buon accordo sindacale che chiude una fase.
A Biandrate il contraccolpo è stato forte. Esselunga ha rischiato molto. La partita era aperta da lungo tempo e coinvolgeva la Procura di Milano, il Prefetto di Novara, le autorità di pubblica sicurezza, i sindacati confederali e l’intero sistema di appalti dell’azienda di Pioltello. Tutto poi è precipitato venerdì 20 ottobre quando i sindacati Slai e Ul Cobas hanno proclamato uno sciopero all’hub logistico di Biandrate. Brivio e Viganò, una realtà seria del comparto lo gestisce solo dal primo agosto. È subentrata a 5 distinte cooperative nella gestione dell’hub logistico di Esselunga compresi i reparti frutta-verdura e drogheria facendosi carico di tutto il pregresso. Comprese le tensioni causate da situazioni mal gestite in precedenza che hanno contribuito a deteriorare il contesto e alimentato il conflitto.
La protesta durata ben 20 ore, con i camion impossibilitati ad entrare e uscire provocando ingenti danni alla distribuzione del supermercato. E’ risultato quindi necessario l’intervento della polizia per la riapertura, anche se ci sono stati ingenti danni che hanno impedito l’arrivo dei prodotti freschi in molti punti vendita del supermercato e, nel momento più teso della protesta, è dovuta arrivare anche l’amministratore delegato di Esselunga Marina Caprotti.
Lo scontro avvenuto rappresenta solo la punta dell’iceberg di una situazione molto complicata legata ai contratti e alle condizioni lavorative degli addetti alla logistica in generale. Un discorso che non riguarda soltanto il polo novarese, ma diversi hub sparsi sul territorio nazionale. Esselunga ha deciso di fare un passo in avanti accettando di siglare un’intesa con i tre sindacati confederali Filcams CGIL, Fisascat CISL e Uiltucs UIL sull’internalizzazione di alcune attività e sulla regolamentazione dei servizi in appalto.
L’accordo prevede l’internalizzazione dei servizi di produzione alimentare ed e-commerce e la garanzia che i servizi di logistica, pulizia/multiservizi e vigilanza concessi in appalto, rispettino i diritti dei lavoratori e dei principi di legalità, responsabilità sociale e trasparenza.
Il protocollo in concreto prevede:
– la garanzia di assunzione di tutti i lavoratori impiegati negli appalti delle attività che saranno internalizzate, compresi i lavoratori a termine e in somministrazione, e, per le attività che rimarranno in appalto, la garanzia di applicazione della contrattazione collettiva nazionale e territoriale il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso alle attività oggetto dell’appalto, che veda come parti firmatarie le federazioni sindacali facenti capo a Cgil, Cisl, Uil;
– l’applicazione della clausola sociale per la salvaguardia occupazionale e reddituale in caso di cambio di appalto, anche qualora non sia prevista dal CCNL applicato;
– Esselunga si impegna inoltre a selezionare gli appaltatori in relazione a garanzie di affidabilità, capacità, organizzazione dei lavoratori e dei mezzi strumentali necessari per l’esecuzione dei servizi, know how e competenza adeguati agli standard qualitativi richiesti. Leggi tutto “Esselunga. Un buon accordo sindacale che chiude una fase.”
Carrefour in Belgio sperimenta nuove formule di vendita…
«Non siamo più l’azienda di tre anni fa, la nostra ambizione entro il 2026 è diventare una Digital Retail Company, il che significa porre il digitale e i dati al centro del nostro modello creativo e di creazione del valore», ha dichiarato il Presidente e AD Alexandre Bompard durante il Digital Day che ha avuto luogo lo scorso novembre. Nel mondo, tecnologia e sperimentazioni anche nel comparto della grande distribuzione, non si fermano. A Zaventem in Belgio, una cittadina situata nella periferia settentrionale di Bruxelles, di cui è parte dell’area metropolitana, Carrefour lancia una nuova formula a tutti gli effetti, chiamata Carrefour BuyBye, che completerà e amplierà la gamma offerta finora ai clienti: Hyper, Market, Express ed e-commerce e le numerose altre sigle che la caratterizzano nel mondo.
Carrefour BuyBye vuole offrire una soluzione pratica per gli acquisti dell’ultimo minuto. Il punto vendita di soli 18 metri quadrati è composto principalmente da frigoriferi dove i clienti possono acquistare il loro pranzo, snack, bevande fredde, frutta e così via. Carrefour BuyBye funziona al 100% utilizzando l’intelligenza artificiale, una combinazione di ponderazione del prodotto e rilevamento della visione artificiale. Le telecamere posizionate strategicamente su ogni scaffale forniscono il doppio controllo, garantendo la massima precisione di fatturazione.
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Contratto Nazionale commercio e DMO. Lavoratori e aziende vogliono chiuderlo. Da tempo.
A due settimane dallo sciopero del 22 dicembre indetto dai tre sindacati di categoria nulla si muove di concreto. Le dichiarazioni di disponibilità delle associazioni datoriali di queste ore lasciano il tempo che trovano. Ha cominciato Patrizia De Luise, Presidente di Confesercenti, ha proseguito Donatella Prampolini, Vice Presidente di Confcommercio e, infine, è arrivato il comunicato di Federdistribuzione (https://bit.ly/4a8lGCd). Tutti, purtroppo, fuori tempo massimo.
Quello che non si è fatto in quattro anni, diventerebbe improvvisamente fattibile in due settimane e solo dopo la dichiarazione di sciopero. Ovviamente nessuno ci crede. Da parte delle associazioni datoriali c’è la volontà, legittima, di “sgonfiare” il più possibile la partecipazione allo sciopero ed evitare di essere messi in un angolo dall’opinione pubblica con l’accusa di “insensibilità sociale”. Carlo Messina, amministratore delegato di Intesa Sanpaolo pochi giorni dopo la firma del contratto dei bancari al di là della consistenza dell’aumento concordato con i sindacati, improponibile nel commercio, ha affermato: “bisogna dimostrare alle proprie persone che ci si prende cura di loro”. Parole che, tra l’altro, molte aziende della GDO e del commercio in generale condividono assolutamente.
In realtà, le associazioni e gli stessi sindacati hanno perso l’occasione di chiudere la partita quando, qualche mese fa erano maturate le condizioni per una conclusione equilibrata del contratto nazionale. L’IPCA non era ancora emersa nell’entità che poi si è evidenziata, il clima sociale nel Paese segnalava ancora una sottovalutazione generalizzata su contratti e sui rinnovi fermi da tempo, la discussione sul salario minimo non era ancora salita di tono e Landini non aveva deciso, insieme a Bombardieri, alcun braccio di ferro con il Governo. Federdistribuzione, probabilmente dopo aver preteso a lungo una “distintività” del suo CCNL, che resta tuttora una semplice copia di quello Confcommercio, sembrava accontentarsi di qualche ritocco (verso il basso) della figura dei responsabili di punto vendita e poco più, in cambio di una moderazione sulle richieste salariali.
Confcommercio, sbagliando completamente i tempi, ha pensando di poter ribadire, fuori tempo massimo, innovazioni che altro non erano che provare a riprendersi con la mano destra ciò che a fatica veniva concesso con la sinistra. Forse ha pesato la competizione con Federdistribuzione. Sicuramente è stata sottovalutato il contesto che andava maturando. Lì sono stati ribadite le richieste su alcuni istituti contrattuali che, per la confederazione di Piazza Belli, si sarebbero dovuti modificare. Provocatorie per la Filcams CGIL ma altrettanto indigeste per la Uiltucs UIL e la Fisascat CISL.
Senza interlocutori sindacali disponibili alla mediazione, Confcommercio e Federdistribuzione, insieme agli altri protagonisti, non hanno avuto la sensibilità di comprendere per tempo il cambiamento di clima sociale che andava affermandosi nel Paese. I segnali di disaffezione dei giovani per la qualità del lavoro offerto, l’aumento delle dimissioni e l’inflazione che, crescendo, non colpiva solo i consumatori ma anche i lavoratori del comparto. Le polemiche sul lavoro povero che oltre alla logistica, lambisce pericolosamente i confini del comparto portando, all’ordine del giorno, sia i famosi contratti “pirata” ma anche una pericolosa contaminazione da parte del sindacalismo di base propugnato dai COBAS che tende ad inserirsi nelle contraddizioni che, un negoziato nato male e proseguito ancora peggio, determina…
Non è stato considerato che, ad esempio, sul versante sindacale nessuna delle tre organizzazioni vanta una leadership forte e riconosciuta dalle altre due sigle. Cosa che in passato aveva consentito svolte ai negoziati nei momenti difficili. Così, sul versante datoriale, il clima permanente di competitività tra le diverse associazioni e la volontà di esercitare una leadership, indigesta agli altri, da parte di Confcommercio, hanno fatto il resto.
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A chi assegno gli Oscar della GDO per il 2023…
Per quasi tutte le insegne, se ci si ferma ai fatturati, quello che si sta chiudendo è un anno positivo. Restano le preoccupazioni sul 2024, soprattutto sui volumi, se l’inflazione, pur ridotta, continuerà a preoccupare i consumatori. Agli esperti il compito di leggere i numeri e i bilanci. Preferisco proporre ciò che di positivo ho visto nel 2023. Dieci grandi e piccoli avvenimenti, persone o progetti. Nella Grande Distribuzione è proseguito il percorso di rafforzamento dei Discount, l’on line è cresciuto moderatamente e le insegne migliori hanno reagito bene. Se guardiamo al nostro Paese, maglia nera per Unes. Sceglie di farsi del male da sola. Maglia rosa per LIDL. Si impone definitivamente come azienda leader. In mezzo c’è un po’ di tutto. Il carrello tricolore è stata l’iniziativa comune che ha visto il comparto dare il proprio contributo al contenimento dell’inflazione. Federdistribuzione, l’associazione di comparto, ne è uscita bene perché ha saputo tenere la barra dritta. Male, purtroppo, per come “non” è stata in grado di gestire fino ad ora il Contratto Nazionale. Su questo in ottima compagnia con le altre associazioni. Ho scelto fatti e persone che mi hanno colpito, durante il 2023. Non necessariamente ciò che è stato più importante in assoluto.
1) I tre top manager italiani che mi hanno convinto di più
– Massimiliano Silvestri di Lidl. Uno dei top manager più giovani in circolazione. Entra il LIDL a 25 anni e percorre tutti i gradini della carriera. Compresa un’esperienza in Portogallo. È uno dei promotori del percorso evolutivo di Lidl da discount a Supermercato. Coerente con la strategia contenuta le progetto “Lidl 2030” del Gruppo tedesco nel 2023 l’azienda ha presentato un bilancio di sostenibilità importante (https://bit.ly/3QvArY1) che delinea l’intenzione di “restituire” iniziative positive alle comunità nelle quali interagisce e di accompagnare il cliente educandolo ad un consumo consapevole. Manager solido, aperto al confronto e ottimo team leader.
– Maura Latini di Coop. In questo comparto dominato da anziani imprenditori maschi e leader che ripetono sempre le stesse cose qualcuno che rompesse gli schemi ci voleva proprio. Mi ha colpito la sua descrizione giovanile del punto vendita. “C’era del bello in questo luogo pieno di gente, colleghi, clienti”. Chi sceglie questa carriera spesso parte da qui perché il punto vendita è l’unico luogo che consente di osservare l’erba dalla parte delle radici. Con l’occhio del cliente. Una caratteristica che non si perde più. Anche quando si sale nella carriera. Maura Latini è arrivata a mèta da semplice “underdog”. Dal giugno 2023 è Presidente Coop Italia.
- Cristophe Rabatel di Carrefour. Al suo arrivo in Italia molti pensavano fosse uno dei tanti francesi un po’ strafottenti inviato in una situazione destinata a seguire la ritirata di Auchan dal nostro Paese. Oggi Carrefour Italia anche grazie al franchising conta su una rete di 1.500 pdv in 19 Regioni. Vanta 1.200 pdv gestiti da imprenditori ed è il primo franchisor della grande distribuzione in Italia. L’Italia continua la sua crescita, facendo registrare un incremento dell’ 1,7% delle vendite Like for Like. Rabatel e la sua squadra hanno compreso, in controtendenza rispetto ad altri, che l’importante è il legame del punto vendita con il contesto economico e sociale dove è insediato. Più dell’insegna stessa e più del formato. Non servono copie fotostatiche. Servono punti vendita tagliati su misura sui clienti di ciascuna realtà presidiata. Carrefour, dopo aver definito la rotta, ha declinato la sua strategia di sostenibilità partendo da 4 pilastri fondamentali: prodotti, punti vendita, clienti e collaboratori. Quattro pilastri solidi su cui costruire.
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LIDL. E continuano a chiamarli discount…
La Grande Distribuzione avrà sempre più difficoltà a trovare personale di punto vendita. Così come a trattenere talenti da far crescere. L’organizzazione del lavoro e la sua distribuzione nella settimana, la retribuzione proposta e la flessibilità richiesta non sono un incentivo interessante per i più giovani. Lo scambio “impègnati oggi per avere qualcosa in cambio…domani” non funziona più come in passato. Per questo, “cercare personale” non è più sufficiente per attrarre candidati. L’alternativa è cercare giovani da assumere a cui offrire un progetto serio di formazione e di lavoro. Un progetto e una “maglia” in cui riconoscersi per sentirsi parte di una squadra forte e vincente.
Lidl è una grande azienda presente in 31 Paesi, in Europa, negli Stati Uniti e ad Hong Kong con oltre 360.000 collaboratori e 12.000 punti vendita. Un’opportunità per i giovani che l’AD Vendite Lidl Italia Hèlder Rocha ha voluto sottolineare raccontando ai ragazzi presenti il suo percorso che dal Portogallo lo ha portato in diversi Paesi Europei. Lidl guarda lontano. Era già successo a suo tempo con la sponsorizzazione della nazionale quando aveva anticipato le aziende italiane. Non tutte hanno gradito. Temo però che nessuna si fosse fatta avanti con altrettanta convinzione (e risorse). Arrivata a scadenza Lidl ha scelto di giocare le sue carte a livello europeo e quindi il posto sull’Italia si è liberato. Così si è fatta avanti Esselunga.
Anche con questo progetto formativo l’azienda tedesca fa uno scatto in avanti anticipando una concorrenza che sembra concentrarsi sempre e solo su ciò che mette sugli scaffali in termini di convenienza e qualità e molto meno su chi, quei prodotti, li espone e si interfaccia con i clienti. E spesso considera i giovani solo per il loro basso costo.
Nel 2022 Lidl ha avviato qualcosa di più di un test interessante con l’ITS Machina Lonati di Brescia. Un percorso per diventare Assistant Store Manager finalizzato all’assunzione di collaboratori a tempo indeterminato alternando formazione di tipo teorico a formazione pratica. La parte teorica in aula (1 settimana al mese) presso la sede dell’ITS Academy Machina Lonati dove gli studenti avranno la possibilità di focalizzarsi sulle materie di ambito economico, con approfondimenti sul management, logistica e retail. La parte pratica (3 settimane al mese) si svolgerà presso i punti vendita Lidl, dove potranno confrontarsi con l’operatività quotidiana degli store e scoprire tutte le dinamiche del core business aziendale. Leggi tutto “LIDL. E continuano a chiamarli discount…”